Corriere della Sera, 16 aprile 2024
Il risotto di Gadda
Giusto e coerente che la Lega abbia festeggiato i suoi quarant’anni con una risottata in Piazza del Podestà a Varese. Ma la domanda è: chissà se l’ingegner Carlo Emilio Gadda, milanese doc classe 1893, ne sarebbe rimasto soddisfatto. Allo scrittore dell’Adalgisa si deve infatti una famosa ricetta del risotto «patrio» di cui potrebbe magari, se fosse finora sfuggita, fare tesoro la Lega in vista del cinquantenario. La ricetta gaddiana apparve nel 1959 su Il Gatto selvatico, la rivista dell’Eni di Mattei. Era il sublime esercizio di stile di un gran mangiatore. Con prescrizioni tecniche irrinunciabili: casseruola rotonda di rame stagnato; riso di tipo Vialone, dal chicco grosso e tozzo, non interamente «spogliato del pericarpo». L’ingegnere invitava a non sorvolare su nulla: non sulla provenienza del burro (meglio se lodigiano: «alla margarina dico no!»), non sul soffritto «butirroso-cipollino», non sulla «sobria untuosità» conferita dalle midolla (meglio se di bue), non sull’«aurato battesimo dello zafferano» (meglio se preso da Carlo Erba), evitando la «bagna che risulti schifezza» tale da compromettere «il profondo, il vitale, nobile significato del risotto alla milanese». Profondo, vitale, nobile significato anche degli aggettivi.