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 2024  aprile 25 Giovedì calendario

L’ultima missione inglese di Mr. Matteotti

Ma che paradosso. Questo imponente palazzo georgiano ai numeri 4 e 6 di Charing Cross Road, di fronte alla National Portrait Gallery di Londra, un secolo fa era “La casa del Littorio”. Così gioisce il 27 novembre 1936 “L’Italia Nostra”, l’organo ufficiale dei fasci italiani nelle isole britanniche: «È stato firmato ieri il contratto di acquisto dellalease dell’edificio», si legge in prima pagina, «la nuova casa degli italiani, con un salone per i raduni, salottini da giuoco, un palco per l’orchestra, un salone dei bigliardi...». C’era pure una statua di Giulio Cesare, nell’atrio principale: «La Casa del Littorio a Londra, soddisfazione di un bisogno da tanti anni sentito, esiste! È nostra!».
«Ma poco prima l’annuncio di Mussolini della guerra e dell’alleanza con Hitler, scapparono tutti, da questo quartier generale del partito fascista», ci racconta Alfio Bernabei, giornalista romagnolo da oltre 50 anni a Londra, scrittore e storico, autore del premiato documentario di Channel 4 Dangerous Characters e ora curatore di questa
mostra gratuita su Giacomo Matteotti, Enduring Tempest, fino al 13 giugno alla biblioteca Charing Cross Library. Ovvero, proprio nel palazzo della fu “Casa del Littorio”. «Che coincidenza straordinaria, eh?», esclama orgoglioso. Anche perché, attingendo dai suoi profondi archivi, «non ho ricevuto fondi pubblici. Quindi ho fatto tutto io, con la stampante a casa».
Il risultato è artigianale, ma genuino e accurato. Enduring tempest – “Tempesta” era il soprannome di Matteotti per la sua vigorosa eloquenza – ha tre obiettivi: raccontare, attraverso documenti d’epoca e le ricerche di Bernabei, il semisconosciuto lato inglese di Matteotti,arrivato clandestinamente a Londra poche settimane prima il suo rapimento e omicidio della squadra fascista di Amerigo Durini, di cui ora ricorre il centenario; i motivi e le conseguenze della sua visita segreta oltremanica, «la sua ultima primavera a Londra»; e la campagna delle intrepidi donne britanniche della “Women’s International Matteotti Committee”, con a capo la femminista e comunista Sylvia Pankhurst, per liberare Velia Matteotti dalla reclusione casalinga cui l’avevano costretta i fascisti dopo aver barbaramente ucciso il marito Giacomo il 10 giugno 1924.
«The Matteotti case riguarda tutti», si legge nella loro rivista Humanity, nell’ottobre 1932. Ma Londra lo celebra con altri due eventi. Martedì scorso presso la London School of Economics, “The murder of Giacomo Matteotti” ha esplorato il significato storico e politico della vita e della tragica morte dell’allora segretario del Partito Socialista Unitario, con un panel di esperti e la possibilità, per la prima volta in assoluto, di visionare documenti rari ed inediti sul delitto Matteotti consegnati da Gaetano Salvemini e conservati presso l’archivio della Lse. Mentre oggi, 25 aprile, avrà luogo anche la Festa della Liberazione degli italiani di Londra (The Star of Kings, 126 York Way, London N1 0AX) che ricorderà l’eredità morale con la quale la figura di Matteotti ha ispirato il movimento antifascista internazionale, dalla sua morte alla Resistenza. E a concludere le attività del Comitato Matteotti Londra 2024, il 7 giugno si terrà la proiezione del film Il delitto Matteotti di Florestano Vancini alla University College London.
Il deputato socialista era sospettato dai fascisti di aver acquisito, secondo loro a Londra, documenti su uno scandalo di corruzione tra la compagnia petrolifera americana Sinclair e dirigenti fascisti. «Un accordo che aveva irritato Londra», nota Bernabei. Tanto che la polizia, dopo il ritrovamento del corpo di Matteotti a Riano oltre due mesi dopo, chiede a Velia di un presunto faldone di documenti che il marito avrebbe avuto con sé uscendo di casa il giorno del rapimento: «È una leggenda», si legge nella sua deposizione affissa su un pannello della mostra, «mio marito non aveva alcuna tendenza scandalistica». Come si legge nei documenti e ritagli storici esposti, contro l’avanzata fascista Matteotti aveva cercato aiuto dal simpatetico partito laburista, per la prima volta al potere con il premier Ramsay MacDonald dal gennaio 1924. Ma il contesto non aiuta: Mussolini e gli accolitidiffamano ogni giorno la “perfida Albione”, per le riparazioni della Prima guerra mondiale, per il pamphlet di Matteotti Un anno di dominazione fascista che rimbalza sui media inglesi, con ilNew Statesman che titola “The barbarity of fascism”, ma anche per il boicottaggio dei sindacati delle ferrovie di Cardiff contro la «prima nave italiana manovrata dai fascisti», la “Emanuele Accame”, nell’agosto del 1922. Episodio che scatena la furia del Duce, che aumenta la repressione interna, la propaganda a Soho e Clerkenwell nella “Little Italy” londinese e le minacce contro i sindacati britannici.
Ma Matteotti in Inghilterra si reca comunque, dal 22 al 26 aprile 1924, in gran segreto e con la complicità dell’Home Office, per risaldare i legami con laburisti e sindacati, nonostante lo Stato italiano gli neghi il rinnovo del passaporto. «A un certo punto», spiega Bernabei, «come si legge in queste minute del suo discorso al Labour», dove erano presenti MacDonald e molti ministri, «Matteotti chiede assistenza morale e materiale. Non è chiaro che cosa intenda con quest’ultima parola, ma ci sto lavorando». Dopo l’omicidio Matteotti, a Londra e in Inghilterra si moltiplicano iniziative, associazioni e raccolte fondi in favore dei familiari. Velia vive praticamente in una “prigione” perché il regime «minaccia i figli qualora decidesse di visitare la tomba del marito e la segue ovunque», come denuncia Pankhurst in un documento dell’epoca. Suffragette, femministe e attiviste socialiste, marxiste e comuniste si schierano con lei. Il regime in Italia ferma ed espelle ogni sospetto di avere legami con loro. Ma oramai il caso Matteotti è internazionale, «e oggi ricordarlo è un dovere per tutti coloro che vogliono difendere la libertà e la democrazia». Parole di Liliana Segre, che chiudono la mostra.
Va lì dal 22 al 26 aprile 1924 per stringere legami con laburisti e sindacati, nonostante l’Italia gli neghi il rinnovo del passaporto