il Fatto Quotidiano, 15 aprile 2024
Robert Brasillach. Il grande narratore che neanche Camus salvò dalle accuse di collaborazionismo
Guidata da Manuel Grillo, figlio del fondatore Pino, e con la direzione editoriale di Stenio Solinas, la casa editrice Settecolori ha avviato un nuovo progetto. Un catalogo raffinato all’insegna della libertà, della qualità, dell’originalità, delle riscoperte (e scoperte) e del piacere del testo: da Jean Giono a Stefan Andres. Paul Morand, Eça de Queiroz (con I Maia), Nadežda Mandel’štam, Langendorf, Giuseppe Berto. Uno dei volumi riproposti è il saggio di Maurizio Serra intitolato Fratelli separati- Drieu-Aragon-Malraux, dedicato a Pierre Drieu La Rochelle, Louis Aragon e André Malraux: libro controcorrente rispetto al conformismo non solo italiano.
In questa direzione va la pubblicazione del romanzo Sei ore da perdere di Robert Brasillach (1909-1945), scrittore e giornalista francese “maledetto”. Venne condannato a morte per collaborazionismo coi tedeschi e fucilato nel febbraio del 1945. De Gaulle ignorò l’appello per la concessione della grazia che era stato firmato, tra gli altri, da François Mauriac, Paul Valéry, Paul Claudel, Colette, Jean Cocteau, Jean Anouilh e tanti altri intellettuali sicuramente non fascisti. Tra di loro non mancò Albert Camus, a sua volta sottoscrittore dell’appello, che dichiarò: “Se Brasillach fosse ancora tra noi avremmo potuto giudicarlo. Invece ora è lui a giudicare noi”.
Tra gli esponenti di quel “romanticismo fascista” di cui parlava Paul Sérant, Brasillach è una sorta di fratello minore di Drieu La Rochelle, anche lui morto, ma suicida, nel 1945. Il suicidio evitò a Drieu una fine che, come si può immaginare, sarebbe stata analoga a quella di Brasillach.
Poco conosciuto da noi, dove predomina il pregiudizio ideologico, Brasillach è un narratore eccellente, come testimonia Sei ore da perdere, scritto nei primi mesi del 1944 e pubblicato a puntate su La Révolution nationale. È un romanzo degno del miglior Georges Simenon per le atmosfere, i dialoghi, i personaggi. Ambientata nella Parigi occupata dai tedeschi, la storia narra l’incontro fra un giovane ufficiale, reduce dalla prigionia, e una straordinaria giovane donna, assetata di vendetta, come un eroina dell’antica Grecia, nel ricordo del suo bambino. Storia cupa, eppure avida di vita, che si snoda tra soldati nazisti e poliziotti, trafficanti della borsa nera, resistenti, e una piccola umanità che cerca di sopravvivere nell’immensa catastrofe della guerra.
Strutturato come un noir, il libro è un magistrale e dolente ritratto della Francia occupata. Vi è ben poco di “collaborazionista”, almeno secondo gli stereotipi, in questo libro dell’autore di altre opere di rilievo come La Conquérante e Le sept couleurs. Riluce semmai la sua grande capacità di raccontare senza moralismi i disincanti ma pure le speranze di chi, più che scegliere, venne allora scelto dalle circostanze di quella vita “sporca”.
Relegato ai margini della cultura per decenni, Brasillach ritorna con i drammi dei suoi personaggi e con la tragedia della sua breve esistenza. Fu certamente fascista, ma pagò per le sue idee, più che per colpe effettive, da capro espiatorio.