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 2024  aprile 15 Lunedì calendario

Cuffaro, lo chef della friggitoria in salsa politica


Basta la parola, come il confetto di Carosello. Senza fare nulla, ma solo “annacandosi” tra Roma e Palermo Cuffaro, proprio perché è stato completamente riabilitato e potrebbe pure candidarsi, ha sconvolto la Lega, ha diviso Forza Italia e, non appena ha detto «sono venuto a Roma per incontrare Renzi», quello si è arrabbiato: «È una fake news». Ma “Totò vasa vasa”, ha confermato l’incontro: «Abbiamo fatto un buon lavoro». E proprio perché ha espiato, in galera, la sua pena, si è compiaciuto d’essere lo spettro che si aggira per l’Italia: «Io sposo il progetto di Renzi» che, però, si è alleato con “Più Europa” di Emma Bonino, la quale non è certo sospettabile di nulla. Eppure Pizzarotti appena ha sentito il nome di Cuffaro se n’è scappato con Calenda, che nella cuffareide si è preso il ruolo di Javert: «Possibile che Cuffaro possa dichiarare impunemente di controllare 140.000 voti?». Cuffaro l’ha corretto: 140 mila? «Ho detto 250mila».
Dunque il redento (nella Sicilia irredimibile di Sciascia) si esibisce nel codice del potere in modo più spavaldo di prima: “Sgruscio di carrettu” è la sbruffoneria, protetta dal garantismo che imporrebbe di non trattare Cuffaro come il perpetuo condannato alla gogna e al silenzio. E infatti Cuffaro, che ha pure una figlia magistrato al Tribunale di Vibo Valentia, offre i suoi voti solo a chi lo accetta a viso aperto «esponendo il nostro simbolo di Nuova Dc». Ma “il santo è di marmo e non suda” e persino Durigon, il leghista che rivendicò il nome di “Mussolini” ha fatto gli scongiuri pubblici al nome di Cuffaro. E forse perché tutto gli è stato perdonato, ma non la goffaggine, che non è codice di mafia, ma semmai di mezza mafia.
C’è il famoso video in cui cita e ricita Martin Luther King «che disse “I am a drink”, io ho un sogno». E chissà se anche la mafia si sente più favoreggiata o più compromessa dal “drink” di Cuffaro, che è quello di non essere più la segreta tentazione di gola di tutti, anche di Tajani e di Lupi: «Vorrei e non vorrei, mi trema un poco il core». Cuffaro vuole essere mangiato senza più vergogna nella friggitoria politica, proprio come l’ambiguo cannolo che ottunde i sensi, e con cui festeggiava l’eccesso dei con-sensi. Non c’è garantismo che possa assolverlo per aver ridotto i cannoli a simbolo della politica collusa: la ricotta come impasto del potere, lo scorzone fritto che, proprio come la beffa mafiosa, è la forza che toglie la forza, “i cosa duci” come oltraggio allo Stato di diritto. «Leave the gun, take cannoli», ordina il Padrino al killer.
Persino Camilleri, che ha disinfettato tutte le sicilianerie, usa il cannolo per “corrompere” medici legali e belle signore che si calano asciaurarlo e poi principiano a sbafarselo talianno dalla finestra il paesaggio di Palermo, che ha un sindaco eletto con i voti di Cuffaro, e che ha inventato e esportato anche la mafia antimafia, il vizio che milita nella virtù (e il primo fu proprio Cuffaro con «la mafia fa schifo»).