la Repubblica, 14 aprile 2024
Intervista a Massimo Ghini
Massimo Ghini, nel film di Giacomo Campiotti “Ennio Doris C’è anche domani”, lei interpreta il fondatore di Mediolanum scomparso nel 2021. Poster e trailer sono stati oggetto di ironie e commenti in rete.
«Non ho seguito molto. Abbiamo un po’ discusso sul primo trailer, che è stato cambiato. Ma finisco qui perché non c’è nessuna idea di polemica. La questione principale era quella del titolo, C’è anche domani. Io ho detto subito che non dovevamo offrire il fianco a un Paese in cui non si aspetta altro: sarebbe stato da idioti pensare a un film che echeggia quello di Cortellesi, un successo così enorme. Ma è una frase che esiste nel libro e nel film, un titolo fortemente voluto dai familiari».
All’anteprima era presente tutta la famiglia Berlusconi.
«Mi sembra una presenza giusta, per il rapporto tra le famiglie, è una storia che tocca anche loro».
È un film fatto da persone che amano Berlusconi e Doris, rivolto a chi li ama: un ritratto molto partecipe e con poco distacco.
«Ma è quello che fa quella cinematografia a cui appartengo da tutta la vita. È come la polemica per le nomine che oggi vengono fatte a teatro. Non è stato un colpo di mano, sono state fatte con lo stesso sistema con il quale la sinistra, alla quale apparteng o, le ha fatte per decenni».
Diciamo che nel film mancano alcune parti, tra le quali ad esempio le controversie fiscali.
«Ma non ci sono state mai vere convocazioni da parte dei giudici.
Tra l’altro quello è il periodo in cui ho conosciuto Berlusconi, un uomo meraviglioso.
Partecipai all’ Amleto per la regia di Lavia, che inaugurava la sua gestione e proprietà del Teatro Manzoni a Milano. Io ero all’inizio della carriera, lui passava nei camerini tre volte a settimana portandosi dietro cabaret enormi di paste o tramezzini o panini, bottiglie di Coca-Cola e noi avevamo una fame.... Non aveva ancora latelevisione. Sono stato sul punto di lavorare con lui. Non a caso, sono un uomo di sinistra che ha lavorato sempre di più a destra: c’è un fascista, chi lo fa? Guardi la mia cinematografia... perché i nemici ce li hai sempre dentro casa. Discuto con la mia categoria da anni: la nostra cinematografia oggi è fatta con i finanziamenti e i tax credit.
Noi siamo impiegati dello Stato».
Cosa pensa dell’iniziativa “Vogliamo ancora un domani” contro i tagli allo spettacolo?
«Ho mandato la mia solidarietà generica, ho seguito la cosa in streaming. Purtroppo, mi è sembrato di sentire le stesse parole chedicevo io nell’88 quando ero segretario del sindacato. Parlano in tanti, ma le guerre le ho fatte da solo. E sa quanto mi è costato?
Possibile che a me non hanno mai dato un David di Donatello?».
Nel 2015 diceva di andare a cena con Pietrangelo Buttafuoco, che trovava molto intelligente.
«Lo confermo, ci stimiamo, discutendo, un ex Figc e un ex missino del Fronte della gioventù. Tra discutere con lui e Alemanno faccio una differenza.
Ma non ho nulla da chiedergli. Non sono mai stato raccomandato in vitamia».
Con la famiglia di Ennio Doris com’è andata?
«Sono contenti. Venivano sul set dicendo “ma non disturbiamo”. E invece non faccio nomi di gente che conosco: sapeste come si comportano, perché hanno una casa di produzione e una squadra di calcio. E qui mi fermo».
Fiorello ha iniziato a fare l’animatore con lei.
«Me ne faccio un vanto, eravamo in un villaggio a Brucoli, in Sicilia, io ero capo animazione, Rosario lavorava come barista. Mi diceva: “Portami a lavorare in animazione” e io: “Rosario, io non ho problemi, parlo col capo villaggio, ma tu quanto prendi da barista? Un milione? Io da animatore trecentomila lire”».
La convivenza giovanile con Fabrizio Bentivoglio?
«Detto il “bradipo”. È durata tantissimo. Io in cucina a spentolare e fare, e il bradipo suonava la chitarra».
Poi, “Compagni di scuola”.
«Mi ha dato tanto, mi spiace solo che Carlo non mi abbia fatto più lavorare con lui. Non mi lamento, mi ha chiamato Coppola».
Che ricordo ha?
«“Dove annamo a magna spagheti”. Vado a un hotel a Trinità dei Monti, un tizio mi accoglie: “Francis si scusa, avrà dieci minuti di ritar do. Aspetto in una suite piena di dolci e caffè. Poi si apre una porta, entra Francis Ford Coppola con il cappotto e la coppola in testa, da lontano mi fa: “Massimo, finally ti incontro, da un mese ti cercavo”.
Resto impietrito, qualche minuto dopo stavamo in piedi a fare le prove, voleva che facessi il saltello di Alberto Sordi».
Con Paolo Virzì ha fatto “La bellavita”.
«Faceva parte del gruppone di amici. Un film importante.
Quando poi ho girato Tutta la vita davanti a Virzì ho detto: come al solito quando c’è da fare uno stronzo chiami me».