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 2024  febbraio 10 Sabato calendario

Biografia di Gordon Lish (Gordon Jay L.)

Gordon Lish (Gordon Jay L.), nato a Hewlett (New York, Stati Uniti) l’11 febbraio 1934 (90 anni). «Il despota delle lettere». «Il fabbro della narrativa». «Lo scultore della prosa altrui». «In Italia lo conoscono in pochi. Negli Stati Uniti invece è qualcosa a metà fra la leggenda e il guru» (Luigi Mascheroni, Giornale 8/11/2008) • Il più grande editor della letteratura americana contemporanea: ha scoperto Cynthia Ozick (n. 1928), David Leavitt (n. 1961), Don De Lillo (n. 1936), Barry Hannah (1942-2010), Joy Williams (n. 1944), e ne ha rimaneggiato i manoscritti per trasformarli in best-seller • Famoso per la durezza con cui lavorava sui testi degli autori, tagliati con una ferocia tale da farli diventare un’altra cosa. «Non si capisce perché nel cortile di ogni sede editoriale non trionfi, a monito, una statua dedicata a Gordon Lish a cavallo con le cesoie» (Marco Archetti, Foglio 29/10/2022) • Celebre anche per aver lanciato Raymond Carver (1938-1988). «Lish lavorò d’accetta sui suoi primi racconti, correggendo e tagliando senza pietà, riscrivendo dialoghi, cambiando finali, sopprimendo interi brani, imponendo uno stile asciutto, freddo, disadorno, minimale» (Mascheroni). Infinita discussione, nel mondo letterario, per stabilire se la grandezza di Carver sia da attribuire al talento innato di Carver stesso o alla rielaborazione di Lish • Chi ha ragione? Difficile dirlo. Stephen King parla del lavoro di Lish come di «un grande imbroglio». Richard Ford, anche lui passato per le sue temibili cesoie, lo definisce «un brutto bugiardo figlio di puttana». La poetessa Tess Gallagher, vedova di Carver, lo accusa di aver stravolto il senso stesso dell’opera del marito: ma quando, nel 2008, in preda a una furia vendicatrice, decise di dare alle stampe la versione originale non-tagliata di alcuni suoi racconti, la New York Review of Books ebbe a commentare: «La pubblicazione non ha reso alcun favore a Carver. Piuttosto, innavertitamente, ha messo in luce il genio editoriale di Gordon Lish».
Titoli di testa «Tutto è iniziato qualche mese fa, ad agosto. Compro il New York Times e ci trovo il Magazine con in copertina un bellissimo ritratto fotografico di Raymond Carver. Occhi fissi nell’obbiettivo ed espressione impenetrabile, esattamente come i suoi racconti. Apro la rivista e trovo un lungo articolo firmato D.T. Max. Diceva cose curiose. Diceva che da vent’anni circola una voce, a proposito di Carver, e cioè che i suoi memorabili racconti non li abbia scritti lui. Cioè, per essere precisi: lui li scriveva, ma il suo editor glieli correggeva così radicalmente da renderli quasi irriconoscibili. Diceva l’articolo che questo editor si chiamava Gordon Lish, anzi si chiama, perché è ancora vivo, anche se di questa storia pare non parli volentieri. Poi l’articolista diceva che gli era venuta voglia di controllare cosa ci fosse di vero, in questa specie di leggenda metropolitana…» (Alessandro Baricco, Rep 27/04/99).
Vita Gordon è figlio di Philip e Regina Lish. Il padre è titolare di una piccola azienda che produce cappelli. Vero cognome: Lišnofsky. Il classico caso di famiglia ebraica originaria dell’Europa dell’Est e emigrata in America • Nato e cresciuto a Long Island, appena fuori New York City, nella zona in cui, anni dopo, sorgerà l’aeroporto John F. Kennedy • Gordon dimostra subito talento per le materie umanistiche. Lo mandano alla Phillips Academy, prestigiosa scuola privata di Andover, Massachusetts, ma a quindici anni litiga con un compagno antisemita e viene espulso • A diciannove anni, seri problemi di salute. Soffre di psoriasi, per curargliela lo sottopongono a una cura sperimentale a base di ormoni adrenocorticotropi. Il cocktail di farmaci gli provoca una crisi ipomaniacale, e sono costretti a ricoverarlo all’ospedale psichiatrico di Bloomingdale, White Plains, New York. È lì che fa amicizia con Hayden Carryth, antropologo e critico letterario, tredici anni più vecchio di lui, anche lui malato di mente, che lo introduce alla poesia • Giovinezza rocambolesca. Conduce un programma alla radio. Dirige una rivista letteraria d’avanguardia, la Genesis West. Diventa traduttore dal tedesco. Si trasferisce prima in Arizona, poi in California (il clima mite di quelle regioni dà giovamento alla sua psoriasi). Si sposa, e ha tre figli. Per un periodo fa l’insegnante (tra i suoi allievi il futuro biologo J. Craig Venter, che lavorerà al Progetto Genoma Umano), ma viene licenziato (la sua storia finisce in un articolo del giornale The Nation, intitolato L’Uomo che insegnava troppo bene) • «Nel 1969, praticamente senza un curriculum alle spalle, riesce a farsi assumere dalla rivista Esquire come editor della fiction. Pare che fosse stato scelto per merito di una lettera di accompagnamento particolarmente ispirata, in cui prometteva che avrebbe portato sulla rivista “la nuova letteratura americana”. Fu di parola. Pubblica racconti di Carver, Richard Ford, Cynthia Ozick, DeLillo, T. C. Boyle, Alexander Theroux e molti altri, facendo di Esquire la rivista da leggere per ascoltare la voce della nuova America. Ed è una voce che Lish contribuisce a plasmare in prima persona» (Francesco Guglieri, Tuttolibri 8/10/2022). Adotta il nom de plume di Captain Fiction. Anni d’esercizio hanno aggiunto al suo talento eclettico una profonda cultura e la conoscenza minuziosa dello stile di ogni autore • Nel ’77, quando sulla sua rivista esce un suo racconto anonimo, molti lo attribuiscono nientemeno che a J.D. Salinger, autore del Giovane Holden. Lish è costretto ad ammettere che si tratta solo di una parodia. «Esquire era in crisi. Il direttore aveva supplicato noi editor di escogitare qualcosa di straordinario per salvare la rivista […] Tornai a casa mezzo ubriaco, mi sedetti alla Selectric e in due ore scrissi A Rupert, senza promettere niente. Si scatenò un putiferio. Molti credettero che fosse davvero Salinger, altri che fosse Updike che imitava Salinger. La notizia finì in prima pagina […] Quel numero di Esquire andò a ruba» (Leonardo Luccone, Rep 12/12/2022) • La carriera di Gordon decolla: orma s’è fatto un nome nell’ambiente. Dal ‘77 al ‘95 è direttore editoriale della Alfred A. Knopf, celebre casa editrice newyorkese. Trova il tempo per fondare e dirigere un’altra rivista-culto, The Quarterly, uscita dalla primavera dell’87 all’autunno del ’95. Come se non bastasse, mette a frutto anni di lavoro sui testi altrui come insegnante di scrittura creativa: prima a Yale, poi alla Columbia, poi alla New York University. «I suoi corsi sono leggendari: una lezione poteva durare anche sei ore del suo ipnotico e seducente eloquio, sei ore in cui un giovane dalle aspirazioni letterarie veniva esposto senza protezioni al carisma seducente e quasi manipolatorio di Lish, colui che, se incontravi la sua approvazione, poteva farti passare in un secondo dalla condizione di sconosciuto a quella di autore pubblicato, di scrittore. “Dovete sedurmi, diceva ai suoi studenti, dovete sedurmi perché io vi veda, vi riconosca, vi dica chi siete» (Guglieri). Sulle sue lezioni cominciano a circolare aneddoti e leggende. Si dice che Lish sia capace di parlare fino a dodici ore di fila senza interruzioni. Si citano le sue massime, ripetute ossessivamente in aula: «Onora il tuo scopo», «L’unico premio per uno scrittore è la possibilità di scrivere la frase successiva», «Dobbiamo sempre sentirci sulla soglia del nostro più grande inizio», «Dammi una frase che sia vera» (Mascheroni). I seminari gli permettono di viaggiare in lungo e in largo attraverso l’America, e di scoprire nuovi talenti. Quando li scova, li pubblica sulla sua rivista. Poi trasforma i loro in prodotti di successo per la sua casa editrice. E qui veniamo alla vicenda che lo lega al più famoso dei suoi autori • «Lish aveva incontrato Raymond Carver nel 1967 e quando, due anni dopo, era diventato capo della cultura all’Esquire, aveva lanciato lo sconosciuto e squattrinato scrittore nel cui talento aveva subito creduto. E continuò a farlo quando, nel 1977, fu assunto come editor dal prestigioso colosso Knopf. Ma fin dall’inizio Ray capì che il suo mentore l’avrebbe aiutato solo se avesse assecondato in tutto e per tutto i suoi capricci. “Lish tagliò fino all’osso le sue storie” nota il New Yorker “sviluppando un’estetica inconfondibilmente disadorna, laconica e quasi minacciosa […]”. Carver accettò, spesso incoraggiandola, la scure di Lish, fino all’estate del 1980. Quando, in una appassionata lettera, implorò l’editor di fermare subito la pubblicazione di Di cosa parliamo quando parliamo d’amore. “Se il libro uscirà nella sua versione tagliata e corretta non scriverò mai più una riga”, lo avverte, confessando il timore di ripiombare “nei giorni neri dell’alcolismo e della depressione”. “In gioco è la mia stessa sanità di mente”, scrive. Ma il suo grido disperato cadde nel vuoto. “Lish disponeva di un potere assoluto sull’opera e andò avanti per la sua strada, senza rimorsi”. Il dispotico editor era convinto che, senza di lui, Carver non sarebbe mai diventato Carver e sembrava godere di quella dinamica di controllo quasi sadica» (Alessandra Farkas, CdS 8/10/2008) • Racconta Riccardo Duranti, traduttore italiano, amico e grande conoscitore di Carver: «Lish era stato molto importante per lui. Gli aveva fatto pubblicare i primi racconti su Esquire, lo aveva aiutato a uscire dal pozzo dell’alcolismo. Ma, pur essendogli assai grato, […] quando aveva visto quello che stava facendo ai racconti della raccolta Di cosa parliamo quando parliamo d’amore si era arrabbiato a tal punto da ritirare il suo consenso. Lish li fece uscire lo stesso, nonostante il divieto. Un redattore di Esquire mi confidò in seguito di aver non poco ammirato il coraggio di Carver: non erano molti quelli che osavano sfidare Lish» • Corre l’anno 1981. Di cosa parliamo quando parliamo d’amore esce nella versione tagliata, riveduta e corretta. All’inizio i rapporti tra editor e scrittore si raffreddano. Carver vuole smettere di scrivere. Quel che non immagina è che il libro avrà un successo clamoroso • Di cosa parliamo quando parliamo d’amore è osannato come un capolavoro. Boom di vendite. I critici lo paragonano a Ernest Hemingway. La New York Times Book Review gli dedica la prima pagina, cosa rarissima per una raccolta di racconti, lodando «la maestria con cui Carver ha saputo ridurre la storia e le parole al minimo essenziale» e salutandolo come «il capostipite del minimalismo letterario americano» • «Ray si sentiva in colpa per non essere stato capace di proteggere il proprio lavoro» racconta Tess Gallagher, vedova dello scrittore. «Era fragile, debole e timoroso di ricadere nell’alcool. Se avesse detto la verità, temeva che amici e colleghi non avrebbero creduto che era lui l’autore di quei libri. Dovette concedere numerose interviste per difendere ciò che considerava l’opera di un altro. E più tardi, quando finalmente scaricò Lish, dovette continuare a recitare la parte spiegando la sua presunta svolta stilistica verso un’espressione più piena e meno rarefatta, dovuta al bisogno di cambiare direzione dopo il periodo minimalista» • Per anni, nell’ambiente letterario, si parla dei rapporti tesi tra Lish e Carver. La vicenda diventa di dominio pubblico solo nel 1998, quando D.T. Max, un giornalista del New York Times, viene a sapere di queste voci. «Mex aveva deciso che occorreva saperne di più. E così aveva preso ed era andato a Bloomington, nell’Indiana, in una biblioteca a cui […] Lish ha venduto tutte le sue carte, dattiloscritti di Carver compresi, con tutte le correzioni. È andato e ha guardato. Ed è rimasto di stucco» (Alessandro Baricco, Rep 27/04/99) • Il giornalista, molto americanamente, mette a confronto il manoscritto con la versione pubblicata e calcola la percentuale della differenza. Scopre che Gordon Lish ha tolto quasi il 50% del testo originale. E che in dieci racconti su tredici, il finale era diverso • La scoperta solleva uno dei casi tipici con cui d’estate si riempiono le pagine culturali dei giornali. Stephen King, spietato: «Finora pensavo che la svolta della mia carriera fossero quei 2.500 dollari di anticipo che ricevetti per Carrie. Ora invece temo che sia stato il fatto che non mi venne assegnato Gordon Lish come editor». Tess Gallagher, la vedova, si imbarca in un’appassionata crociata per rendere giustizia alla memoria del marito: «Ray non era affatto un minimalista e anzi odiava quell’etichetta». Dalla casa editrice Knopf si replica: «Se Carver avesse veramente voluto pubblicare l’originale, l’avrebbe fatto». La Gallagher contro-ribatte: «La verità è che Ray non possedeva più i manoscritti. Nell’era pre-computer, gli scrittori dovevano richiedere ufficialmente all’editore la restituzione dei loro testi originali. E Ray non lo fece». Il New Yorker fa luce sull’aspetto psicologico della vicenda: «Dopo anni di bancarotta, povertà e malattie, Carver era felice dell’improvvisa fama, che lo spinse a nascondere l’ambivalenza covata nei confronti di Lish» • Ma insomma, al di là di tutto, la questione rimane ed è importante: è lecito o no rimaneggiare il lavoro di uno scrittore? Giuseppe Culicchia, sulla Stampa, scrive: «Rivedere, correggere, e spesso addirittura tagliare fa parte del lavoro degli editor. E vale la pena ricordare che, per rimanere in ambito americano, anche Hemingway o Fitzgerald hanno avuto a che fare con la matita rossa di Maxwell Perkins». Alessandro Baricco non è d’accordo: «Il lavoro di Lish non è […] semplicemente un accurato e ipertrofico lavoro di pulizia: le sue correzioni, oltre a tagliare, costruivano uno stile, aggiungevano frasi, cambiavano i finali, modificavano i personaggi. Benché le storie e l’approccio iniziale fossero genuinamente carveriane, lui portò in quel libro una genialità, una radicalità e un’audacia che gli varrebbero quasi lo statuto di co-autore. Per questo il caso di quel libro è pressoché unico, e infinitamente curioso: sarebbe come scoprire che Moby Dick, prima dell’intervento di un editor, era lungo la metà, non era un racconto in soggettiva da Ishmael, non prevedeva nessuna enciclopedia sui cetacei e alla fine la balena perdeva. Sono colpi…». Anche Riccardo Duranti, il traduttore italiano di Carver, dice che qui più che di editing stiamo parlando di un vero e proprio stravolgimento: «Un lettore che veramente ama Carver, capisce anche da solo se il Carver che sta leggendo è Carver al cento per cento o ritoccato. Nei racconti autentici c’è sempre, pur nella disperazione, uno spiraglio di speranza per i poveri diavoli che vi recitano. Lish quella speranza la toglie. Nell’originale de Il bagno […] il pasticciere, offrendo il pane ai genitori del bambino morto, ci dice che gli uomini devono cercare di aiutarsi nella loro sventura». Ancora Baricco: «Il punto che a me sembra più interessante è scoprire che uno dei massimi modelli della cultura narrativa contemporanea era un modello artificiale. Nato in laboratorio» • Nel 2008 la vedova decide di dare alle stampe la versione originale dei racconti. Il nuovo titolo è Beginners, diventa uno degli eventi editoriali più importanti degli ultimi anni. Le case editrici all’inizio fanno quadrato contro la Gallagher, tacciata di essere «una pazza, fissata di riscrivere la storia della letteratura». Lei ribatte: «Ho osato ribellarmi ai colossi Knopf e ICM», e spiega: «L’industria newyorchese del libro è chiusa e protezionista e mi ha fatto la guerra». «Il lettore scoprirà l’umanità, in gran parte amputata, dei suoi personaggi e vedrà la generosità e calore dei suoi sentimenti. È stata la macchina editoriale, a trasformare in minimalista uno scrittore come lui: cechoviano e dalla prosa ampia e oceanica». E se alla fine qualcuno preferirà la versione di Lish all’originale? «La cosa non mi preoccupa e anzi voglio che nelle scuole si studino entrambe, una accanto al l’altra. Lo stesso dovrebbe accadere a tutti gli autori censurati nella storia della letteratura mondiale» (Farkas) • «Certo, sarebbe bello poter sentire direttamente Carver: è probabile che racconterebbe qualcosa di interessante, senza nessuna revisione, correzione, o amputazione da parte di Gordon Lish o di altri. Lui, però, riposa in pace: e di sicuro continuerà a farlo» (Culicchia).
Amori Prima moglie: Loretta Frances Fokes, impalmata nel 1954, madre di Jennifer, Rebecca e Ethan Lish. I due divorziarono nel 1967.
Amori/2 Seconda moglie: Barbara Works, sposata nel 1969, madre di Atticus Lish.
Figli Atticus Lish, vita segnata dal peso di un genitore ingombrante. Laurea in matematica ad Harvard, poi servizio nei marines, poi gli allenamenti di jiujitsu nelle palestre di New York. «Volevo distanziarmi il più possibile dal mondo di mio padre». Alla fine non riuscì a scampare al suo destino e divenne scrittore a sua volta, nonostante il padre l’avesse sempre scoraggiato. «Passo ogni giorno della mia vita facendo l’opposto di quello che lui ha fatto per troppo tempo, e spero di riuscirci. C’è sempre un elemento ironico nella vita: mi ha migliorato grazie al suo modo di essere deprecabile». Ha appena chiamato suo padre per nome, Gordon: non si rivolge a lui come papà? «Lo facevo da piccolo, ora per me è solo Gordon» (Antonio Monda, Stampa 4/6/2022).
Curiosità Abita a New York, dove conduce una vita riservatissima • Concede pochissime interviste • Sotto il suo nome sono apparsi più di una dozzina di libri, tra cui i più celebri sono i romanzi Dear Mr Capote (1983), Peru (1986) e Zimzum (1993), che gli hanno fatto guadagnare un piccolo ma appassionato seguito • Sua figlia Rebecca, malata di sclerosi laterale amiotrofica, è morta nel 1994. La sua storia è finita nel romanzo Epigraph (1996) • I detrattori lo hanno soprannominato «Termin-editor» • Don De Lillo ha dedicato a lui Mao II (1991) • Non ha mai voluto mettere per iscritto le sue regole per scrivere bene • Riguardando indietro alla sua carriera, dice con orgoglio: «Sono stato licenziato da tutti i posti in cui ho lavorato» • È rimasto amico di Hayden Carryth, il poeta pazzo che gli aveva fatto da mentore all’ospedale psichiatrico di Bloomingdale, fino alla morte di lui, nel 2008 • «Carver? Voglio chiudere una volta per tutte questa assurda confusione. Non c’è spazio per le speculazioni. Ogni dettaglio sull’editing è nei fogli dell’Archivio Lish presso la Lilly Library dell’Indiana University a Bloomington» • «Sa cosa ho fatto? Ho trasmutato l’effimero in qualcosa di durevole, bello e potente. Non c’è nient’altro di rilevante da dire, nessuna critica da fare, nessun brontolio che meriti un rimprovero».
Titoli di coda Ogni 2 agosto, nell’anniversario della morte del marito, Tess Gallagher si reca sulla sua tomba a Port Angeles, cittadina di 18 mila anime a picco sull’Oceano Pacifico. «Prima di morire, dovevo fare ciò che lui mi aveva chiesto: aiutarlo a strappargli di dosso l’odiosa etichetta di minimalista. Ci sono riuscita» (Farkas).