la Repubblica, 24 aprile 2024
Intervista a Elio Germano
In Confidenza, film di Daniele Luchetti dal romanzo di Domenico Starnone (in sala da mercoledì 24 aprile con Vision) Elio Germano interpreta un professore che, durante una relazione con una ex studentessa, le confessa un segreto. Vivrà il resto della vita nella paura che venga rivelato. Incontriamo l’attore in un hotel con affaccio su Trinità dei Monti.
Germano, come sta?
“Ce la metto tutta per stare bene, malgrado i tempi che ci circondano. Lo stare bene è uno sforzo, una pratica che ormai bisogna fare: apri la finestra o il telegiornale e non trovi tanti motivi di serenità: però noi ci difendiamo”.
La cosa che le ha fatto dire sì a questo film.
“Il rapporto con Daniele, è il nostro quarto film. Mi interessa il suo modo di lavorare, la libertà che si prende, l’assenza di esigenza dimostrativa, il non puntare all’esteriorità, al risultato. Spesso il nostro è un lavoro orientato al business: il film deve “funzionare” e questo finisce per condizionare tutto. Invece Luchetti ama cercare, mettersi in crisi: questo è stimolante”.
Il vostro sodalizio è iniziato con “Mio fratello è figlio unico”.
“Sì, ci siamo incontrati con un normale provino, lui cercava questo fascista e c’è stata una frizione: andavamo in direzioni opposte, io giudicavo molto il personaggio, lo caratterizzavo, ho fatto un provino sbagliato. Ma lui ha visto comunque una possibilità. Quando ha trovato il protagonista tredicenne, Emanuele Propizio, ho pensato a come sarebbe potuto diventare, sono riuscito a mettermi nei panni di questo personaggio a cui sulla carta mi ribellavo. Questo film all’inizio aveva una esigenza commerciale forte, era ancorato alla presenza di Scamarcio. Ma Luchetti ha ribaltato la prospettiva, cambiato tutto, dal titolo – era Il Fasciocomunista – e il successo del film ha dato a Daniele una solidità diversa per affrontare La nostra vita, girato in sequenza, mischiando attori e non professionisti, con un linguaggio quasi documentaristico: entravamo nella vita vera, ci mescolavano con le cose che accadevano realmente tra i cantieri gli ospedali. E poi c’è stato Io sono tempesta”.
"La nostra vita” le è valso il Prix da miglior attore a Cannes.
“È stata l’ultima volta che sono andato alla Croisette. Ricordo tutto. Il livello di professionalità altissimo. I francesi parlano di cinema come noi di cucina e calcio. Della serata ricordo uno smercio di papillon e cravatte, che non solo gli artisti ma anche il pubblico è costretto a mettere per andare in sala. È stato emozionante. Il premio è stato inaspettato, ricordo solo che, quando sono sceso dal palco ero completamente zuppo, come mi avessero buttato dentro una vasca da bagno. Ho perso non so quanti bottoni, avevo la pancia di fuori: una bellissima decomposizione”.
Quando ha fatto il provino per il Fasciocomunista avrebbe immaginato un premier di Fratelli d’Italia?
“Abbiamo un grosso problema, perché adesso, se ci pensiamo è l’unica forza politica della vecchia Repubblica. Non era al tavolo della Costituente quando è stata scritta la Costituzione e, non a caso, adesso sta cercando di metterla in discussione. Dobbiamo fare tutti qualcosa, come italiani, perché è un problema reale. C’è stata una zona molto eversiva della destra anticostituzionale, poteri che hanno agito nel nostro paese in modo spesso poco trasparente contro la Costituzione, nelle società massoniche e nei vari tentativi di colpi di stato, sempre provenienti da quella parte politica a cui non andava bene la costituzione. Oggi i rappresentanti di quelle forze sono al governo e quindi anche all’interno dei nostri servizi segreti, di tutte le nostre strutture che dovrebbero tutelare la Repubblica e invece sono – almeno a livello titolare, poi spero che siano cambiati – ma le persone che fanno riferimento a coloro a quelle forze eversive rispetto al disegno di costituente della nostra Costituzione repubblicana”.
Il ruolo della sinistra?
“Destra e sinistra sono molto sfumate nel nostro Paese, c’è un grosso problema di identificazione. Abbiamo avuto un centrosinistra che si è occupato di sfaldare tutto lo stato sociale e privatizzare tutto quello che avevamo, dalla sanità pubblica alla scuola, al all’IRI con tutto quello che aveva in pancia. E proprio sotto la presidenza di Romano Prodi. Diciamo però che questo Governo non è la destra del liberismo contro socialismo, se vogliamo ridurre la divisione Stato contro libera impresa. È qualcosa che mi spaventa, essendo più radicato, almeno storicamente in quelle forze che abbiamo detto. Anche perché loro stessi, che ne sono rappresentanti, non fanno chiarezza su questo”.
Quali sono i suoi colleghi amici?
“Quando non lavoro non frequento attori o attrici, ma altri mondi, gli spazi sociali, ad esempio. Capita che con i colleghi ci incontriamo per le iniziative, ci siamo ritrovati per una lettura per il ricordo della strage delle Fosse Ardeatine con Jasmine Trinca, Nanni Moretti, Fabrizio Gifuni, Vinicio Capossela e Maurizio Landini, un gruppo eterogeneo stipato su un’Ape gigante, tante tappe a Roma. Bello. Ma in generale frequento un altro mondo”.
Ha fatto da tempo questa scelta.
“Più che una scelta dipende da come sei fatto. Ho iniziato a lavorare a 14 anni e da allora ci sono sempre stati gli amici da una parte, il teatro dall’altra. Nei centri sociali che frequento manco chiedi che mestiere fa l’altro, non ti interessa. Nel Nord Italia ci si presenta dicendo quel che fai nella vita. Ma noi non dobbiamo essere identificati con il nostro lavoro. Io non dico sono un attore, ma faccio l’attore per lavoro”.
Senza ossessione?
“Quella di non lavorare – il nostro è un mestiere precario, saltuario – l’ho avuta tantissimo, poi da un certo momento in poi mi sono rasserenato”.
Perché ha iniziato così presto a recitare?
“Noi molisani sparsi per l’Italia ci trovavamo tutte le estati nel nostro paese e mettevamo in scena le barzellette imparate durante l’anno. Noi ragazzini preparavamo uno spettacolo. A 14 anni questa cosa era finita, eravamo cresciuti e questo mi mancava. Anche perché ero un adolescente chiuso, introverso, problematico, ho avuto un periodo di sofferenza. La città è molto alienante quando cominci a guardarti da fuori. Da bambino, tutto il mondo sei tu. Poi quando cominci a pensare che gli altri ti guardano, ti identificano in qualcosa o qualcuno, ecco la crisi. Chi devo essere? A chi dovrei assomigliare? Io non mi trovavo in alcuni ambienti, sono sempre stato poco competitivo, non solo nello sport. A teatro indossi maschere, ti perdi nelle vite degli altri, sono abbattute le differenze di età di sesso di estrazione sociale. È un santuario in cui puoi permetterti di piangere. Una dimensione ricca che ti libera paura di provare le emozioni tipica dell’adolescenza”.
Il tema di ‘Confidenza’ è il rapporto tra paura e amore. Mai avuto segreto inconfessabile?
“L’inconfessabile deriva dall’ambiente circostante: fai cose per piacere o passione e ti vergogni a rivelarle perché ti crea un danno o tu pensi che possa farlo. È un meccanismo cerebrale che ingigantisce, crea questa paura ossessiva, spesso anche motivata perché viviamo in un’epoca storica in cui dici la cosa sbagliata al momento sbagliato e vieni licenziato dal lavoro o dalla coppia. Perché è una società prestazionale, in cui conta la rappresentazione di noi stessi. La protagonista è famosa, vincente, ricca, Non le interessa piacere, vive le sue emozioni. Però è sempre sola, al limite della depressione. Il suo comportamento non è funzionale, nel mondo che raccontiamo”.
Da anni lei parla della crisi del maschio alfa. Che c’è anche in questo film.
“È inevitabile. Abbiamo combattuto davvero la schiavitù quando gli schiavisti hanno cominciato a riconoscere che stavano trattando un altro essere umano da meno di loro. Al non dare alla sessualità una caratterizzazione di maggiore o minore valore, arriveremo solo quando gli uomini faranno questo lavoro su sé stessi. Questo film racconta di un maschio che confonde le sfere dell’amore con quella del possesso, del controllo. Cerca di ridurre il grande amore della vita a qualcosa da tenere sotto controllo. Quando lei non accetta di essere un gradino sotto e mostra una sua autonomia, quest’uomo entra in crisi. Non riesce a controllarla, non ne controlla i ritorni. Quindi ogni volta che lei torna è una potenziale minaccia”.
In questi anni è peggiorata la condizione di vita delle persone?
”Sicuramente dal punto di vista economico, nel senso che si continuano a fare leggi che tutelano i ricchi e favoriscono i ricchi. E poi c’è un problema di salute mentale. È un bel po’ che viviamo nella realtà virtuale e in mano alle intelligenze artificiali. Ci informiamo tramite i telefonini, viviamo e discutiamo attraverso quella realtà, che non viene dalla nostra esperienza diretta. Le cose che ci succedono nella vita reale le sublimiamo lì, magari reagiamo cambiando la foto di profilo. Quando mi chiedono perché tu non hai social mi viene da rispondere: perché tu li hai? Questo comporta vivere in un mondo irreale, oggi persino i Capi di Stato parlano sui social e questo è molto inquietante. Non ci sono più neanche le informazioni ufficiali: adesso nelle guerre e Netanyahu dice la sua su X, Piantedosi dice la sua su X. Non c’è neanche un canale ufficiale concreto, nazionale o internazionale e quindi rischia tutto di essere portato in una zona in cui sfuggono i confini tra reale e irreale”.
Con l’Artisti 7607 avete portato Netflix in tribunale.
“Scherzando dico che in tribunale avevano solo la Rai, i televisori vecchi, gli abbiamo portato le piatteforme. Ma lo abbiamo fatto per fare rispettare leggi che esistono. Abbiamo tanti tavoli aperti di trattativa con Rai, Mediaset, la Sette. In Rai ci riconoscono sempre la stessa cifra da dieci anni senza considerare l’inflazione, il fatto che da tre canali poi quelli digitali e l’on demand ha moltiplicato l’offerta. Il nostro tentativo è quello di sostituirci a chi dovrebbe far rispettare le leggi nel nostro Paese. Sono leggi che esistono, ma non avendo noi una grossa rappresentanza sindacale quant’altro dobbiamo tutelarci da soli anche perché è una categoria molto sfilacciata, c’è poca consapevolezza di categoria e su alcune cose ci mangiano in testa da sempre. Per l’equo compenso che chiediamo a Netflix abbiamo le quote tra le più basse d’Europa”.