La Stampa, 17 aprile 2024
Intervista a Mario Maccione
«Io non mi sono mai sentito un mostro. Sono entrato nella parte del mostro. Che è una parte dura, difficile. Mi sono messo una maschera. Ma quando tutti ti considerano un mostro, devi essere cosciente di avere addosso quella maschera, perché solo così un giorno te la potrei togliere. E potrai diventare un’altra persona».
Quando si siede di fronte a Luca Casadei ha gli occhiali da sole e un cappello in testa. Ma poi se li toglie, perché dice che «non servono se vuoi aprire l’anima». Devi farti guardare negli occhi. Mario Maccione ha una storia terribile da raccontare. Quella delle Bestie di Satana, una setta di otto ragazzi che ha sconvolto la provincia di Varese tra gli anni 90 e i primi anni del Duemila. Un viaggio nel cuore del male.
Omicidi, istigazioni al suicidio, droghe, riti occulti. Lui era Ferocity, il medium del gruppo, condannato a 19 anni di carcere e uscito dopo 14 per buona condotta. Adesso è un altro uomo. E prova a spiegarlo al podcast One More Time di Luca Casadei.
Per farlo bisogna partire dall’inizio, dalla sua famiglia di grandi lavoratori, papà idraulico, «che usciva al mattino e rientrava a casa esausto alle 9 di sera», mamma estetista e poi chef, la Milano degli Anni Ottanta, i dané da inseguire e tutti che correvano come i folli di questo pazzo, pazzo, pazzo mondo.
Chi comanda in casa è la mamma – molto affetto e poche sberle – che è credente e lo manda all’asilo dalle suore. Lui fa una marachella e una suora per punizione «mi ha preso davanti a tutti, mi ha abbassato i pantaloni e mi ha sculacciato. Io l’ho vissuto un po’ come un trauma. E crescendo ho provato avversione per tutto quello che rappresentava la Chiesa».
Finite le medie, lo mandano dai salesiani. Ma lui è diventato uno spirito ribelle. Ama la musica metal e si presenta dai preti anche con il crocifisso all’incontrario in gesto di sfida. In opposizione a quel mondo, si interessa di esoterismo e si appassiona alle sedute spiritiche, prima ancora che le letture di Lovecraft lo avvicinino all’horror.
«Dopo sono arrivato ad Allan Kardec, l’inventore della tavola Ouija. Mi sentivo come un esploratore la cui missione era quella di distruggere la credenza cristiana».
Nel garage del condominio fa le prime sedute spiritiche, poi incontra i suoi nuovi compagni. Uno di loro prendeva droghe pesanti: acido, cocaina. «Per sentirmi grande volevo usare anch’io queste droghe. Li ho tirati in mezzo al mondo degli spiriti e facevamo le sedute sotto gli effetti degli allucinogeni. Un giorno uno mi dice: ciao, io faccio riti satanici».
Allora decidono di cambiare: faranno sedute spiritiche, condite con acidi e mescalina, evocando i demoni. Usano un calice di bronzo e ci pestano dentro di tutto, dall’Lsd alla cocaina, con alcol puro a 96 gradi. Un giorno vanno a fare croci rovesciate su una chiesetta, perché glielo aveva detto un demone, e quando hanno finito lui ha detto: «Bene. Il nostro gruppo si chiamerà Bestie di Satana. E dovremo superare prove di coraggio».
Mario Maccione ha 16 anni. E sta per cominciare la fase più folle e crudele della sua vita. È il racconto di una infelicità, la vedi nel volto di chi parla e la senti nelle cose che dice, in quel tragitto che non prende mai fiato, e che non scappa mai dal suo perimetro. È difficile spiegare dove comincia l’infelicità, se è dentro a un destino, o dentro a noi stessi.
Forse ha semplicemente ragione Bertrand Russell: «Una buona vita come io la concepisco è una vita felice. Io non voglio dire che se sei buono sarai felice. Voglio dire che se sei felice sarai buono».
Le Bestie di Satana non erano né l’uno né l’altro. Con le prove di coraggio c’era il rischio anche di ammazzarsi. Bisognava gettarsi da una macchina in corsa, lanciarsi sui binari mentre arrivava un treno a grande velocità.
«Io ho sempre avuto fortuna e per colpa di questa fortuna si rafforzava in me l’idea di essere quasi immortale». Epicuro diceva che i cattivi più hanno fortuna più si rovinano. E non riguarda solo i cattivi. Bisogna stare attenti alla troppa fortuna.
Nel loro gruppo adesso ci sono le donne, «e tutto comincia a girare attorno a loro, si è arrivati anche a uccidere per quello».
Fabio Tollis, uno dei ragazzi, ci prova con Chiara Marino, che è la ragazza di un altro. «E tutti quelli del gruppo l’hanno presa malissimo: dovevano pagare entrambi. Gli dicono, spacciandola per una prova di coraggio, di entrare in una macchina nel cui serbatoio della benzina qualcuno aveva messo dei petardi: “Quando inizia a bruciare voi dovete rimanere dentro il più possibile”. Così fanno Fabio e Chiara, riuscendo però a venir fuori appena in tempo. Qualcuno si è risentito ancora di più perché avevano superato una prova del genere. Bisognava fargliene fare un’altra più difficile».
In quella arcidiocesi, non è Dio che gestisce il Bingo. E così 17 giorni dopo gli fecero affrontare quella in cui sono stati uccisi.
Hannah Arendt diceva che il male non è mai radicale, ma soltanto estremo, non ha profondità e neppure una dimensione demoniaca. Quando il pensiero lo cerca per capire le sue radici non trova niente, solo il vuoto, che si espande sulla superficie come un fungo. Perché questa è la sua banalità. —