Corriere della Sera, 15 aprile 2024
L’arte del «Picasso del Nord» e la maxi frode da 10 mila falsi
La polizia canadese, dopo un’indagine durata quasi vent’anni, ha smascherato «la più grande frode artistica mai avvenuta nel mondo». L’i nnocente protagonista è il pittore Norval Morrisseau, membro della Prima nazione Ojibway Bingwi Neyaashi Anishinaabek, oltre a diversi collezionisti e qualche museo, compreso il prestigioso Smithsonian. Il numero totale di falsi potrebbe superare i 10.000, per un valore di decine di milioni di dollari statunitensi.
Marc Chagall lo chiamava «il Picasso del Nord». Come il collega spagnolo, nel corso della sua carriera Morrisseau ha creato migliaia di opere d’arte : dipinti, disegni, statue, capi di abbigliamento, mobili. Una produzione monumentale e molto apprezzata dai galleristi, che in quelle linee nere audaci, riempite di colori brillanti, che prendevano le forme di orsi, uccelli e animali mitologici, videro una forza dirompente e innovativa rispetto al mainstream artistico dell’epoca. Ancor più dopo che Morrisseau iniziò a mescolare i simboli del suo popolo all’iconografia cattolica che era stato costretto ad assorbire da bambino, quando fu strappato alla famiglia e obbligato a frequentare una Scuola residenziale a centinaia di chilometri di distanza. Le suore lo colpivano con cinghie di cuoio, i preti lo violentarono. In quell’inferno, il disegno diventò una tregua.
Morrisseau era un artista prolifico, che non teneva traccia delle sue opere ed era noto anche per scambiare dipinti con prodotti di base, come latte e uova. Ciò ha reso il suo catalogo un facile bersaglio per frodi e falsificazioni, come peraltro è successo a tanti altri artisti da Van Gogh a Picasso. Le sue opere si sono moltiplicate a dismisura. Troppe, per essere tutte frutto del suo talento (e del suo vizio per le droghe). Lui stesso si accorse della frode qualche anno prima di morire nel 2007, a 75 anni. Era affetto dal morbo di Parkinson, non riuscì a fornire le prove e la polizia non gli credette. Soltanto in seguito, un pool di agenti guidato da un ex detective della squadra omicidi di Thunder Bay ha avviato un’indagine a tappeto. Finora ha sequestrato più di mille falsi, ma si stima che ce ne siano in circolazione diverse altre migliaia. Intanto, aumentano le pressioni sul governo di Justin Trudeau affinché introduca leggi a tutela delle opere degli artisti indigeni, che finiscono alle pareti dei musei ma anche su T-shirt, borse e tazze, senza alcun copyright.
Solo una delle otto persone accusate della più grande frode artistica di tutti i tempi è stata finora condannata, lo scorso dicembre: Gary Lamont, accusato anche di violenza sessuale su alcune adolescenti, dovrà scontare cinque anni di carcere per aver prodotto e distribuito numerose opere «fake» con la firma di Morrisseau a partire dal 2002. Tra gli imputati in attesa di giudizio figurano anche alcuni familiari dell’artista. Nel frattempo, un decennio dopo l’Andy Warhol Art Authentication Board, è nata la Norval Morrisseau Heritage Society per creare un catalogo definitivo della sua opera. Morrisseau, c apofila della Woodland School, lavorò con materiali diversi – dalla vernice al sangue – e su una varietà di superfici: corteccia di betulla, porte del frigorifero, scatole di pizza. Iniziò a vendere i suoi disegni all’emporio di Red Lake, una piccola comunità dell’Ontario, dove, a fine anni ‘50, attirò l’attenzione di una coppia di ricchi collezionisti. Oggi, le sue opere sono esposte nei principali musei del Canada.