4 marzo 2024
Tags : Beatrice Venezi
Biografia di Beatrice Venezi
Beatrice Venezi, nata a Lucca il 5 marzo 1990 (34 anni). Musicista. Pianista. Direttrice d’orchestra. Diventata famosa tra il grande pubblico durante il festival di Sanremo 2021, quando, in odio ai tic dei politicamente corretti che volevano chiamarla «maestra», disse: «No. Chiamatemi Maestro. Con la “o”» • Figlia di un dirigente di Forza Nuova. Molto di destra. Ama Dio, Patria e Famiglia. Il ministro della Cultura Gennaro Sanguiliano l’ha nominata sua consulente. Molto apprezzata da Giorgia Meloni in persona, che si dice avesse in serbo per lei un posto in lista alle politiche 2022. I giornali di sinistra non la mollano un secondo. Sul Foglio dicono che «mette tutti a bacchetta». Roberto D’Agostino, direttore di Dagospia, ha commentato la sua improvvisa notorietà così: «Frutto del disperato tentativo di trovare “una cultura di destra”, al di là dei soliti Giordano Bruno Guerri e Pietrangelo Buttafuoco». Cattivissimo, l’ha ribattezzata «Bacchetta nera» • Lei, davanti alle critiche, non si scompone. Ha un carattere forte, temprato da ore e ore di prove, studi, perfezionamenti, esercizi, tutti i giorni da quando aveva sei anni • A chi la conosce, confessa: «Sono il tipo che piange, sì. Quando le cose vanno male all’inizio mi scoraggio, verso lacrime per tre giorni. Ma poi riparto all’attacco».
Titoli di testa In nome del motto «Le-donne-non-devono- vestirsi-da-uomini», dirige l’orchestra sempre in abiti femminili.
Vita Babbo pubblicitario, mamma dipendente pubblica. Entrambi completamente estranei al mondo della musica. «A casa mia si ascoltavano Venditti e i Led Zeppelin. Non si può certo dire che io sia stata indirizzata, non ho avuto quel vantaggio» (Stefania Miretti, Specchio 9/5/2021) • Grande predisposizione per il ritmo. «Mia madre dice che ancora prima di parlare ho canticchiavo Attenti al lupo di Lucio Dalla» • Quando ha deciso di fare il direttore d’orchestra? «Presto. Come se avessi sentito il richiamo fin da bambina. A 4 anni danzavo. La musica è arrivata poco dopo» (Andrea Malaguti, Sta 6/8/2023). «Alla scuola elementare c’era una signora che dava lezioni di pianoforte, ho provato e m’è subito piaciuto» (Miretti). Che ricordi ha del pianoforte, agli inizi? «Una vaga immagine delle manine sopra i tasti, come se ai miei occhi si stesse dischiudendo un segreto solo per pochi. Eppure, non era quello lo strumento dei miei desideri» Qual era? «Sentivo di voler iniziare con qualcosa di più ritmico e primitivo come il battito del cuore, infatti ero affascinata dalle percussioni». Già all’epoca sfrontata, agguerrita come la vediamo oggi a trent’anni? «Macché: timida, introversa. Tutto il contrario di quello che può sembrare adesso» (Edoardo Semmola, CdS 27/4/2022) • Prende in mano la bacchetta per la prima volta a diciannove anni. «Stavo concludendo gli studi di pianoforte, decisi di frequentare i corsi di direzione d’orchestra di Piero Bellugi». Uno bravo? «Bravissimo. Avrebbe potuto fare una carriera molto superiore. Ma sulla carriera degli artisti incide anche il dato caratteriale». Neppure lei ha un carattere remissivo. «Ho la mia personalità. Ma so anche come gestire me stessa e un’orchestra». Bellugi invece? «Bellugi era adorabile. Generosissimo. Diciamo che non amava mediare». Non le disse: non è un lavoro per donne? «Non nominò mai la differenza di genere. Ero una anomalia, ma mi sentivo perfettamente nella norma» (Malaguti). «Quando hanno rifiutato la mia ammissione al conservatorio Giuseppe Verdi a Milano, la prima volta, mi son detta: Beatrice, ok, aspetti un anno, ti prepari, lo sai che ci sono solo due o tre posti nella classe di direzione d’orchestra. Fai del tuo meglio e…». E...? «L’emozione deve avermi giocato un brutto scherzo. Una seconda volta. Probabilmente non ero pronta per quello che la commissione si aspettava, era una questione di maturità. Dover aspettare un altro anno è stata dura». La sua prima volta su un podio? «A 22 anni e con tanta emozione addosso. Anche se quella “magica tranquillità del podio” mi avvolse non appena iniziai. È qualcosa che ancora oggi non riesco a spiegare: qualsiasi inquietudine provi, rimane sempre in camerino. Mi trovavo nella mia Lucca, alla Basilica di San Giovanni, dirigevo L’Eroica. Di nome e di fatto». All’epoca si era già manifestato il problema di essere «un direttore e una donna» che poi l’ha accompagnata fin qui in carriera? «Credo sia stata l’unica volta in cui non ho sentito addosso quello sguardo di disapprovazione. Forse proprio perché ero circondata da conterranei». «Al Verdi a Milano non mi davano le stesse possibilità che davano ai maschi. Era un continuo di battute sessiste, anche all’Accademia Chigiana. Cose del tipo “è una donna, cosa volete che faccia?” oppure veniva rimarcato che non potessi vestirmi in abiti femminili come se dovessi per forza somigliare a un uomo. Credo sia la volontà di fare dei propri allievi delle piccole copie degli insegnanti». Ed è un male? «È la differenza che passa tra un insegnante e un maestro: maestro è chi ti dà la possibilità di esprimere chi sei». Il fatto che lei sia anche molto bella forse non aiuta… a superare certi pregiudizi. «Essere bella è un problema. Negli occhi delle persone leggi una sorta di “hai rotto eh, vuoi essere preparata, bella e di successo? È troppo, non puoi”. Per farcela devo essere molto più preparata di un collega maschio». Il momento della svolta? «A Cagliari, al mio debutto in una fondazione lirica di alto livello. Quella è un’orchestra rinomata e di qualità, ma non facilmente malleabile, te li devi conquistare col sudore. E fino alla recita precedente non c’era nemmeno pubblico, per paura del Covid. Poi toccò a noi e la platea era piena: è il momento in cui ho sentito per la prima volta il sapore della vittoria. Soprattutto dopo, in camerino, con i musicisti che mi venivano a dire “non vediamo l’ora di riaverti con noi”». E quando è costretta ad andare allo scontro? «Capita con alcuni primi violini, quelli che sognano di fare i direttori e non ci riescono. Ripenso all’inizio del 2020, quando un violinista di nome, di un’orchestra importante, si rivolse a me in modo così paternalistico come a dire “non ti preoccupare che ci penso io che sono un uomo e sono più grande di te”. Potevo lasciarlo fare e rimanere tranquilla, perdendo autorità. O andare allo scontro. Mi si è chiusa la vena e lo volevo mangiare. Ma un direttore non deve mai trascendere, l’autorità non si dimostra alzando la voce. Aver mantenuto la calma mentre lui cercava di provocarmi lo ha fatto uscire dai gangheri: si è alzato e se n’è andato. Ho continuato a lavorare con gli altri che sono venuti a scusarsi per lui. Avevo portato dalla mia tutto il resto dell’orchestra, emarginando il soggetto molesto. Lui ha avuto una crisi isterica, io un concerto» (Semmola).
Politica Maestro, che cosa vuole dire essere di destra a 33 anni? «Vuole sapere se sono fascista?» (Malaguti).
Politica/2 Dice di non aver mai detto o scritto niente che si avvicini anche solo vagamente alla prevaricazione sull’altro, all’omofobia o al fascismo. «La memoria storica non ha nulla a che vedere con il presente. Oggi essere di destra significa essere conservatori». Dio, patria e famiglia? «Dio, patria e famiglia. Era anche uno slogan della Dc, ricorda? Eppure, tanti fanno finta di indignarsi. In ogni caso sono valori in cui io mi riconosco» (Malaguti).
Dio È credente. Prega. La domenica va a messa.
Patria Valore numero due: Patria. «È un concetto di cui dobbiamo tornare ad appropriarci. Significa amore per la nostra terra e le nostre radici, per la nostra tradizione e la nostra cultura. Tutto il mondo ci invidia, noi ci denigriamo». Non è un luogo comune? «Guardi, a Parigi presentavo il mio libro assieme a Marcello Veneziani. In una sala vicina c’era un noto scrittore di sinistra che spiegava al pubblico quanto l’Italia tarpi le ali a chi prova a fare le cose». E i francesi? «In sollucchero. Insopportabile». Era retorica o una constatazione? «Nel caso di questo affermato scrittore era certamente retorica». Mi dice chi era? «No». Disoccupazione, stipendi bassi, potere d’acquisto in picchiata, giovani in difficoltà. Anche questa è retorica? «Questi sono problemi oggettivi. Potremmo discutere per ore di quelli del mio settore». In sintesi? «Un contratto nazionale non rinnovato da 20 anni e modelli pensionistici da rivedere: ad esempio professori d’orchestra e artisti del coro dipendenti di enti che si sono generalmente stabilizzati tardi e che quindi contabilizzano pochi contributi. Per non parlare poi dei liberi professionisti (cantanti lirici, solisti o direttori d’orchestra) che di fronte a un lavoro per sua natura discontinuo presentano dei buchi contributivi che spesso non permettono pensioni dignitose». Parla come una leader di sinistra. «Parlo come una persona di buonsenso convinta che finalmente ci sia la volontà di sistemare le cose. Continuo a considerare l’Italia un Paese in grado offrire grandi possibilità senza appiattirsi sull’assistenzialismo». Al mondo esistono anche persone che non ce la fanno. Le buttiamo a mare? «No, ma la nostra è una Repubblica fondata sul lavoro, per cui dobbiamo spingere per creare maggiori opportunità. Lavoro e dignità spesso vanno di pari passo». Lavoro pagato il giusto, magari. «Sicuro. Ma bisogna trovare un equilibrio. Qui a Taormina lo sperimento con il Festival. Quando chiedo la disponibilità a lavorare il sabato e la domenica molti giovani mi rispondono di no. La mia generazione è stata viziata da chi l’ha preceduta» (Malaguti).
Famiglia Un fidanzato argentino, Juan, che lavora nel settore della finanza. Si sono sconosciuti a una cena di amici comuni sul lago di Como. Vivono assieme a Lugano, nella Svizzera italiana.
Contestazioni Nell’estate 2023 dodici associazioni di Nizza, in Costa Azzurra, la accusarono di «neofascismo» e indirizzarono un appello al sindaco, Christian Estrosi, macroniano, e al direttore dell’Opéra locale, Bertrand Rossi, di toglierle la direzioni del concerto di Capodanno. Lei li definì «quattro sfigati».
Critica Il compositore Franco Piersanti la sfidò a duello («Un brano sinfonico del secondo Novecento a sua scelta, che né io né lei abbiamo suonato prima») a patto che con una lettera sul Foglio il 22 dicembre: «Assistendo alla replica su YouTube del concerto natalizio offerto dalla presidenza del Senato al popolo italiano che vedeva l’Orchestra Haydn di Bolzano sotto la guida di Beatrice Venezi ho avuto la conferma di quello che ho sempre più pensato guardando le tante esibizioni in rete di questa musicista. A parte il cattivo gusto di presentarsi a capo di un’orchestra proprio lei, neoeletta consigliera per la musica del ministro, la cosa che trovo seriamente preoccupante, che intendo sottolineare, è la totale assenza di percezione musicale nella direzione e quindi di talento musicale necessario per muovere e rendere espressivi nell’aria i suoni di quella meravigliosa macchina terrestre che è una orchestra sinfonica. La sconcertante – è proprio il caso di dirlo – esibizione induce e favorisce l’ottundimento del gusto musicale e veicola un livello d’ascolto paurosamente basso confondendo e intimidendo chi, pur amando la musica, non ne possiede sufficiente competenza nel giudizio» • Leonetta Bentivoglio su Rep, 31 gennaio 2024: «È davvero in grado di condurre un’orchestra il maestro Beatrice Venezi, ben deciso a farsi chiamare al maschile fin dal Festival di Sanremo del 2021 che lo rivelò al grande pubblico, ammaliato dal suo fisico femminilissimo e dal suo gesto ostentato e marziale? Pochi giorni fa — notizia diffusa grazie a uno scoop di Repubblica — alcuni musicisti dell’Orchestra Sinfonica Siciliana sono insorti contro di lei sostenendo che «i suoi gesti non sono coordinati alla partitura». Beatrice non batte ciglio, nessuna replica, grandi sorrisi. Ora sta lavorando alle prove del concerto che guiderà domani al Politeama Garibaldi di Palermo» • Roberto D’Agostino: «Non esistono più località di destra o di sinistra. Sono caduti i punti di riferimento culturali. Si cerca una cultura di destra, ma non si trova e a volte assume volti improbabili. Chi è Beatrice Venezi? È la stagione delle maschere appunto, oltre il patetico».
Curiosità Ama viaggiare, fare sport, passeggiare nei boschi e stare nella natura • Fa molto esercizio fisico • È stata la prima donna in assoluto a dirigere un’orchestra in Armenia, Georgia e Bulgaria • Ascolta di tutto «Anche il rock progressive. Sono degli anni Novanta. C’erano i Backstreet Boys e le Spyce Girls». Unico genere che proprio non regge: la Trap • Pensa che nelle scuole medie bisognerebbe lasciar perdere il flauto dolce («I flauti che vengono forniti alle scuole sono degli strumenti quasi finti, di plastica, spesso emettono fischi piuttosto che reali note») e più canto corale • Opera lirica preferita: la Manon Lescaut di Giacomo Puccini • Ama gli stilisti italiani: Valentino, Alberta Ferretti, ma anche Trussardi e Dolce & Gabbana • Ha offerto il suo volto alla pubblicità di Bioscalin, la cui didascalia recita «tira fuori il tuo lato Bioscalin», con la B evidenziata • Ha detto a un giornale che Elodie offre «una rappresentazione poco elegante del corpo della donna» • Il #MeToo ha ancora senso? «Le molestie ci sono». Lei ne ha mai subite? «No. Al massimo marpionaggio» (Malaguti) • «Una volta in ascensore un collega direttore di orchestra ci provò. Rimasi impassibile e desistette. Un’altra volta, sempre un collega mi invitò a cena. Io risposi con una mossa abile: invitai a mia volta tutto il cast» • Ti definiresti femminista? «Dipende. Se s’intente il femminismo sessantottino, direi di no. Ma se s’intende il femminismo come lotta per la parità tra i generi, effettiva e non a parole, perché trovo ridicolo fare il femminile di una professione e affermare di avere raggiunto la parità, allora direi che sono femminista» • Ha criticato Yuja Wang, la giovane brillante pianista cinese, che suona in minigonna o con spacchi vertiginosi, e scorre la musica con l’iPad sopra la tastiera. «Ecco quello no, non credo sia sexy, né indice di femminilità suonare musica classica in minigonna». Si ferma, sorride: «Teniamo un po’ di suspence per il pubblico maschile» • La tendenza lanciata da lei delle donne che rifiutano sostantivi femminilizzati è dilagata al punto che ora per quelli di destra la Meloni è «il» presidente, al maschile • I maligni dicono che fa più post su Instagram che concerti «Se andassero a vedere quello che ho fatto scoprirebbero che ho diretto più orchestre nel mondo io che molti altri coetanei» • Maestro, lei finisce spesso in mezzo alle polemiche. Le cerca? «Ma si figuri. Le trovo. Anche senza fare niente. C’è gente che paga per stare sui giornali continuamente. Io ci vengo trascinata» (Malaguti).
Titoli di coda Roberto Vecchioni, che in tempi non sospetti cantava: «Voglio una donna con la gonnaaa...». La pacificazione nazionale potrebbe partire da qui.