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 2024  aprile 19 Venerdì calendario

Duse, La Divina moriva cent’anni fa

Parole e gesti radicalmente essenziali, viso struccato e sguardo fiammeggiante. Una star senza retorici effetti speciali, interprete di personaggi sibillini e mutevoli come il tempo che le era toccato inaugurare. Sono passati cent’anni dalla morte di Eleonora Duse (1858-1924), la Divina, la prima attrice veramente moderna.
Duse era andata in scena l’ultima volta il 5 aprile del 1924: colpita da una polmonite, morì negli Stati Uniti il 21 di quello stesso mese e anno, dopo l’ennesima tournée trionfale. L’Italia le dedicò solenni funerali di Stato, grazie all’interessamento di Gabriele D’Annunzio che con lei aveva incarnato una delle love story più “scandalose” dell’epoca. Una coppia per anni sulla bocca del jet-set globale: altro che gli ex Ferragnez. E pazienza se, pubblicando Il Fuoco, il Vate avesse spiattellato urbi et orbi i dettagli del loro rapporto ardente. E che dire di quella volta che – nel 1904 – invece di rimandare la prima de La figlia di Iorio, come lei ammalatasi, Duse lo aveva supplicato di fare…? Il nostro la sostituì in extremis assegnando il suo ruolo da protagonista a un’altra, Irma Gramatica. Ma che galante, l’eroe di Fiume.
La “Divina” Eleonora era nata a Vigevano, in provincia di Pavia, nell’ottobre del 1858. Il successo vero e proprio, da primadonna, inizia dopo il 1880, quando prende a coagularsi intorno alla sua figura un demi-monde di intellettuali e aristocratici assortiti. Dal conte Primoli a Matilde Serao, la sua migliore amica, passando per quel Martino Cafiero, giornalista, con cui avrà un bambino vissuto solo poche settimane. La figlia Enrichetta arriva, a stretto giro, dal matrimonio col collega Tebaldo Checchi: durerà tre anni, il tran-tran coniugale non fa per lei.
Non molto dopo, siamo negli anni Novanta dell’Ottocento, la sua popolarità è ormai universale. Duse è diventata l’attrice più influente in circolazione. Dai testi di Dumas figlio a Ibsen, e nel mezzo un repertorio dannunziano che adotta per ragioni sentimentali, pur rivelandosi sovente un mezzo fiasco sia di critica che di pubblico. E non per demeriti suoi, ma per la drammaturgia deficitaria dell’umile “parlamentare della bellezza”. Nel 1897, tuttavia, Eleonora mette a segno una performance memorabile con cui conquista Parigi nello stesso teatro della smorfiosa e ampollosa Sarah Bernhardt, sua acerrima nemica per fan e stampa. Agli antipodi, le due, ma è stata la recitazione dusiana a ipotecare il futuro.
Nel 1909 annuncia il ritiro: aveva compiuto, da poco, 50 anni. Finalmente riesce a coltivare le sue muse artistiche e culturali e nonostante una ridda di progetti girerà un solo film, Cenere (1916), dal romanzo di Grazia Deledda. Il 1921 è l’anno del suo atteso ritorno in teatro, con La donna del mare di Ibsen con cui si era congedata dodici anni prima. Tre anni più tardi la Divina esce di scena – questa volta sul serio – dal palcoscenico della vita: ha 66 anni e nemmeno un rimpianto, visto che ha disseminato emozioni e passioni.
Il poeta-soldato pescarese non è stato affatto l’unica voluttà di “Ghisola”, come la chiamava lui nella pseudo-intimità, anche se fu la relazione più importante (“Gli perdono di avermi sfruttata, rovinata, umiliata. Gli perdono tutto, perché ho amato” rivendicherà lei). Per un altro decennio, dal 1887 in avanti, ha amato quasi in segreto Arrigo Boito, il librettista di Giuseppe Verdi, così distante apparentemente da lei. Incontri occasionali e semi-clandestini, riempiti da un continuum epistolare che non si sarebbe mai interrotto. E poi un tourbillon di liaison più fluide che spingono oggi ad affermare che sia stata una paladina, ante litteram, della sensibilità queer.
A dar conto di questi misconosciuti retroscena è un romanzo storico di Patrizia Tamà appena uscito per Rizzoli, Divina. I due cuori di Eleonora Duse. Del primo vi abbiamo riferito; il secondo avrebbe invece battuto per una giovanissima poetessa che declamava Saffo a memoria, Cordula Poletti, “la fanciulla maschia”. Roba da torrido ménage: il problema è che pure Sibilla Aleramo intratteneva una storia con Cordula, e si sentiva turlupinata. Pare inoltre che la Duse simpatizzasse parecchio per la grande danzatrice Isadora Duncan, e fosse andata un po’ oltre con la letterata Laura Orvieto e la pianista Giulietta Gordigiani, a sua volta concupita dal solito D’Annunzio. Un tipo che non nutriva certo puritanesimi o gelosie. “Il fatto è che mentre tutti diffidano delle donne, io me la intendo benissimo con loro”: non lo disse quest’ultimo, ma proprio la Divina Duse.