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 2024  aprile 16 Martedì calendario

Pomicino: "La politica non è gratis Ha bisogno di finanziamenti statali"

Parla volentieri del finanziamento dei partiti Paolo Cirino Pomicino, e non potrebbe essere altrimenti. L’ex ministro del Bilancio di Giulio Andreotti è tra i tanti travolti dall’onda di Tangentopoli, condannato al processo Enimont dopo avere ammesso di avere preso soldi, riabilitato nel 2011. Il suo ragionamento nasce proprio da qui: «Quel denaro era un contributo alla mia corrente politica – precisa – io non ho nemmeno una casa di proprietà alla mia veneranda età. La politica e la democrazia hanno un costo. Chi dice il contrario mente. Come dice la vecchia cultura cattolica: non si dicono messe senza soldi».
La politica ha un costo, ma lo scorso dicembre abbiamo celebrato i dieci anni dall’abolizione del finanziamento ai partiti. Bisogna tornare indietro?
«Una politica povera è largamente condizionabile dalle forze economiche, che non si lasciano mai votare naturalmente. È un limite alla democrazia. Il costo può essere coperto in parte con l’intervento pubblico – con i contributi ai gruppi parlamentari – ma il dramma vero che questo paese non risolve da 40 anni è che se un privato, un’azienda dà un contributo si ritiene subito che sia la premessa per un fatto corruttivo. L’esatto contrario di ciò che avviene nei paesi protestanti. È una responsabilità antica sia della Dc che del Pci, che immaginavano che il denaro fosse “lo sterco del diavolo” e non spiegavano alla società dell’epoca il costo ineludibile dei partiti di massa».
Però prendiamo il caso Enimont: allora il finanziamento pubblico ai partiti c’era, ma i soldi pubblici non hanno impedito l’illegalità…
«Innanzitutto l’illegalità era la mancata dichiarazione alle Camere dei contributi ricevuti e niente altro. All’epoca vigeva il pregiudizio di cui abbiamo parlato e chi dava un contributo non voleva si sapesse. Inoltre il finanziamento pubblico era oggettivamente modesto. Se pensate a quanti dipendenti aveva il Pci! Ma il punto è che il finanziamento dei privati dovrebbe essere legale, purché sia alla luce del sole e abbia un tetto non “salottiero” ma ragionevole. E le società pubbliche se danno contributi devono darli a tutti. Ma secondo me è meglio che non li diano. Così risolviamo il problema».
Ma, scusi: chi dà i soldi non si aspetta un tornaconto?
«Questa domanda conferma il pregiudizio. Ma perché non si capisce che qualcuno può voler sostenere un partito o un uomo politico senza niente in cambio? Ci rendiamo conto che il paese sta andando in default perché la politica non c’è più? Chiaramente i soldi devono servire alla politica e non ad aumentare un patrimonio personale. Ma per controllare basta seguire il tenore di vita delle persone. La democrazia americana autorizza la raccolta pubblica dei soldi necessari alle elezioni presidenziali e nessuno criminalizza chi sostiene la politica. Io, come tanti altri, non mi sono mai fatto condizionare da chi mi dava un contributo come hanno dimostrato le mie 40 assoluzioni».
Con il sistema che propone non avremmo le inchieste di questi giorni sulla compravendita di voti?
«Certamente. Siamo arrivati al punto che il voto costa solo 50 euro, si è svalutato pure il voto… Io nel passato non ho mai visto qualcuno che comprasse i voti. Io prendevo 180mila voti, che facevo: compravo 100mila voti? Vogliono la politica povera per condizionarla. La politica è una passione che difficilmente passa quando c’è. Oggi scarseggia e i risultati sono sotto gli occhi di tutti».