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 2024  marzo 08 Venerdì calendario

Biografia di Matteo Salvini

Matteo Salvini, nato a Milano il 9 marzo 1973 (51 anni). Politico. Segretario federale della Lega. Vicepresidente del Consiglio (insieme ad Antonio Tajani). Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti. Senatore (dal 23 marzo 2018, rieletto nel 2022). Già ministro dell’Interno (nel Conte I). Già deputato (2008-2009; nel 2013 rinunciò appena rieletto) e eurodeputato (dal 2004 al 2006, poi per due mandati consecutivi dal 2009 al 2018). Ex consigliere comunale a Milano (dal 1993 al 1997, dal 1999 al 2012, quindi di nuovo dal 2016-2018) • «Il Cazzaro Verde» (Marco Travaglio) • «Il Truce» (Giuliano Ferrara) • «Ha commesso più di una sciocchezza» (Vittorio Feltri) • «Fa mica politica Salvini, va a raccattare i voti degli ignoranti» (Oliviero Toscani) • «Ha successo perché dice le stesse cose che senti al bar» (Umberto Smaila) • «In privato Matteo mi abbraccia, dice che ho ragione io. Poi in pubblico fa un po’ lo sbruffoncello» (Silvio Berlusconi) • «Salvini non parla alla cosiddetta pancia del paese: in anni di incontri, fiaccolate, manifestazioni e gazebo ne è diventato parte integrante» (Davide Piacenza) • «In anni di fermentazione politica […] ci ha provato di dritto e di rovescio. Cominciò sventolando la bandiera dei comunisti padani, poi quella della Secessione longobarda. Continuò con “Napoli merda, Napoli colera”. Per poi rivoltare la frittata in: viva la Terronia, viva la Nazione. Girò a quel punto la contraerea di supplì ideologici contro i barconi degli invasori, i negri immigrati da sequestrare in mare e da tormentare appena scesi a terra, tagliando i fondi ai centri di accoglienza».
Titoli di testa Chiamano dall’archivio del Corriere: «È impossibile spedirti il cronologico delle sue dichiarazioni, il file è troppo pesante». Allora giratemi solo quelle in cui attacca la Meloni. «Ci proviamo» (Fabrizio Roncone).
Vita «Buona famiglia milanese, il papà dirigente d’azienda e la mamma casalinga, la passione per il calcio coltivata all’oratorio dei Santi Nabore e Felice, in zona Bande Nere, le medie dai preti, il liceo al Manzoni, le domeniche a San Siro a seguire l’amatissimo Milan o in gita con i boyscout, di cui è stato lupetto per cinque anni» (Rodolfo Sala). Entrò nella Lega Nord a 17 anni. «Al Manzoni di Milano, uno dei licei più rossi, mi avevano dato un volantino su quanto i lombardi pagavano di tasse e quanto ricevevano indietro dallo Stato. Andai alla sede della Lega in via Vespri Siciliani e mi iscrissi». Negli stessi anni, però, frequentava anche il centro sociale Leoncavallo. «Là stavo bene, mi ritrovavo in quelle idee, in quei bisogni». Iscrittosi all’università (dapprima Scienze politiche, poi Storia), interruppe anzitempo gli studi, concentrandosi sull’attività politica. Nel 1993 l’elezione al consiglio comunale di Milano, con il sindaco leghista Marco Formentini. «Il Salvini degli anni Novanta era “un ragazzo di sinistra folgorato dal progetto dell’autonomia territoriale”, scrivono Alessandro Franzi e Alessandro Madron nel libro Matteo Salvini #ilMilitante. Un comunista-leghista, sospeso tra i due schieramenti dai quali prendeva in modo equo ispirazione: indipendenza della Padania, ma con un occhio di riguardo al proletariato, agli operai, ai marginali. […] Nel 1997 Salvini partecipò alle elezioni del Parlamento Padano, organismo consultivo istituito dalla Lega Nord e aperto a tutti i cittadini padani, al di là del loro orientamento politico. La sua lista si chiamava “Comunisti padani” e sullo stemma comparivano la falce e il martello. […] I Comunisti padani ottennero cinque seggi quell’anno, uno riservato proprio a Matteo Salvini. “Leader della falce e martello verdi, Salvini ha cavalcato le zone grigie su cui la sinistra ha glissato. Parliamo di difesa del territorio, dell’italianità e del diritto al lavoro e alla casa dei lavoratori, prima degli italiani e poi degli stranieri, battaglie che ai tempi erano condivise anche dai comunisti italiani”, scrive Eleonora Bianchini in Il libro che la Lega Nord non ti farebbe mai leggere. […] Però, qualcosa si ruppe in quel perfetto equilibrio salviniano tra comunismo e leghismo, a favore del secondo. “Preparava i banchetti contro l’apertura di una moschea. […] Andava a fare sopralluoghi nei campi rom”, raccontano Franzi e Madron, che ricordano anche quando nel 1998 istituì un numero telefonico per segnalare casi di delinquenza legati agli immigrati clandestini. […] Le priorità stavano cambiando, il flusso migratorio cresceva, la questione della sicurezza – o della sua percezione – stava sempre più a cuore ai cittadini. […] Era arrivato il momento di cambiare strategia: serviva offrire una spalla su cui piangere a un altro, nuovo grande esercito di insoddisfatti» (Luigi Mastrodonato). Molto impegnato nella vita del partito, iniziò presto a collaborare al quotidiano La Padania e a Radio Padania, fino a ottenere la qualifica di giornalista professionista. In parallelo, la carriera politica: responsabile del Gruppo giovani di Milano dal 1994 al 1997 e segretario provinciale dal 1998 al 2004, nel 2004 approdò al Parlamento europeo, dove rimase fino al 2006 per poi tornarvi, dopo una breve parentesi da deputato, nel 2009. La vera scalata al vertice del partito iniziò nel 2012, quando la Lega di Bossi fu travolta dagli scandali: Salvini fu infatti tra i primi ad appoggiare Roberto Maroni, divenendo nuovo segretario della Lega Lombarda quando Maroni divenne segretario federale della Lega Nord; quando, poi, l’ex ministro dell’Interno ebbe abbandonato la guida del partito per assumere la presidenza della Regione Lombardia, Salvini si candidò a succedergli, sfidando Bossi alle primarie leghiste del 7 dicembre 2013 e ottenendo una schiacciante vittoria, con oltre l’80% dei consensi. In questi anni, da segretario, ha impresso alla Lega Nord una profonda trasformazione. «Le alleanze con gli euroscettici, nazionalisti e islamofobi iniziarono da subito. […] E poi c’è la comunicazione: Salvini è abilissimo a incentrare su di sé tutta l’attenzione. Parla di quello che vuole la gente. Sfrutta il tema di giornata. Se ne frega delle reazioni. E se ne frega di apparire contraddittorio rispetto al passato. […] Salvini ha fiutato che il rancore degli anni di crisi non è più tanto del Nord contro il Sud, ma degli elettori anonimi contro le élites, dei penultimi che hanno perso il lavoro contro gli ultimi che sbarcano nel Mediterraneo in cerca di un’occupazione. […] Il segretario leghista ha impastato questo risentimento in una proposta sovranista. […] Tutta la proposta politica della “nuova” Lega è incentrata su di lui. Sulla sua irriverenza e la sua capacità mediatica. Sulla sua energia nel mobilitare le persone. […] Salvini ha fatto piazza pulita di chiunque non fosse rigorosamente schierato con lui. Alla vecchia guardia, a partire appunto da Bossi, non ha delegato alcun ruolo. Alla nuova non ha ancora dato un mandato autonomo. Molti vecchi militanti se ne sono andati. Forte di sondaggi a due cifre, inimmaginabili con la Lega sotto il 4% del 2013, […] Salvini non ha nemmeno avuto difficoltà a cacciare dal partito l’unico possibile competitor, Flavio Tosi, con cui c’era un patto non scritto: Salvini capo del partito, Tosi candidato premier con la benedizione di Maroni. […] Cinque anni dopo quella concatenazione di eventi che lo ha portato alla ribalta nazionale, il segretario della Lega può permettersi di mettere alla porta Bossi, di dire a Maroni che non deve impicciarsi della gestione del partito, di provocare Berlusconi sulla leadership del centrodestra» (Alessandro Franzi). Dopo aver cavalcato vittoriosamente il “no” al referendum costituzionale del 4 dicembre 2016 ed essere stato confermato alle primarie leghiste del 14 maggio 2017, Salvini si preparò alla sfida decisiva delle elezioni politiche del 2018, aderendo alla coalizione di centrodestra ma chiarendo subito che il candidato premier sarebbe stato espresso dal partito che avesse ottenuto più voti. Dispiegò quindi un’offensiva a tutto campo, aumentando ulteriormente la sua presenza in televisione e battendo tutte le piazze d’Italia, togliendo dal simbolo del partito la parola «Nord» per presentare la Lega in tutti i collegi elettorali, ammiccando sia all’estrema destra (sui temi dell’immigrazione, dell’antifascismo e delle armi) sia all’estrema sinistra (sulle questioni del lavoro e delle pensioni), imponendo nel programma della coalizione alcuni dei punti di più ampia presa elettorale (su tutti, la cosiddetta flat tax) e contrapponendosi ogni giorno a Berlusconi, smentendo quasi ogni sua dichiarazione col proposito di minare la credibilità del vecchio leader per affermare la propria. Ultimo colpo di teatro, a pochi giorni dal voto, in piazza del Duomo a Milano, un solenne giuramento di fedeltà al popolo italiano pronunciato sulla Costituzione e sul Vangelo, rosario in pugno. In questo modo, il 4 marzo 2018, riuscì a guadagnare alla Lega un risultato eccezionale, intorno al 17% dei voti a livello nazionale, e a strappare clamorosamente a Berlusconi (fermo, con Forza Italia, poco oltre il 14%) la palma di leader della coalizione: macroscopica affermazione personale, insufficiente, però, con un centrodestra complessivamente intorno al 37%, a garantirgli una maggioranza parlamentare, e quindi a proiettarlo automaticamente al vertice del governo • Dopo un lungo stallo in cui l’Italia rimase senza governo, dopo vari tentativi formare un nuovo esecutivo, a quasi tre mesi dalle elezioni, la Lega abbandonò gli alleati del centrodestra e raggiunse un accordo con il Movimento 5 Stelle, che aveva racimolato il 32% dei voti. Il nuovo presidente del Consiglio fu individuato in Giuseppe Conte, giurista sconosciuto ai più. Salvini, insieme a Luigi Di Maio, è nominato vicepremier e ministro dell’Interno. Inizia così la sua luna di miele con gli italiani • I tour enogastronomici. Le felpe campaniliste. Le magliette con l’effigie di Putin. La foto con Putin. «Patria, famiglia e padre Pio, in sequenze da comizio» (Corrias). «Sarebbe interessante trovare un giovane uomo o donna di sinistra che abbia la capacità di comunicare con gli altri come fa Salvini. Lui muta. Mette una felpa della Polizia e diventa poliziotto» (Antonello Venditti). «Ha capito meglio di chiunque altro come funziona il mondo mediatico, e ufficializzato il distacco definitivo della realtà dal mondo virtuale. La verità non lo turba minimamente: vola in Libia a proporle di ospitare campi profughi che il governo di Tripoli ha già rifiutato e si fa fotografare con i marinai italiani che coordinano i soccorsi ai migranti spacciandoli per quelli che “difendono la nostra sicurezza”. Promette cose che il governo, almeno il ministro dell’Economia, non mette nemmeno nell’agenda del 2022. Annuncia provvedimenti che non è in grado di fare. Pontifica di vaccini, di scrittori, di calciatori. Insulta chi gli sta antipatico. Insomma, si comporta come l’uomo qualunque armato di un account Twitter. E funziona» (Anna Zafesova). Alle europee del 2019 la Lega ottenne un consenso straordinario, attestandosi a più del 34%, scalzando i grillini come primo partito d’Italia. Ma la gloria del segretario non è destinata a durare • La Treccani, nello stilare il racconto di quell’estate, tace pudicamente l’episodio del Papeete: «Nel mese di agosto, date le divergenze tra i due partiti di maggioranza, la Lega, forte dei consensi ottenuti alle elezioni amministrative ed europee, ha presentato una mozione di sfiducia, poi ritirata, al presidente del Consiglio Conte». Ecco un retroscena più dettagliato: «[...] Ma tutto era cominciato più di un mese prima, il 3 luglio 2019. Quel giorno, il Parlamento europeo elegge vicepresidente Fabio Massimo Castaldo del Movimento 5 Stelle. Per la prima volta nella storia, il deputato di un partito che non appartiene a nessuno degli eurogruppi raggiunge la vicepresidenza. E Salvini capisce: la tenaglia si sta chiudendo sulla Lega. Dem e stellati hanno verificato che l’accordo è possibile, mentre intorno ai salviniani l’Europa stende quello che Castaldo chiama il “cordone sanitario”. Tutti i guai di Matteo Salvini iniziano qui. Qualche settimana più tardi, a fine luglio, incominciano le più surreali settimane politiche italiane di sempre. Prima sulla sabbia della disco-spiaggia Papeete di Milano Marittima, che diventerà il simbolo di quei giorni. Poi, in un “Estate italiana tour” le cui grafiche e l’idea stessa vengono dalla tournee di Jovanotti, “Beach party”. Ma lo slogan è ben diverso da quelli del Jova: Salvini chiede “pieni poteri”. La narrazione pubblica della settimana al Papeete descrive le stravaganze di un ministro dell’Interno che, sempre in bermuda o mutande da bagno, ripreso dai social media h24, va ogni tanto a Roma a tarda notte per consigli dei ministri che non decidono nulla eppure approvano provvedimenti: “Salvo intese”, ovviamente. Segno che di intese non ce ne sono. Da una parte il racconto di un governo al lumicino, dall’altra quello delle vacanze presunte private del ministro. C’è il giro sulla moto d’acqua della polizia del figlio Federico, l’inno nazionale suonato per la tribù che balla del Papeete, ci sono gli antisalviniani che lo seguono ad ogni tappa buttandosi in acqua a rappresentare i morti in mare. E c’è anche la nave Open arms carica di migranti a cui non è consentito sbarcare, che costerà a Salvini il secondo processo. Il tutto ritmato dalla mitraglieria delle dichiarazioni tra Lega e 5 Stelle» (Marco Cremonesi) • Nicola Zingaretti gli garantì che la sinistra avrebbe chiesto le elezioni. Invece, anche per opera delle trame di Matteo Renzi, a settembre Conte riuscì a formare un nuovo governo, con il sostegno di Movimento 5 Stelle e Partito democratico. Salvini ne uscì ammaccatissimo • Da allora, una serie di passi falsi: l’occhiolino ai no-vax durante la pandemia, l’occhiolino ai russi dopo l’invasione dell’Ucraina, il sostegno altalenante al governo Draghi. «Ormai c’è una destra che considera Salvini un cavallo perdente» (Aldo Cazzullo). «Dopo avere perso il senno con le pupe in tanga e il mojito in erezione estiva, ha continuato inneggiando a tutti i banditi della democrazia: oggi il tinto biondo Geert Wilders, ultradestra olandese. Ieri: Donald Trump, Jair Bolsonaro, Viktor Orbán. Compreso il loro profeta in terra armata: lo zar Vladimir, che Matteo omaggiò persino sulla piazza Rossa: “Cedo due Mattarella per mezzo Putin”. Per poi correre a nascondersi sotto la coda dei corazzieri, promettere anche ai polacchi di non dirlo mai più (lo volevano menare lassù, al confine con l’Ucraina), scampare all’ira del suo socio Luca Zaia, presidente del Veneto, che ogni tanto minaccia di prenderlo a legnate» (Corrias) • Alle politiche 2022, il centrodestra unito, di cui la Lega fa parte insieme a Forza Italia, Fratelli d’Italia e Noi Moderati, conquista il 44% dei voti. Lui però ha un tracollo e si ferma sotto il 9%. «Da quando ha varato la “Lega per Salvini premier” [...] Matteo ha funzionato come uno sfollagente. Senza mai diventare premier, è scivolato dai piani alti della nomenklatura, verso quello delle truppe di complemento [...]. Lo stesso effetto lo ha avuto sul partito, visto che nell’ultimo anno il tesseramento è calato del 32 per cento. I superstiti fanno finta di nulla. Avrebbero diritto a un congresso ogni tre anni, ma da cinque, dentro la Lega ortodossa, non vola una mosca. Né una critica al Capitano [...]. L’ultima volta che ha deciso di riempire una piazza a Milano, ha combinato un disastro [...]. Era il 4 novembre scorso, mattatoio israeliano-palestinese, parola d’ordine “Pace & libertà” buona anche per le concorrenti di Miss Padania. Aveva mobilitato i funzionari di partito e i pullman per riempire largo Cairoli con almeno 3 mila padani. Ne sono arrivati a stento 300 [...]» (Corrias). «È arrivato il momento di scrivere che l’ossessione di Salvini ha un nome: Giorgia. Non è un sospetto. Non è un retroscena. È cronaca, sono fatti, episodi precisi. Liberi di credere alle veline che fanno circolare: i due si sono chiariti, grande intesa, obiettivi comuni, prima di entrare in Consiglio dei ministri ridevano come vecchi amici. La verità è che ogni mattina Salvini esce dalla doccia con addosso un accappatoio di paura: teme che la leader di Fratelli d’Italia possa candidarsi alle prossime elezioni Europee e fare il botto, sfondando quota 30%. Non solo: s’è convinto che la premier riesca a portargli via voti anche al Nord. E farlo sprofondare, così, sotto il 10%» (Roncone). «Gemonio, 14 gennaio. Bossi dice ai suoi ospiti: “Soffro a vedere la Lega ridotta così”. Attorno a lui ci sono una trentina di persone: compagni di strada della prima ora, alcuni rappresentanti locali, ex ministri ed ex parlamentari. Non è un’occasione conviviale, bisogna discutere dell’associazione politica alla quale stanno lavorano da qualche tempo, con discrezione, per evitare che si dia anche solo l’impressione di un gruppo impegnato in una qualche velleitaria operazione scissionista. Il Carroccio è la loro fede, il “ritorno alle origini” la loro aspirazione. Il presente è vissuto con angoscia. È vero, ci sono stati momenti in cui il partito è stato sul punto di sprofondare, ma senza mai perdere la propria identità. “Adesso invece la Lega è la copia meno fortunata di Fratelli d’Italia”, si inalbera Bossi. Che sarà “segnato nel corpo” racconta uno dei presenti “ma non è rimbambito come viene descritto apposta da qualcuno. È lucido nelle sue analisi. E anche se il fisico non è più quello di un tempo, s’inc...za ancora di brutto”. E fa sempre sfoggio del suo linguaggio colorito, di cui si serve per parlare di Matteo Salvini e della sua linea politica: “Ha fatto diventare la Lega un partito di estrema destra, proprio mentre al governo c’è Giorgia Meloni che ha il simbolo della Fiamma. Ma tra la copia e l’originale, chi vuoi che voti la gente?”» (Francesco Verderami).
Amori Divorziato dalla giornalista Fabrizia Ieluzzi. Dal 2015 al 2018 è stato legato alla conduttrice Elisa Isoardi. Dall’aprile 2019 è fidanzato con Francesca Verdini (n. 1992), produttrice cinematografica, figlia del politico e banchiere Denis Verdini.
Figli Due. Federico (n. 2003), avuto dalla ex moglie. Mirta (n. 2012), avuta dall’avvocato Giulia Martinelli.
Curiosità Grande fan di De André • Grandissimo tifoso del Milan • Due partecipazioni a giochi televisivi di Mediaset in giovane età: nel 1985 a Doppio slalom di Corrado Tedeschi, nel 1993 a Il pranzo è servito di Davide Mengacci • Ogni anno d’estate va al mare a Milano Marittima (e scende all’Hotel Miami) e in montagna a Pinzolo (e scende all’Hotel Cristina).
Titoli di coda «Milano Mattima. Mojito color nostalgia. La ChatGpt del giornalismo politico ci porta dritti dritti qui, al Papeete, già Corea dell’Italia salviniana nel 2019. “Matteo? Non l’ho visto. E non è che fossimo amici, eh”, dice [...] Arrigo Sacchi, sì proprio lui il mister-profeta di Fusignano, mentre passeggia in bici davanti allo stabilimento balneare [...]. E però, mentre la musica pompa i capezzoli turgidi di pettorali scolpiti e tatuassimi di super maschi [...] con ragazze in perizoma che si divertono sui cubi, tutto ci ricorda di lui. Restano i sogni senza tempo, le impressioni di un momento. Mojito color nostalgia. Te lo ricordi il Papeete?» (Simone Canettieri).