Corriere della Sera, 14 aprile 2024
Prima lo «sciame» poi colpi in profondità. Così gli ayatollah hanno usato l’arsenale
L’Iran, per la sua rappresaglia contro Israele, ha affidato il primo colpo ad un’ondata di droni-suicidi. Mossa seguita dal ricorso ai missili, compreso – secondo gli iraniani – un ipersonico, entrato in linea da pochi mesi. Particolare tutto da verificare in una crisi dove la coreografia bellica si mescola ai fendenti reali. La scelta dei droni era prevista e prevedibile, in quanto sono sistemi bellici che Teheran ha sviluppato con molte risorse in questi anni. Provandoli su un’infinità di scacchieri, dal Medio Oriente all’Ucraina, dove sono parte dei bombardamenti russi sulle città e infrastrutture.
Gli Shahed e i Mojaher, insieme ad altri modelli, sono stati messi a punto traendo esperienze dirette da parte dei pasdaran mentre, allo stesso tempo, ne hanno inviati a dozzine alle milizie alleate, a cominciare dagli Houthi nello Yemen. Proprio questi combattenti hanno dimostrato l’efficacia in passato con operazioni condotte contro obiettivi in Arabia Saudita, tattiche seguite con attenzione dai loro istruttori iraniani e dai tecnici dell’industria militare. Hanno provato a migliorarli, li hanno modificati e hanno studiato le contromisure degli avversari per cercare di superarle con azioni «a sciame», con un gran numero di velivoli schierati per saturare le difese. Infatti, nei cieli ucraini sono stati impiegati sui bersagli e per «distogliere» la contra-aerea.
Le azioni
Le armi sono state provate e migliorate per superare le difese degli avversari
Ed è quello che sembrano aver fatto per la vendetta contro Israele, anche se lo scudo dell’Idf è certamente di livello superiore e in grado di tenere testa a velivoli non certo veloci. Gli esperti hanno calcolato che ad un drone tirato dal territorio iraniano possono servire quasi nove ore prima di «arrivare» sugli obiettivi; quindi, c’è il tempo per intercettarli a lunga distanza, con batterie missilistiche e caccia tenuti a lungo in volo da un dispiegamento massiccio di aerei-cisterna americani e britannici, apparsi nel pomeriggio di sabato nel quadrante compreso tra Cipro e la penisola arabica. Velivoli mobilitati dalla Casa Bianca per rinforzare la protezione di Israele. Uno sforzo al quale ha partecipato anche la Giordania abbattendo numerosi «intrusi». Presto, tuttavia, per fare bilanci.
La prima volta
Non era mai successo che il regime attaccasse direttamente
lo Stato ebraico
Poco costosi rispetto ad apparati sofisticati, con testate non troppo potenti, realizzabili in gran numero, esportabili per fare cassa e aiutare gli «amici», i droni dei mullah sono apparsi su diversi fronti, compresa la dimensione marittima. Mezzi «sparati» contro mercantili e petroliere «collegate allo Stato ebraico», formula che ha permesso a Teheran di andare a caccia di naviglio nell’Oceano Indiano e Mar Rosso.
I velivoli senza pilota rappresentano però solo una delle lance dell’arsenale della Repubblica islamica. Da anni Teheran ha investito denaro per creare una forza missilistica ampia che le permettesse tattiche flessibili. Gli scienziati iraniani, con l’assistenza di russi, cinesi e nord coreani, hanno costruito pezzo dopo pezzo una grande «faretra». Ecco i missili Fateh 110 e Zulfaghar in dotazione alle milizie sciite (fino a 700 chilometri di raggio), poi i vettori per azioni in profondità, dall’Haji Qasem dedicato al generale Soleimani (1400 km) allo Sejir (2500), quindi i cruise, visti di recente nelle postazioni degli Houthi ma anche nelle basi dei militanti iracheni. Questi sono solo alcuni della decina di «tipi» usciti dalle fabbriche, con un costante impegno per estendere il «braccio» operativo e la precisione. A questo proposito sempre gli esperti, citati dai media, hanno indicato che un ordigno balistico sparato dal territorio iraniano abbia bisogno di 12 minuti per raggiungere lo Stato ebraico mentre ad cruise servono due ore. Nelle ore concitate dello strike le fonti iraniane hanno aggiunto un dettaglio sul presunto ricorso ad un missile ipersonico la cui esistenza è stata rivelata nel 2022 nell’anniversario della morte di un alto ufficiale, Hassan Moghaddam, considerato uno dei responsabili del programma di riarmo e deceduto in una esplosione all’interno di una base nel novembre 2011. Vedremo se davvero c’è stato un battesimo del fuoco oppure si è trattato di una sortita ad effetto. Però per la prima volta l’Iran ha attaccato direttamente Israele e solo il «domani» ci dirà siamo ad una nuova svolta drammatica per una regione senza pace.