il Fatto Quotidiano, 22 aprile 2024
C’erano una volta i tabaccai: viaggio in un settore in crisi
C’erano una volta i tabaccai, redditizie attività da molti invidiate poiché considerate imprese dai guadagni assicurati. Percentuali su sigarette e lotterie, e poi le vendite di riviste, libri, caramelle, anche giocattoli. Oggi questa certezza sembra scricchiolare e cresce un certo malcontento quantomeno in una parte rilevante della categoria, che si sente vessata da una serie di condizioni capestro imposte dallo Stato a beneficio delle concessionarie di giochi e servizi: stringenti obiettivi di vendita di “Gratta e Vinci”, servizi facoltativi (a pagamento) che diventano obbligatori, costi di distribuzione che crescono, margini di guadagno che si assottigliano. Sui siti di annunci si moltiplicano le vendite di licenze, un tempo ritenute una rendita irrinunciabile.
Sullo sfondo una strana situazione che coinvolge la rappresentanza della categoria: la principale associazione, la Federazione italiana tabaccai (Fit), intrattiene rapporti societari proprio con le concessionarie di giochi e servizi, come Lotterie Italiane Srl, che gestisce i giochi, e Logista, che si occupa di distribuzione. Sono alcune delle società che si avvantaggiano di quelle severe condizioni imposte dall’Agenzia delle dogane e dei monopoli (Adm) e, in generale, dallo Stato. Condizioni alle quali le associazioni di categoria dovrebbero opporsi.
Tra i tabaccai sorge allora un dubbio: come può la Fit tutelare le ragioni della categoria se ha interessi nelle aziende concessionarie, cioè la controparte? La legge non lo vieta ma il potenziale conflitto di interessi è evidente, anche se la Fit ha un’altra spiegazione: quelle partecipazioni nelle concessionarie, dice, servono a “presidiarle, monitorarle e orientarle verso obiettivi di soddisfazione della categoria”.
Sarà certo così, eppure da qualche tempo stanno crescendo le lamentele dei tabaccai, che tra l’altro pretendono aggi più ricchi sulle vendite. Il gruppo Igt, che gestisce Dieci e Lotto, Gratta e Vinci e Lotteria Italia, impone alle tabaccherie – in base al contratto di concessione – un numero minimo di tagliandi da vendere. In caso contrario, il rischio è vedere concessi i tagliandi ad altri esercizi. La clausola crea un cortocircuito: il decreto Balduzzi del 2012 ha fortemente limitato la pubblicità dei giochi per combattere la ludopatia. Lo Stato, con l’altra mano, spinge i tabaccai a promuoverli per centrare gli obiettivi di vendita. A ringraziare è la concessionaria Igt, che è proprietaria di Lotterie Italiane Srl, che a sua volta contempla tra i soci Arianna 2001, azienda di servizi della Fit. E ancora: oltre ai target di vendita, un certo fastidio viene creato anche da una serie di contratti accessori, sulla carta facoltativi ma che in realtà rischiano di portare al recesso unilaterale degli accordi da parte del concessionario. Il costo di questi contratti varia dai 160 ai 180 euro al mese: prevedono, ad esempio, l’esclusiva sulla vendita di Gratta e Vinci nel raggio di 150 metri. Accordi che sono avvertiti come piccoli e inutili balzelli, ai quali spesso è difficile opporsi.
C’è poi la questione dello smaltimento delle sigarette elettroniche: la legge impone il ritiro dell’usato ai tabaccai quando ne vendono una nuova, il cosiddetto “uno contro uno”. Il ministero dell’Ambiente ha sottoscritto un accordo con la Fit e con Logista, concessionario della distribuzione, per permettere a Logista di occuparsi dello smaltimento, tramite un contratto oneroso con i singoli tabaccai. Nel consiglio di amministrazione di Logista siede Mario Antonelli, presidente Fit. Su questo tema, l’Unione italiana tabaccai (Uit) – un altro sindacato di categoria – ha scritto al governo chiedendo che le sigarette elettroniche siano smaltite dai Comuni come le pile, evitando costi per gli esercenti. La Uit ha incontrato nelle scorse settimane il presidente della commissione Finanze della Camera, Marco Osnato (Fratelli d’Italia), segnalando questa e altre criticità: Osnato ha promesso di avviare un’indagine conoscitiva a maggio.
Parte del settore si sente insomma schiacciato da condizioni percepite come insostenibili, specie nei piccoli centri di provincia. L’anomalia deriva dal fatto che la principale associazione di categoria ha partecipazioni nelle concessionarie. La Fit, come detto, esclude un conflitto di interessi: “Vogliamo garantire ai tabaccai la possibilità di lavorare alle migliori condizioni di mercato – spiega al Fatto la Federazione – per questo instauriamo rapporti diretti con gli stakeholder che ci vedono come interlocutori qualificati. Una legittimazione dovuta al fatto che siamo l’associazione di categoria maggiormente rappresentativa. Ogni anno l’80% dei tabaccai italiani si associa volontariamente, senza automatismo nel rinnovo. In alcuni casi, attraverso società che operano nell’orbita di Fit, intratteniamo rapporti anche commerciali coi nostri interlocutori, nella massima trasparenza e con l’unico obiettivo di assicurare alla categoria il massimo vantaggio e il massimo profitto”.
Quanto agli obiettivi di vendita, Fit dice che sono “previsti nello schema di contratto richiesto dai Monopoli e pubblicato negli atti di gara”, quindi “non derogabili”, ma “il mancato raggiungimento non prevede recesso automatico”. Sui contratti accessori, Fit spiega che “non c’è alcun obbligo” e che “il contratto per la sola vendita dei Gratta e Vinci non prevede alcun canone”. “A nostro giudizio – conclude – le condotte sono ritenute eccessive quando le proposte commerciali dei concessionari vengono veicolate con metodi non conformi. Quando è successo ci siamo subito attivati in difesa dei tabaccai interessati”.