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 2024  marzo 09 Sabato calendario

Biografia di BigMama (Marianna Mammone)

BigMama (Marianna Mammone), nata a San Michele di Serino (Avellino) il 10 marzo 2000 (24 anni). Cantante. «Sono donna, grassa, rapper e queer: le ho tutte» • Seconda, e unica femmina, dei quattro figli del titolare di un’impresa di ascensori e di una casalinga. «“Ho iniziato a subire bullismo sin dalla prima elementare. Sono sempre stata cicciotta, poi crescendo sono lievitata, ma mi sono sentita scartata da subito e ovunque: le prime a bullizzarmi sono state le signore del mio paese, figuriamoci, tutte a gridarmi di mettermi a dieta, ma quella è una realtà così chiusa… Poi a danza, dove la maestra mi metteva sempre in prima fila perché ero brava a ballare, ma continuava a dirmi ‘E dimagrisci!’. A scuola lasciamo perdere, sui social non sto nemmeno a dirlo”. […] “BigMama è il mio alter ego da quando avevo 14 anni, una storpiatura del mio cognome, ma mi è sempre piaciuto cantare”, dice la giovane rapper. Sin da bambina? “Sì, da bambina partecipavo alle gare di karaoke del mio paese, San Michele di Serino: ho anche vinto diverse coppe. E ricordo ancora che a 7 anni prendevo il telefono di mia madre e facevo dei video con delle canzoni inventate da me, delle specie di freestyle per il mio fratellino più piccolo: all’epoca aveva un anno e mi divertivo a farlo ballare. In sostanza la musica è sempre stata nella mia vita e ho sempre scritto, anche se fino a un certo punto senza un reale obiettivo”. Che cosa ascoltavi? “Da brava ragazzina bimbominkia sono stata una fan degli One Direction, poi un giorno sono andata con uno dei miei fratelli a un concerto di Salmo, Clementino ed Ensi e lì mi sono innamorata persa di Salmo, al punto che per un periodo ho sentito solo lui: conosco la sua discografia a memoria. Finché mi sono resa conto che la sua musica mi faceva stare bene, ma i suoi testi non parlavano di ciò di cui avevo bisogno io. […] Così ho iniziato a farlo io”» (Raffaella Oliva). «“È successo dopo una giornata difficile. Avevo 13 anni, ero uscita con un’amica e dei ragazzini si erano messi a lanciarmi addosso delle pietre urlandomi dietro ‘Cicciona, fai schifo’ e cose del genere. Tornai a casa distrutta, ma ai miei genitori non dissi nulla perché mi vergognavo. […] Ai tempi ero convinta che a essere sbagliata fossi io. Però quel giorno, dopo un bel pianto, presi una base triste su internet e buttai giù un pezzo, Charlotte, che per me è stato l’inizio di tutto. Anche se, il coraggio di pubblicarlo, l’ho trovato solo nel 2016”. Tre anni dopo? “Esatto, ce l’avevo solo nel cellulare e avevo persino pudore a sentirlo, perché è molto pesante: a 13 anni sei ancora una bambina e non è bello che una bambina scriva certe cose. Anche se nel testo parlavo in terza persona, in realtà era uno storytelling autobiografico: la protagonista di Charlotte è una ragazzina autolesionista che non riesce a confrontarsi col mondo e a fare nulla perché si sente sbagliata, giudicata, ha addosso un peso costante che alla fine la spinge ad ammazzarsi. È una traccia che amo ancor oggi, ma in quel periodo la sentivo solo tra me e me. È stata una delle mie migliori amiche che un giorno, dopo averla sentita ed esserne uscita pazza, ha deciso di farla ascoltare a uno dei rapper più noti ad Avellino”. E cos’è accaduto? “È finita che senza che fosse stata pubblicata la canzone ha iniziato a girare. Non dimenticherò mai una ragazza che una sera, in giro per Avellino, mi venne ad abbracciare in lacrime perché gliel’avevano fatta sentire e, essendo lei autolesionista, si riconosceva nelle mie parole. Mi chiese dove potesse riascoltarla e le dissi che non l’avevo mai buttata fuori, però proprio vedendo la sua reazione mi decisi e il giorno dopo lo feci, la misi online: era il primo settembre 2016. Da allora non mi sono più fermata, anche se fino al 2019 ho fatto tutto da sola”. Come? “Scrivevo i pezzi su strumentali pescate su internet, li registravo e pubblicavo online, facevo concerti e serate ad Avellino, cose piccole, ma mi piaceva. L’unico problema era che non stavo simpatica ai rapper locali. Adesso mi scrivono, ma prima…”. […] A Milano quando ti sei trasferita? “Nel 2018, perché immaginavo che qui avrei trovato contatti giusti nel mondo della musica. In realtà, finito il liceo scientifico ad Avellino, avevo fatto un test d’ingresso per la facoltà di Economia in Germania della Lidl: formano figure dirigenziali. Ci ho provato perché alle superiori ho studiato il tedesco e ho un buon livello, oltre che perché offrivano una borsa di studio ottima, mi avrebbero pagata 2.000 euro per studiare, solo che sono arrivata terza e hanno preso i primi due. Così sono entrata al Politecnico, comunque con una borsa di studio”. […] Cosa studi? “Urbanistica. Ma l’ho scelta solo perché il test d’ingresso era facile. […] Non mi piace studiare, ma devo: il sogno è di vivere di musica, ma se non dovessi riuscire almeno ho un piano B”» (Oliva). «Una carriera iniziata pubblicando le sue canzoni su YouTube e trasferitasi poi negli studi discografici: dopo alcuni singoli come Too much e Così leggera, del 2021, e collaborazioni con diversi artisti come Myss Keta, nel 2022, con la pubblicazione del primo album Next big thing, il suo nome inizia a diventare sempre più noto» (Andrea Pascoli). «C’è stato un episodio che può citare come momento di rottura? “I primissimi pezzi che ho caricato su YouTube mi hanno aiutata a uscire da quei pensieri negativi del tipo ‘tu nella vita non vali niente’, ‘tu non sei nessuno’ e mi hanno fatto capire che potevo prendermi il mio posto. Il brano Too much è stato decisivo, perché ho detto ciò che volevo dire, in maniera ironicamente diretta: ci sono delle cose che dico proprio in faccia e non le mando a dire. E ogni volta che canto quel pezzo mi libera, anche riguardare il video mi libera, perché ero stata truccata e vestita da persone a cui devo tanto, mi hanno fatto capire per la prima volta la mia bellezza, e oggi sono ancora con me. […] Quello è stato proprio il momento decisivo. Too much è stato anche un pezzo che ha avuto un grosso impatto sulla mia carriera: non mi ha cambiato la vita, […] ma sicuramente mi ha dato una posizione nel mondo della musica, è stata un’apertura anche dal punto di vista lavorativo”» (Alessandra Paudice). Il 1° maggio 2022 il primo grande palco. «“Mi gridavano ‘cicciona’, ora guardate quanto sono figa!”: l’esclamazione di BigMama, vittima di bullismo da ragazzina, al suo debutto sul palco del Primo maggio risuona fortissimo davanti ai 300.000 accorsi in piazza San Giovanni in Laterano a Roma. “Mai parlare male di qualcuno, poi magari te lo ritrovi che canta… sul palco del Concertone”, continua ironica, sorridendo, mentre esce di scena. Il pubblico, in coro, le canta Sei bellissima, il celebre brano di Loredana Bertè. Fasciata in un vestito aderentissimo dai toni color carne con pennellate scure, zeppe altissime, capelli biondo platino che paiono una scultura e un trucco futuristico, BigMama si è presa la sua rivincita» (Valeria Rusconi). «L’esibizione al Concertone l’ha spinta verso il successo. Cos’è cambiato da allora? “Mi sono resa conto che, a partire dal palco del Primo maggio, quando mi si dà la giusta importanza riesco a rendere e ricambiare la fiducia con la mia musica e le mie parole. Non tutti i musicisti emergenti riescono a trovare un metodo giusto per uscire fuori dall’anonimato. C’è chi ci riesce tramite canzoni virali sui social, e chi, invece, percorrendo la strada dei talent show. Io ad esempio non potrei mai esibirmi in un talent. Non fa per me. Ho avuto di certo l’opportunità di fare discorsi importanti davanti una platea vastissima. Mi sono presa le mie responsabilità. Ed è andata bene”» (Giuliano Delli Paoli). Il 10 febbraio 2023 il debutto sul palco del Festival di Sanremo nella serata del venerdì, invitata da Elodie per cantare insieme a lei American Woman. Vi fece ritorno l’anno successivo, questa volta in gara, col brano La rabbia non ti basta (attestatosi ventiduesimo su trenta). «Un pezzo duro, diretto, che, alternando la forza del rap alla libertà della dance, punta il dito contro bullismo e violenze (verbali e psicologiche), che lei stessa ha subìto e continua a subire sulla sua pelle. “Lo dovevo alla me bambina, che aveva paura a camminare per strada. Mi sarebbe piaciuto avere qualcuno ad aiutarmi, tra una famiglia ‘distratta’ e professori che mi prendevano in giro. Avrei fatto di tutto nel passato per proteggermi: nel testo parlo a cuore aperto a me stessa, ed è stato lenitivo. È un cerchio che si chiude”» (Claudia Fascia). «Per tanto tempo ho risposto all’odio con l’odio: la rabbia è una reazione naturale, credo. Stavo male e scrivevo di come mi sentivo. […] Oggi ho voluto dire che la rabbia non mi serve» (a Silvia Fumarola). Il brano è incluso nell’album uscito l’8 marzo successivo, Sangue. «Per me è un album fondamentale, nel quale parlo di esperienze di vita». Il 22 febbraio 2024 ha persino tenuto un discorso presso la sede centrale dell’Onu, a New York, rivolgendosi «dal podio dell’Assemblea generale a più di mille dei cinquemila studenti provenienti da tutto il mondo, e per metà dall’Italia, che partecipano a una serie di eventi organizzati a New York da United Network Europa, […] simulando il ruolo di delegati Onu per affrontare temi che vanno dal cambiamento climatico ai diritti civili. […] “Hi everyone”, aveva esordito dal palco l’artista, un po’ emozionata, accolta da un lungo applauso. Poi, in inglese, ha parlato della sua storia di vittima del bullismo, degli insulti per il fisico, le prime canzoni scritte a 13 anni, fino alla svolta» (Massimo Basile) • «Lei è anche una pioniera, in quanto prima artista italiana a essersi esibita nel metaverso. È questo il futuro della musica dal vivo? “Tenere un concerto nel metaverso è un’esperienza surreale. Ma i concerti dal vivo sono insostituibili. Esistono però persone che non possono andare ai concerti, per problemi fisici o altro. I live sul metaverso possono aiutarle e consentir loro in qualche modo di assistere a un concerto”» (Delli Paoli) • «La mia sessualità è aperta. Ho avuto uomini e quindi dico bisex, ma più vado avanti più mi pento di questa scelta» (a Simona Orlando). «Ho una bellissima fidanzata, Maria Lodovica Lazzerini, ed è l’autrice di La rabbia non ti basta: io scrivo i testi, lei è brava con le melodie» • «Per me […] il sesso è da sempre una magnifica ossessione. […] Alle superiori sognavo di diventare un giorno sessuologa e regalavo preservativi ad amiche e amici perché mi dava fastidio che non li avessero, che non prendessero precauzioni. Sono molto impegnata anche oggi in questo ambito. Che siano condom o sex toys, è importante proteggersi. E su TikTok mi diverto a smontare assurde convinzioni sessuali, come quella di essere schiacciati durante un rapporto con una persona obesa» • «“Ho avuto un linfoma a 20 anni, ho fatto dodici cicli di chemioterapia. […] Non penso che mi abbia cambiata per forza in meglio. Sono sopravvissuta: merito al 90% della chemioterapia e della mia voglia di vivere. Non ho mai avuto paura di morire: il tumore è stato una parentesi, ora faccio tutti i controlli. Allora nei video avevo i capelli lunghi: era una parrucca. Non volevo la compassione delle persone. Grazie al linfoma ho imparato a mettere me stessa prima degli altri» • «“A 13 anni mi hanno tirato pietre mentre passeggiavo. […] A 19 anni un ragazzo della mia residenza universitaria mi ha picchiata in ascensore perché gli avevo detto che, se era omosessuale, con me si poteva confidare. E poi l’episodio più triste della mia vita, a 16 anni”. Cosa le è successo? “Sono stata stuprata da un ragazzo in bagno. All’inizio mi vergognavo, adesso sono stanca. Voglio dirlo perché, se non ne parlo, questa storia muore con me”. […] Lei non parlò della violenza subita? “No. Temevo che la colpa venisse data a me. Non è che non abbia avuto il coraggio di denunciare: non ho avuto il coraggio di riconoscere quanto il fatto fosse grave, perché ero preoccupata per le conseguenze. Mi sono convinta che non era grave, per non affrontarle”» (Orlando) • «Ha fatto un percorso di accettazione? “Per forza. […] Ho capito che sono bella come sono: se sei la prima a non amarti, gli altri non ti ameranno. Il cambiamento è iniziato da una cosa che sembra un dettaglio e non lo è”. Racconti. “Sono partita per Milano con magliette XXXL, lunghe, larghe, mi coprivano fino a piedi, giubbotti giganti. Piano piano ho cominciato a comprare abiti che mi fasciavano, attillati, ho trovato il coraggio di mostrarmi: body e pantaloni a vita alta. Merito della forza che mi ha dato la musica e dei luoghi che mi hanno accolto. Ho iniziato ad andare nei locali gay, a Porta Venezia. In quei posti c’è così tanto amore che mi sono sentita a casa per la prima volta: non c’è spazio per l’odio”» (Fumarola). «La mia maestra di vita è stata la mia scrittura e la mia musica, che mi ha permesso di sfogarmi e avere soddisfazioni che mi hanno aiutato a pensare in positivo a me stessa» (a Giulia Taviani) • «Il fisico non cambia, ho vari problemi anche di tiroide, ma mi prendo cura di me, faccio sport, mangio sano» • Vari tatuaggi. «“Su una caviglia ho tatuato Charlotte, rappresentata con del filo spinato. Sull’altra invece c’è una catena che si spezza, che per me è il simbolo di Too much”. Cosa significano? “Che prima ero incatenata a una cosa che mi faceva male. Poi la liberazione dalle catene. Penso che il passaggio che c’è tra le due canzoni sia stato fondamentale sia a livello personale che artistico”» (Taviani) • «Ha un amuleto? “Mi sono tatuata degli occhi dietro la schiena contro il malocchio, per farti capire quanto sono scaramantica, così sono a posto e protetta”» (Paudice) • «Prima l’autoironia mi serviva per essere quella simpatica, quella che quando sentiva che nell’aria c’era una battuta in arrivo la faceva prima così nessuno poteva più dire niente. Adesso invece è un accessorio della mia personalità: io sono una ragazza molto ironica ma ho diminuito le battute autoironiche perché sono una difesa tossica, perché poi te ne convinci» (a Greta Valicenti) • «Prendere posizione, però, può essere un’arma a doppio taglio, osserva. “Può diventare un marchio da cui non ti liberi più. Ancora oggi escono titoli di giornale che recitano ‘La rapper della body positivity pubblica una nuova canzone’. Come se fossi in primis una persona grassa, e in seconda battuta facessi anche musica”. BigMama tiene a sottolineare che non si considera un’attivista della body positivity in senso stretto. “Per me l’attivismo si fa essendo: io vivo, canto, amo, ballo e vado in palestra essendo una persona grassa… […] I miei testi sono uno sfogo, cerco di non essere troppo retorica e di non censurarmi”» (Marta Blumi Tripodi). «Spesso mi accusano di proclamare che grasso è bello, ma io dico che grasso è normale. Il mio messaggio è: una persona come me può fare le stesse cose che fa la ragazza con un corpo magro» • «Ora, quando un bambino mi dice che da grande vuole diventare come me, mi emoziono. Perché un riferimento del genere, io, non l’ho mai avuto. Ma c’è da credere nei propri sogni» (a Chiara Dalla Tomasina) • «Per le aspettative ho una sola regola: cerco di non aspettarmi niente, cosi qualsiasi accada io sarò contenta!» (a Ernesto Assante).