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 2024  febbraio 26 Lunedì calendario

Biografia di Alba Rohrwacher

Alba Rohrwacher, nata Roma il 27 febbraio 1979 (45 anni). Attrice. David di Donatello per Giorni e nuvole di Silvio Soldini e per Il papà di Giovanna di Pupi Avati (il film le valse anche un Globo d’oro come miglior attrice rivelazione). Nastro d’argento per La solitudine dei numeri primi e Perfetti sconosciuti, Coppa Volpi per Hungry Hearts.
Titoli di testa «Ho dei bei piedi».
Vita «Da uno a quattro anni non mi volevo vestire. Poi dai dieci ai diciassette sono diventata estremamente pudica. Il corpo lo uso in sottrazione» • Il cognome tedesco è dovuto al padre Reinhard, un apicultore di Amburgo che ha sposato una donna di Castel Giorgio, in provincia di Terni. «Sono italo-tedesca», racconta Alba, «e sono cresciuta a Poggio del Miglio, in Umbria, ma ho per la Germania un’attrazione ancora infantile, legata agli odori, ai suoni delle parole che non capivo quando, da bambina, andavo lì» [Antonio Monda, Specchio] • «Ricordo il giorno in cui è nata Alice, la scala dell’ospedale, i piedi di mia mamma che mi aspettava alla fine della scala, la porta dietro la quale sapevo avrei incontrato mia sorella. Ricordo che ho abbassato lo sguardo e ho visto i due fiori ricamati sulla pettorina del mio vestito, uno giallo e uno rosso. L’arrivo di questa sorella era un evento sconvolgente nella mia vita e forse non avevo il coraggio di salire quelle scale e scoprirla. Un altro ricordo è legato ad una fotografia in cui Alice aveva due anni, su un passeggino. Ricordo la passeggiata in cui fu scattata: lei che si emozionava guardando i fiori secchi, la sterpaglia autunnale, quasi le si mozzava il respiro. Pensavo “cosa ci vedrà mia sorella in questo seccume?”» [ad Arianna Finos, Rep] • «Da ragazzine io e mia sorella guardavamo poca tv. Soprattutto i film di Bud Spencer e Terence Hill, io tifavo Bud Spencer, Alice per Terence Hill. Siamo cresciute in campagna, nella cittadina più vicina, Orvieto, c’era un’unica sala. Il vero incontro con il cinema è stato negli ultimi anni di liceo. Andavamo a ogni rassegna o cineforum, senza pensare di poterci entrare dentro» [ad Arianna Finos, Rep] • «Sono entrata nell’adolescenza molto in ritardo, a 15 anni ero ancora una bambina, diciamo che la metà degli Anni 90 ha coinciso, per me, con il momento del passaggio da ragazzina a adolescente. Proprio oggi mi è capitato di ripensarci, sono venuta in campagna da mia sorella Alice, nella casa dove sono cresciuta, e sua figlia ha ritrovato un mio piccolo diario, scritto proprio nell’inverno del 1994. In questo diarietto parlavo di una domenica come tante, dicevo che ero a casa con mio padre e mia sorella, che c’era un po’ di neve. La nostra è stata una vita di campagna che ha anche a che fare con il sentimento della noia, una vita operosa d’estate che, poi, d’inverno, comporta una specie di letargo. Io mi mettevo a scrivere e a disegnare, cercavo modi per passare il tempo. In questo, forse, c’è un parallelo con i ragazzi di Magari, che pur nella noia di una vacanza forzata, trovano la loro vitalità, lanciandosi in quelle piccole avventure che a quell’età sembrano incredibili e che poi, guardate da lontano, fanno sorridere per la loro ingenuità. Le ho vissute anch’io, allo stesso modo» [Caprara, Sta] • Una che ha passato la sua adolescenza in Umbria vicino a Orvieto, in campagna, dove il padre ex violinista aveva messo in piedi un’attività d’apicultore, «e dove a forza di imbattermi ogni estate in un circo francese ambulante mi viene voglia di fare l’acrobata». Una che a diciassette anni è tornata a Firenze a studiare, a fare l’università, «Medicina», frequentando anche una scuola teatrale «dove debutto impersonando Sigismondo ne La vita è sogno di Caldéron de la Barca», per poi decidersi di venire a Roma, a giocare una carta al Centro sperimentale di cinematografia: «Mi ammettono, e apprendo cose essenziali come la disciplina, il mettere forza nei ruoli» [Rodolfo Di Giammarco, Rep] • Lei ha detto che gli inizi non sono stati facili e in tanti hanno cercato di scoraggiarla. «Kate Winslet ha raccontato di come alcuni insegnanti l’avessero scoraggiata. Anche io ho incontrato persone che mi avevano fatto capire che non c’era spazio per me, per la mia fisicità fuori dagli schemi, nel cinema italiano. A vent’anni, quando cercavo un agente, in un paio di occasioni la risposta fu la stessa: non ero fatta per il cinema». Come reagì? «Uscita da un incontro ho guardato la gonna bianca che avevo comprato per l’occasione. Ho questa immagine: il mio sguardo che si abbassa, probabilmente piangevo. Ma il pomeriggio sono andata a teatro, dove stavo provando uno spettacolo, e ho capito che la mia gioia era lì. Un lavoro, anche se piccolissimo, lo avevo. E quello mi bastava» [Cappelli, cit.] • «Alice è il legame più profondo della mia esistenza, nutrito da tante cose, cui, a un certo punto, si è aggiunta la possibilità di lavorare insieme. Un’opportunità scoperta in età adulta, che, come sorelle, ci ha rese ancora più solide. Avere una sorella, dei fratelli, è una fortuna» [Caprara, cit.] • «Con mia sorella abbiamo litigato tanto – per cose banali, magari per i vestiti – ma siamo state sempre unite. Nel suo primo film, Corpo celeste, c’è una scena che mi emoziona molto. La sorella grande maltratta continuamente la piccola, ma, quando sente una donna spettegolare su di lei, la spintona in modo violento e le dice: "Non si parla male di mia sorella". Mi riconosco in questa dinamica: morirei per lei, è sangue del mio sangue» [Faillaci, Vanity] • Il debutto cinematografico avviene nel 2004 nel film di Carlo Mazzacurati, L’amore ritrovato La sua prima volta al Lido? «Era il 2004, avevo partecipato a un corto di Soldini e a L’amore ritrovato di Mazzacurati. Arrivai con un’amica e non so come mi ritrovai sul tappeto rosso alle tre del pomeriggio, tirandomi dietro il trolley. Non riuscivamo a trovare l’uscita e l’abbiamo percorso fino in fondo. Una scena assurda, goffa, da film. Per fortuna il tappeto era ancora deserto e pochi notarono le due ragazze con la valigia, finite per l’emozione dove non sarebbero dovute essere» [Valerio Cappelli, Cds] • Nel 2005 è nella commedia Kiss me Lorena del gruppo I Licaoni. Dopo aver lavorato nel film Melissa P. e in 4-4-2 - Il gioco più bello del mondo di Claudio Cupellini, nel 2007 si fa notare nel film di Daniele Luchetti Mio fratello è figlio unico: qui interpreta la sorella di Elio Germano e Riccardo Scamarcio, con il quale ha studiato ai tempi del Centro Sperimentale. Nel 2008 vince il David di Donatello come migliore attrice non protagonista. Tra il 2008 e il 2010 prende parte a film come Il papà di Giovanna di Pupi Avati, Io sono l’amore di Luca Guadagnino e Cosa voglio di più di Silvio Soldini. • «Pallida, delicata, Alba è un volto nuovo, un talento già entrato “nel mirino” dei nostri registi, da Anna Negri ad Avati, e nel rinascente star system di casa nostra può rivendicare un posto di tutto rispetto» [Gloria Satta, Mess] • «Quarantotto chili. La pelle che è una porcellana delicata. Neanche un filo di trucco. Tacchi zero. Un viso botticelliano. Un corpo alla Balthus. La voce delicata che-non-sai-se-è-timida-o-ha-le-corde-così. Quel naso. Una bellezza non italiana. Una somiglianza folle e allampanata con Monica Vitti giovane [Di Giammarco, cit.] • «Quando per La solitudine dei numeri primi Saverio Costanzo m’ha chiesto di modificare il mio corpo, e ridurlo, dimagrendo d’una decina di chili, arrivando a pesarne quaranta. Mentre non mangiavo e seguivo le istruzioni del dietologo, ho avvertito un senso pericoloso e affascinante di invulnerabilità, quel qualcosa che porta all’anoressia». Il radicale cambiamento anatomico ha messo in moto, in una donna-scricciolo come lei, anche una metamorfosi di dentro. «Partendo da questo lavoro fisico estremo, ho capito meglio l’interiorità del personaggio, l’Alice raccontata da Paolo Giordano nel romanzo, e alla fine dell’avventura ricordo che una cara amica m’ha fatto notare che mi era cambiato lo sguardo». Lo sguardo di Alba trae in inganno, facendo sempre chiamare in causa la timidezza. «Non è che non conosca l’opposto, l’irriverenza, la rabbia. Certo, sono molto riservata e questo atteggiamento viene frainteso: il fatto è che quando provo un senso di inadeguatezza, di disagio, faccio un passo indietro e osservo». Non perde mai il controllo? «Sì, anche spesso, e mi accade con le persone a cui voglio molto bene. Qualche giorno fa, tornata in Umbria nella casa dove vive ancora la mia famiglia, un amico ha detto che per me un’importante scuola di recitazione e di emozione è stata la libertà con cui io mi sono espressa davanti ai miei, arrivando a dire le cose senza reprimermi» [Di Giammarco, cit.] • «Non ho la tv in casa. Ma non per scelta ideologica. Non è stata una priorità, ho preferito lo stereo e il computer. Non escludo di comprarla in futuro per vedere Blob e i film su Sky» • Nel 2013 è in Via Castellana Bandiera fa l’illustratrice quindi disegna chiunque le capiti a tiro. Premio Pasinetti a Venezia • Ha vinto la Coppa Volpi. «Nel 2014 con Hungry Hearts, è forse la prima volta in cui sono stata capace di gioire “senza ombre”, sono stata davvero felice e non ho avuto paura di esserlo. Non mi sono sentita inadeguata o sbagliata. Piena di gratitudine per un film a cui avevo lavorato con amore, diretta dal mio compagno, Saverio Costanzo» [Cappelli, cit.] • «“Oggi se fai l’attore, ma non sei depresso, non vai dallo psicanalista, non ti dai un tono o non hai drammi intellettuali, non sei nessuno” dice la grande Virna Lisi in un’intervista a Malcom Pagani e Fabrizio Corallo. Magari la Lisi non ci pensava; ma viene in mente inevitabilmente Alba Rohrwacher, giudicata la migliore attrice al Festival di Venezia 2014. Resta da capire come possa il pubblico appassionarsi a una donna non bella, non generosa, ma almeno all’apparenza ossuta, nevrotica: una versione anoressica di Margherita Buy. Spero sia chiaro che non ho nulla contro la Rohrwacher; solo, penso che a un attore si chieda di diventare altro da sé stesso; e mi inquieta quel che la pallida Alba simboleggia. La sua ascesa mi pare indicativa di un Paese senza sangue, senza carne, senza naso avrebbe detto Rostand. Insomma, dell’Italia di oggi» [Aldo Cazzullo, CdS] • Ha girato due film in Francia, con Kruithof e ora con Arnaud Desplechin. Lei è poliglotta. «Il francese l’ho studiato quest’anno. Sono cresciuta con un padre tedesco e il desiderio di comprendere le sue conversazioni con i parenti. L’inglese l’ho studiato male, a 14 anni papà mi spedì a New York. Mi persi nella metro affollata, finii nel Bronx» [Finos, Rep] • «Sono disorganizzata, spesso faccio fatica a controllare le cose pratiche che riguardano la mia vita, la mia casa (che pure è il mio rifugio)» • «Alba ama i silenzi, le corrispondenze, la semplicità, Erik Satie e il pianoforte, la memoria, il rumore della pioggia, gli occhi lucidi, la lealtà, Elsa Morante, l’ironia, Radio3, gli autobus vuoti. Alba rifiuta le dittature, l’avidità, i film horror, le valige da fare, le sigarette, i fast food, le bugie, lo smalto, lavare i piatti, il lavoro minorile» [Di Giammarco, Rep] • Nel 2015 In treatment mentre suo padre Michele Placido va in analisi, lei va in India a cercare sé stessa • Nel 2018 è la voce narrante di L’amica geniale di Saverio Costanzo. «A proposito di voce narrante, quello che non tutti sanno di Rohrwacher è che la sua voce è considerata una delle più belle, nonché il suo marchio di fabbrica. Per questo l’attrice ha prestato la sua voce in alcuni audiolibri, tra cui Il buio oltre la siepe di Harper Lee, Jane Eyre di Charlotte Brontë, Divorare il cielo di Paolo Giordano, Novelle fatte a macchina di Gianni Rodari, Signorina Else di Arthur Schnitzler e Tre Piani di Eshkol Nevo, che ha letto insieme a Margherita Buy e Adriano Giannini» [MarieClaire] • Nel 2021 veste leopardata nel film di Laura Bispuri… «Ne Il paradiso del pavone sono un po’ goffa, fragile, non mi sento mai davvero a mio agio. Il film racconta un lungo pranzo di famiglia, apparentemente normale, se non fosse per un piccolo grande evento che mette in discussione tutte le certezze... Questo è il nostro terzo film insieme. Con Laura, è come tornare a casa dopo un grande viaggio. E la casa può essere ovunque. Sa come condurmi, come portare la mia anima in posti a me ancora sconosciuti». Poi è nell’esordio da regista di Maggie Gyllenhaal. «Sono rimasta affascinata dalla sua delicatezza. Siamo entrate nel mondo di Elena Ferrante. The Lost Daughter, dal romanzo La figlia oscura che conoscevo già. La sceneggiatura è splendida e paurosa. Nel romanzo tutti i personaggi sono italiani e a un certo punto appare una coppia di stranieri. Maggie ha invertito i ruoli e in un film anglofono la straniera sono diventata io, l’italiana viaggiatrice» [Valerio Cappelli, Cds]. • Alba Rohrwacher, come ha passato questi mesi di pandemia? «Sono stati mesi strani per tutti, è successa una rivoluzione profonda nelle nostre esistenze. Ho letto, lavorato a progetti futuri, fatto pulizia di tante cose superflue» • Quali sono i suoi film di culto? «Uno dei miei film del cuore è E.T. di Spielberg. L’altro, legato al mio ricordo di bambina, un incontro di cinema casuale, forse prematuro, sconvolgente e indimenticabile è Novecento di Bertolucci. E poi un film della vita è 8 e 1/2 di Fellini». Perché 8 ½? «È un film infinito, una fonte di ispirazione costante. Mastroianni è incredibile». Da dove nasce la felicità? «Da cose assurde. Dallo svegliarmi da un sogno bello. Dalla sensazione provata quando tra primavera e estate un vento caldo è entrato in cucina». E l’infelicità? «Per chi è ballerina tra gli stati d’animo, il passo falso è la malinconia, e il passo con accidentale caduta è la rabbia» [Di Giammarco, cit.] • Da ultimo vista in Marcel! (Trinca, 2022), La chimera (Rohrwacher, 2023), Hors-saison (Brizé, 2023). Mi fanno male i capelli (Torre, 2023), Il sol dell’avvenire (Moretti, 2023), Te l’avevo detto (Elkann, 2024), Finalmente l’alba (Costanzo, 2024) • Lei è diventata una diva? «Io proprio non lo so, ma mi sembra tutto capovolto. Se prima il divismo era legato a un senso di mistero, oggi la condivisione rende tutto vicino. Non so capire più se esiste una possibilità di divismo» [Elkann, Sta].
Amori Fidanzata con il regista Saverio Costanzo, figlio di Maurizio. «Della loro relazione non si conoscono molti dettagli, tanto che non si sa di preciso da quale anno i due siano legati. Ciò che è sicuro è che qualcosa sia scattato nel 2010 quando Alba Rohrwacher e Saverio Costanzo si sono incontrati per la prima volta sul set di La solitudine dei numeri primi, lui alla regia e lei come attrice protagonista. Di quel primo incontro, Rohrwacher ha raccontato a L’Officiel: “Piano piano si crea una famiglia di cinema che va al di là del cinema, con rapporti che sono diventati la mia vita. Con Saverio c’è stato un prima e un dopo: dopo La solitudine dei numeri primi è cambiato qualcosa dentro di me».
Titoli di coda «Mi considero fortunata perché non ho la tendenza a identificarmi con le delusioni che pure arrivano nella vita. Vado avanti, mi butto [Ulivi, Cds]».