la Repubblica, 15 aprile 2024
Coppie senza figli
E se fosse il desiderio a mancare? Difficile confessarlo mentre i dati raccontano una catastrofe demografica prossima ventura. Eppure, forse, per capire come mai nel 2023 sono nati nel nostro ormai vecchissimo Paese soltanto 379 mila bebè, nemmeno gli abitanti di un quadrante di Roma, bisogna allargare il punto di vista. Perché al netto di tutto ciò che manca, dal welfare ai nidi a uno straccio di lavoro sicuro, tra le ragioni della crescita zero c’è un dato esistenziale che oggi anche i demografi iniziano a conteggiare. È il movimento, non più carsico, chiamatochildfree,enclave all’interno dei cinque milioni di coppie già senza figli in Italia, donne e ragazze, ma anche sempre più maschi che apertamente dichiarano: «Bambini no grazie, non vogliamo riprodurci, non vogliamo essere madri o padri, non fa parte del nostro progetto di vita». Età media dai trenta ai quarantacinque anni, ultime Millennials e prime Zoomers (Generazione Zeta), fino a ieri nascoste perché mica è facile uscire allo scoperto e affermare, senza essere definite egoiste o nichiliste, che non è una questione di natura, cioè la sterilità ad esempio, o una questione economica, la mancanza di welfare e di sicurezza. No, non volere figli, è qualcosa che viene dal profondo del cuore, come raccontano Stefania Antonini, che ha 48 anni e questa scelta l’ha fatta già molto tempo fa, o Clara Di Lello, che di anni ne ha 30, ma è già certa della sua decisione childfree. Oppure Mario, dice di essere «uno zio fantastico», ma, aggiunge, «con Samanta abbiamo una buona vita, i nostri ritmi, i nostri lavori, i nostri viaggi, per un bambino il posto non c’è».
Sono tante e tanti, sempre di più, come dimostra una indagine dell’Istituto Toniolo su settemila donne tra i 18 e i 34 anni senza figli: il 21 per cento dice chiaramente di non volerli, mentre il 29 per cento afferma diessere «debolmente interessata» alla maternità. Dunque il 50 forse non sarà madre. Complice una rivoluzione antropologica e sociale che (per fortuna) ha “liberato” le donne dallo stigma per il quale non essere madre voleva dire essere imperfette, mancanti, persone a metà. Una contraddizione nell’affanno occidentale contro le culle vuote, ma come spiega il demografo Alessandro Rosina, «avere figli è una scelta libera, non è cercando di convincere chi non li vuole che cambieranno le cose, ma sostenendo chi invece vuolediventare genitore». Non è un gioco di parole, ma la constatazione di un mutamento radicale in atto. «I giovani non sentono la procreazione come un imperativo biologico e sociale, vogliono pensare al proprio destino liberamente, se il progetto di un figlio si integra con le proprie scelte di vita, se non ostacola i progetti, allora scelgono la maternità e la paternità. Altrimenti no grazie, senza rimpianti».Nell’universo delle donne childless, ossia senza figli per le più diverse ragioni, il numero delle childfree,cioè “libere” dai figli, è in netto aumento. «Tra le donne nate alla fine degli anni Settanta e l’inizio degli Ottanta, la quota che non ha figli è del 22 per cento. Di questo 22 per cento, circa il 12 per cento è childfree. Donne cioè che hanno liberamente scelto di non essere madri e oggi rivendicano il diritto, in una società che ancora le giudica perché non procreano, di dimostrare che l’identità femminile non è necessariamente coincidente con la maternità». (Tra le nate negli anni Cinquanta il numero dellechildless era soltanto dell’11 percento). Dunque mentre si urla alla catastrofe demografica è invece da questo dato di mutazione antropologica che si dovrebbe partire. Suggerisce Rosina: «Non saranno le ossessive campagne sulla natalità che faranno cambiare idea alle donne che non vogliono figli». La fatica poi delle famiglie, tra le difficoltà di conciliazione e precarietà,«sta creando una narrazione negativa che spaventa ancora di più le coppie incerte e in particolare le donne».
Già. Ma chi si dichiara childfree lo è davvero? Quanto una non-maternità è frutto di volontà o invece di rinvii, di un desiderio inascoltato o ascoltato troppo tardi? Stefania Antonini fa l’insegnante di yoga ed è anche councelor. Del suo essere childfree è diventa testimonial, «perché troppo spesso ci trattano da egoiste, ci rinfacciano che gli italiani si estingueranno». «Non ho rimpianti: un figlio non l’ho mai voluto. Mio marito Andrea l’ho incontrato a 30 anni, a 40 ci siamo chiesti se davvero saremmo voluti diventare genitori e la risposta è stata no, restiamo così, questa è la nostra felicità. Il desiderio di maternità non l’ho mai sentito, mi piacciono i bambini ma amo una vita dove posso avere il pieno controllo del mio tempo e delle mie giornate, dei miei spazi». Stefania è serena: «Andrea e io viaggiamo molto, prendiamo la moto e via senza orari, non volevo prendermi cura di una terza persona, avere la responsabilità di educarla. Egoismo? Perché? Non facciamo male a nessuno. E di fronte alle vite affannate delle mie amiche, con figli adolescenti, penso di essere fortunata». Mario ha 38 anni, Samanta la sua compagna ne ha 35. Lavora nella cooperazione, va dove c’è bisogno di aiuto, Afghanistan, Nigeria, Ucraina. «Saremmo pienamente in tempo per diventare genitori, ma non lo diventeremo. Abbiamo vissuto entrambi un’infanzia complicata, genitori separati, famiglie divise. Avere un bambino ci è sembrato un compito troppo grande, difficile. Anche Samanta parte spesso, lavoriamo moltissimo, poi però ci ritroviamo in casa, con i nostri libri, la musica e questo basta». Anche Mario non ha rimpianti: «Abbiamo un bel gruppo di amici, con e senza figli, condividiamo vacanze, cinema, serate. Fratelli, sorelle, nipoti, genitori di cui ci prendiamo cura. Una vita piena. Assisto bambini malati, denutriti, in zone di guerra: anche senza un figlio mio e di Samanta il mondo può andare avanti lo stesso».