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 2024  febbraio 17 Sabato calendario

Biografia di Aleksej Anatol’evič Naval’nyj

Aleksej Anatol’evič Naval’nyj (1976-2024). Attivista. Politico. Blogger. Uno dei più noti oppositori del presidente russo Vladimir Putin. «Era nato nel 1976, figlio di un tecnico militare e di una funzionaria di Stato, cresciuto in una guarnigione sperduta tra le campagne fuori dalla capitale. L’anagrafe ha la sua importanza. È stato il prodotto delle speranze tradite degli anni Novanta. Lui, infatti, si è sempre rivolto a quella generazione, rappresentata da sua figlia Dasha, che ha trascorso almeno la parte adulta della sua vita con Vladimir Putin. A chi al massimo aveva un vago ricordo dell’epoca sovietica, e non vagheggiava un ritorno alla potenza perduta. All’inizio è il ragazzo della porta accanto, dal sorriso e del curriculum occidentali. Si laurea in legge all’Università dell’Amicizia fra i Popoli, il più internazionale degli atenei sovietici. Proprio gli studi a Yale quale membro del “Greenberg World Fellows”, un programma creato nel 2002 per il quale venivano selezionati su scala mondiale potenziali “leader globali”, gli varranno in patria una prima incriminazione come agente straniero e presso alcuni media dello stesso Occidente il sospetto di esserlo davvero. A quel tempo, è già iscritto al partito di ispirazione liberale Yabloko, dove la sua dichiarata trasversalità è mal tollerata. Si dichiara apolitico, né di destra né di sinistra, disponibile a stare con chiunque purché contro Putin. L’importante è erodere il potere dal basso, consumarlo in ogni modo. La richiesta di autorizzare nel nome della convivenza pacifica la Marcia russa, una manifestazione dai contenuti xenofobi, gli vale la scomunica da parte dei liberali. Si mette in proprio. Risalgono al biennio 2006-2008 i video che lo ritraggono mentre balla tra manifesti di terroristi ceceni e immagini di armi da guerra. Insieme alla sua benedizione all’intervento russo in Georgia, verranno usati dal Cremlino per sussurrare all’esterno una accusa di nazionalismo che convincerà persino Amnesty International a privarlo dello status di prigioniero di coscienza. Sono peccati di gioventù e di un personaggio ancora in cerca d’autore, dai quali rinsavisce ben presto» [Marco Imarisio, CdS]. «Tutto ha inizio intorno al 2010, quando Navalny, espulso quattro anni prima dal partito Yabloko per aver partecipato a una manifestazione ultranazionalista, crea la sua piattaforma contro la corruzione. Da quel momento, l’attivista, […], inizia a diventare il fustigatore del sistema putiniano, e ambisce a un ruolo politico distinto dal mondo della destra radicale. La sua lotta lo porta a essere tra i leader delle proteste contro il presidente russo. Ed è qui che la sua carriera politica si lega a doppio filo alla repressione giudiziaria. La prima condanna arriva appena dopo avere annunciato la candidatura alle elezioni di Mosca nel 2013. Qui ottiene il secondo posto con il 27 per cento dei consensi e accusa il vincitore, Sergej Sobyanin, di brogli. Ma la sconfitta si rivela in realtà un clamoroso successo di immagine, tanto che inizia a essere considerato sempre di più come l’unico vero rivale mediatico di Putin. Continuano intanto i processi, in particolare quello sul caso Yves Rocher. Udienza dopo udienza, il sistema russo fa capire a Navalny di essere un problema. Ma questi processi, paralleli alle sue accuse contro Putin e il movimento Russia unita, definito il “partito dei ladri e dei truffatori”, lo rendono un personaggio sempre più famoso nel mondo. Nell’agosto del 2020, il dramma dell’avvelenamento. Sul volo da Tomsk a Mosca ha un malore e l’aereo compie un atterraggio d’emergenza a Omsk. Viene ricoverato d’urgenza e salvato, e la Germania chiede che venga trasferito a Berlino. Il Cremlino accetta, e i medici tedeschi non hanno dubbi: l’intossicazione è per il Novichok, il marchio di fabbrica dei servizi russi. All’inizio del 2021, Navalny decide di tornare a Mosca, ma viene fermato all’aeroporto e condannato a due anni e otto mesi per avere violato le condizioni per la sospensione della pena. Per lui si aprono per sempre le porte del carcere. Condannato nel 2022 a 11 anni per appropriazione indebita, le sue organizzazioni vengono dichiarate “terroriste” e ad agosto 2023, Navalny è punito a 19 anni di reclusione per attività “estremiste”. Il dissidente ascolta la sentenza nella colonia penale di Melekhovo. Il 26 dicembre, dopo che era scomparso per 20 giorni, gli avvocati lo ritrovano a Kharp, dove in questi giorni scontava l’ennesimo periodo di isolamento» [Lorenzo Vita, Mess]. «Secondo i medici che hanno tentato di rianimarlo, il decesso è stato causato da una trombosi «dopo una passeggiata», come viene definita in Siberia l’ora d’aria al gelo. Secondo la famiglia e molti leader occidentali si è invece trattato di un assassinio il cui mandante è Putin» [Sabadin, Mess]. «Ora tenteranno di infangarlo, già lo stanno facendo, la disinformazione russa è molto organizzata e articolata. Diranno che era uno sciovinista, mica un santo. Un estremista, un matto, che aveva pure lui i suoi scheletri nell’armadio, in fondo li hanno tutti, no? Ma non lasciatevi ingannare. Aleksei Anatolevich Navalny è un eroe. Da eroe ha vissuto, e da eroe è morto. In tanti dicono di essere pronti a morire per la patria; e fin qui è retorica. Ma quando si muore davvero, nelle carceri siberiane del tiranno, non è retorica; è carne e sangue. In tanti tengono gli oppositori in galera, al mondo ci sono più dittature che democrazie. Ma pochi dittatori combattono guerre d’aggressione come quelle scatenate da Putin in Georgia e in Crimea, pochi hanno massacrato sistematicamente interi popoli come ha fatto Putin con i ceceni. Ma i ceceni sono musulmani, e la Georgia è lontana. Poi Putin ha aggredito l’Ucraina, ai confini dell’Europa, imprimendo una drammatica escalation a un confitto che esisteva già. Di Navalny diceva: “Se l’avessi fatto avvelenare io, sarebbe morto”. Ora è stato accontentato» [Cazzullo, CdS]. Aveva 47 anni.
«A Mosca, quando si è diffusa la notizia della morte, centinaia di mazzi di fiori sono stati deposti dalla gente allo Solovetsky memorial, che commemora le vittime della repressione di Stalin. I fiori erano così tanti che hanno ricoperto il monumento. Ma Putin tace: dal 15 al 17 marzo ci sono le elezioni che lo confermeranno al potere per il quinto mandato. Presto batterà Stalin come il leader più longevo della Russia, e forse anche come il presidente con meno oppositori ancora in vita» [Vittorio Sabadin, Mess].