il Fatto Quotidiano, 17 aprile 2024
Aforismi di Dalì
Perché una cosa è certa: io odio, in tutte le sue forme, la semplicità.
Te ne ricordi? Ma eri veramente tu, la mia amica? O si tratta ancora dello stesso inquietante asino putrefatto dalla testa di usignolo? Dopo quel crepuscolo gli usignoli mi fanno sempre paura.
L’uomo ha diritto all’enigma e ai simulacri che sono fondati sulle grandi costanti essenziali: l’istinto sessuale, la coscienza della morte, la malinconia fisica dovuta al “tempospazio”.
La tolleranza o la correttezza portano al disfacimento e a una penosa confusione di tutti i valori, alle atmosfere spirituali più irrespirabili, alla più perniciosa delle influenze. L’ostilità violenta, al contrario, situa in modo netto i valori e le posizioni, producendo una disposizione di igiene mentale.
Orribile arte decorativa! Oggetti decorati, inutilizzabili, rintanati in risibili vetrine, nidi di polvere dove si esibiscono lamentevoli orrori, frutto di mestieri scomparsi.
Mondo antiartistico degli annunci pubblicitari! Magnifico invito ai sensi e alla navigazione degli oggetti sconosciuti, gomma grigia dei pneumatici, cristallo limpido dei parabrezza, tinte soavi delle conturbanti sigarette dal filtro color di labbra, custodia da golf, marmellate di tutti i colori, scatole di tè dall’aspetto attraente.
La bellezza non è che la somma di coscienza delle nostre perversioni.
Assassinio dell’arte, che bell’elogio! I surrealisti sono persone che onestamente si consacrano a questo.
Dove passa la rivoluzione culturale deve crescere il fantastico.
La normalità delle persone che riempiono le strade, le loro azioni pratiche, è dolorosamente tradita dall’automatismo. Tutti si curvano dolorosamente e si agitano secondo dei sistemi che considerano normali e logici; ma nonostante tutto questo movimento, tutti questi gesti, essi ubbidiscono inconsciamente al mondo dell’irrazionalità e delle convenzioni, alle immagini intraviste e perdute dei sogni. È per questo che quando trovano delle immagini simili a quelle, credono che sia l’amore e dicono che solo a guardarle credono di sognare.
Poiché noi surrealisti, ve ne potete convincere osservandoci con leggera attenzione, non siamo esattamente degli artisti, e non siamo nemmeno dei veri uomini di scienza; siamo del caviale, e il caviale, credetemi, è la stravaganza e l’intelligenza del gusto.
Come indica il mio stesso nome di Salvador, io voglio salvare la pittura moderna dalla pigrizia e dal caos.
Guardare è inventare.
Cinema muto, sordo, cieco aggiungerei, poiché il miglior cinema è quello che si può vedere con gli occhi chiusi.
Rapporti stretti col sogno: fantasticherie, fantasie diurne.
Restano ancora i grandi sistemi, gli stati più generali che già sono stati studiati: l’allucinazione, il potere dell’allucinazione volontaria, il pre-sogno, l’illuminazione, il sogno diurno (poiché noi sogniamo ininterrottamente), l’alienazione mentale e molti altri stati che non hanno meno senso e importanza dello stato cosiddetto normale di quel putridume enormemente normale che sta bevendo un caffè.
In quest’epoca della conoscenza, dei pezzi di pane saranno schiacciati dalle suole metalliche degli uomini, quindi insudiciati e schizzati d’inchiostro.
L’oggetto surrealista è incrollabilmente deciso a non subire. L’oggetto surrealista rivendica e saprà imporre la sua egemonia paranoico-critica. L’oggetto surrealista è impraticabile, non serve ad altro che a far camminare l’uomo, a estenuarlo, a cretinizzarlo.
I musei si riempiranno presto di oggetti, così inutili, così grandi e così ingombranti che si dovranno costruire, nei deserti, delle torri speciali per contenerli.
La surrealtà è contenuta nella realtà e viceversa.
© Éditions Denoël, 1971/ Il Saggiatore, 2024