la Repubblica, 25 aprile 2024
Intervista a Rafa Nadal
MADRID – Un giorno ci ricorderemo di cosa disse Rafael Nadal Parera, il tennista che vinse quattordici volte il Roland Garros, «l’uomo che se anche lo vedi solo camminare all’interno del Bois de Boulogne devi sempre considerarlo il favorito» (Paolo Lorenzi dixit), che poi rivaleggiò ferocemente contro Roger Federer prima di diventarne il miglior amico dopo l’entrata in scena di Novak Djokovic, quando intravide il suo tramonto e gli andò incontro abbracciandolo, accettandolo e perfino cercando digestirlo. Alla vigilia del suo debutto (oggi contro un ragazzino del 2007, Darwin Blanch) a Madrid, nel Masters 1000 di casa sua, la sincerità del mancino di Manacor ha gelato le aspettative spagnole. E lo zio Toni, l’uomo che ha segnato la sua carriera, ha appena confessato che l’illustre nipote sta pensando già a una vita nuova, non lontano dallo sport, magari ripartendo dall’Academy che ha fondato («Il momento arriva per tutti, non ci stracceremo le vesti, non faremo drammi, anche se smettere dopo ventidue anni ti fa stare male»).
Rafa, può dirci come sta davvero?
«Fosse per me non giocherei, non sono al 100% e negli ultimi allenamenti non ho avuto sensazioni positive».
Ma come, proprio a Madrid?
«Proprio perché siamo a Madrid e io, per ragioni personali, voglio esserci, sono qui. È il mio posto speciale, l’affetto che ho ricevuto qui non l’ho avuto in quasi nessun’altra parte del mondo. È la mia ultima volta qui, credo proprio che sarà così».
Lo dice per scaramanzia, o cosa?
«Se mi fossi sforzato di più a Barcellona, non sarei qui adesso.
Giusto per dirlo. Così stanno le cose. L’obiettivo è finire vivo il torneo».
La Spagna non sarà felice. E neanche lei, se vogliamo guardare
al Roland Garros.
«Parigi? Se cominciasse oggi, non sarei presente. Non in queste condizioni. Farò tutto il possibile per esserci, claro.E se non sarò in condizioni competitive, rinuncerò, ma con la soddisfazione di averci provato e la gratitudine verso tutte le persone che mi aiutano ogni giorno».
Che cosa ha detto? Sta annunciando lo scenario più nero per il “suo” Slam.
«Non sarà la fine del mondo. Il mondo non finisce con il Roland Garros. Ho sempre accettato le cose. La vita non è tutta bianca, o nera. E, comunque, ci saranno le Olimpiadi. Nella mia mente ci sarà questo evento».
Ma quanto è dura accettare tutto questo?
«Onestamente? Vincere e perdere fa parte della nostra vita quotidiana. Ciò che mi ha reso felice per tutta la vita, più che vincere, è stato dare il massimo.
Raramente ho avuto la sensazione di tornare a casa senza aver fatto tutto il possibile perché le cose andassero bene».
E adesso?
«Ora il problema è che non posso.
Ma devo provarci, vedere se c’è una via d’uscita. Le persone, è normale, sperano che tutto si risolva e vanno avanti. Sono sempre stato positivo, ma arriva un momento. Quel momento».
Non lo dica.
«Credetemi, per me va tutto bene, non aspiro a nient’altro che andare in campo, divertirmi e avere la sensazione di poter giocare in luoghi dove ho ricevuto affetto ineguagliabile. Se ci riuscirò bene, altrimenti niente. Non devo dimostrarmi più niente, e va bene così. Sono una persona abbastanza tranquilla e deciderò quando sarà quel momento. Posso dire di essere stato molto amato».
Non resta che un applauso per l’addio.
«Ricordo una canzone che parla di tornare a casa senza aver cercato di rendere impossibile che le cose finissero. Ecco. Se non sbaglio c’erano un sacco di persone della mia età con gli stessi problemi».
C’è da chiederle come fa a sopportare tutto questo.
«Che dire, faccio le cose in modo da andare avanti. D’altronde nulla di definitivo mi è stato dato nel corso della mia vita».
Che, tradotto, cosa vuol dire?
«Che sono qui a darmi ancora una possibilità. Accetto la mia situazione, vivo con le sensazioni del mio corpo. Cerco di essere pronto anche se non lo sono. Sono qui, a casa, la situazione oggi è questa ma io continuo a lavorare, continuando a fare le cose che devo fare per darmi la possibilità di farmi trovare pronto, non si sa mai.
Dentro di me ci sono momenti e momenti».
Può specificare?
«Sono una persona competitiva ed è difficile giocare senza poter dare il massimo. Tennisticamente non sto male quando tocco la palla, ma non mi sento abbastanza libero, sciolto per giocare e competere come vorrei. Il servizio è migliorato rispetto alla settimana scorsa, ma altre cose no. Oggi non sono preparato a quello che il campo richiede».
E quindi?
«Non intendo perdere la speranza. Vorrei divertirmi il più possibile, le cose possono cambiare molto rapidamente e se non sono qui per provarci, la possibilità non esiste.
Quindi, non perdo la speranza, accetto la situazione e cerco di essere preparato nel caso in cui il cambiamento avvenga».
E se non dovesse avvenire? In fondo a giugno compie 38 anni.
«Vi ringrazio tutti per l’affetto».