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 2024  febbraio 27 Martedì calendario

Biografia di Gustav Thöni

Gustav Thöni, nato a Trafoi (Bolzano) il 28 febbraio 1951 (73 anni). Ex campione di sci alpino. Vinse quattro volte la coppa del Mondo generale (1971, 1972, 1973, 1975), oro in slalom gigante e combinata e argento in slalom speciale alle Olimpiadi di Sapporo (1972), oro in slalom speciale e combinata alle Olimpiadi di Innsbruck (1976), oro in slalom speciale e gigante ai Mondiali di St. Moritz (1974).
Vita «Nasce al tornante 46 dello Stelvio, dove scattava Coppi. È una notte di tormenta. E papà Giorgio profetizza: “Vorrà dire che Gustav vincerà l’Olimpiade, quella che io non ho potuto disputare”. Voleva diventare campione di sci. La guerra gliel’aveva impedito» (la Repubblica) • «Sono nato praticamente con gli sci ai piedi: i primi me li costruì mio nonno. Erano di legno e mi ricordo che ci giravo per casa. Avrò avuto tre anni, forse anche meno. Poi sono cresciuto, ovviamente in simbiosi con lo sci. Trafoi era un paese piccolissimo, immerso nelle montagne. L’unico svago, da ragazzi, era sciare. Andavamo in gruppo, senza maestro o allenatore, inventavamo nuovi percorsi: era un modo come un altro per scoprire l’ambiente che ci circondava e diventare grandi. A 14 anni, ho cominciato a fare sul serio. Mio padre mi accompagnava in giro per il nord Italia, a disputare decine di gare. La svolta venne quando vinsi il Trofeo Topolino. Può sembrare un nome curioso eppure era una delle competizioni più difficili e rinomate. Lì capii che potevo fare il grande salto» (da un’intervista di Cheo Condina) • «Se la Valanga Azzurra fu la più grande squadra che lo sport italiano abbia mai avuto, Thoeni ne fu l’alfiere e il simbolo: l’illuminava di splendente ed assoluta classe. Con le sue imprese e quelle dei baldi compagni, lo sci alpino da pratica d’élite e un poco snob si trasformò in sport di massa: non solo per i numeri del turismo invernale ma anche per la straordinaria popolarità che raggiunse il culmine una luminosa mattina di marzo del 1975, quando tre fuoriclasse del calibro di Thoeni, del giovane Ingemar Stenmark e del formidabile discesista Franz Klammer si ritrovarono al cancelletto della partenza in Valgardena per la finalissima di coppa del mondo, tutti e tre a pari punti. La resa dei conti si consumò in uno spettacolare parallelo: il più straordinario mezzogiorno di fuoco che il Circo Bianco seppe mettere in scena. Vinse Thoeni, conquistò la sua quarta coppa, ma fu determinante il gioco di squadra. L’Italia lo consacrò eroe nazionale. Gustav era un ragazzo di montagna come quelli di una volta: timido, silenzioso, taciturno. Divenne un’icona. Smise di correre nell’80. Senza mai lasciare lo sci. Ha allenato Tomba, è diventato il cittì della Nazionale» (Leonardo Coen) • «La seconda manche dello slalom di St.Moritz del 1974 è stata la più bella della sua vita? “Forse sì, era un campionato del mondo. Ogni tanto rispunta in tv, o su YouTube: la faccio vedere ai clienti del mio hotel, che cominciano a ricordare. Quando tornavano da scuola, e vedevano lo sci coi genitori e i nonni. Abbinano i ricordi della loro vita alle mie gare” […] Mondiali 1974, oro in gigante il 5 febbraio e oro in slalom il 10 febbraio rimontando dall’8° posto. L’Italia era pazza di lui. Quel giorno sciò in Paradiso? “Anche l’anno dopo ho fatto una gran bella manche, a Sun Valley dovevo vincere a tutti i costi per raggiungere in classifica Ingemar Stenmark e Franz Klammer”. Dando vita al famoso parallelo vinto in Val Gardena su Stenmark in mezzo a una folla da stadio. Ma pure a St.Moritz sfilarono 20 mila italiani con bande musicali. “St. Moritz è vicina alla provincia di Sondrio, e da Bergamo arrivarono tanti tifosi per Fausto Radici. Io ero più concentrato sulla gara, il tifo faceva piacere ma venivo assaltato per un autografo, una foto, all’epoca non eravamo protetti da recinti come adesso. Ogni tanto era pesante, devo essere onesto, passeggiavi e ogni dieci passi ti fermavano”. Con chi dormì la notte prima dello slalom? “Con mio padre, mentre mia madre rimase con me prima del gigante”. Un bel privilegio. “Fu un’occasione speciale, la stanza la dividevamo con un compagno. Decidevamo noi, io dormivo con Schmalzl, Demetz, Radici” […] Era l’epoca degli Stones, degli Zeppelin, dei capelloni: è vero che ai parrucchieri dei corpi militaridicevate “solo un centimetro”? “A me bastava mio papà che intimava “Taglia questi capelli”. Li abbiamo sempre portati lunghi, io non troppo ma se penso a come li portava mio cugino Rolando Thoeni... Era il nostro periodo, eravamo giovani” […] Si è parlato tanto della rivalità Thoeni-Gros, ora Piero dice “era impossibile non volergli bene”. “Anche allora eravamo amici, ognuno pensava a finire in gara davanti all’altro. Era così con Piero, e con tutti gli altri: eravamo un gruppo sempre in viaggio, in estate sui ghiacciai, nelle partitelle di calcio”» (a Mattia Chiusano) • «Era il 23 marzo di quel 1975, domenica delle Palme. A mezzogiorno, l’Italia si ferma. La Rai, trasmette in diretta uno slalom parallelo, da Ortisei, in val Gardena, destinato ad entrare nella storia. “Mi ricordo solo che fu una gara difficile – sorride Thoeni -. Dopo una stagione in rincorsa, arrivammo a quell’ultima gara io, l’austriaco Franz Klammer e lo svedese Ingemar Stenmark a pari punti: 240. Chi arrivava davanti nella discesa, vinceva la Coppa del Mondo. Dopo varie batterie, ci ritrovammo io e Stenmark in finale”. Venti milioni di italiani incollati davanti agli schermi che, anche se in bianco e nero, facevano apparire ancora più abbagliante la neve contro le ombre e 50mila sfegatati assiepati lungo la pista gardenese a sostenere i due campioni. Chi vince, prende tutto e Thoeni parte subito con un leggero vantaggio. Stenmark spinge per recuperare, ma inforca a due porte dal traguardo. È il quarto trionfo del fuoriclasse italiano e raramente una vittoria ha emozionato così tanto da essere rammentata a distanza di così tanti lustri. Era il periodo della famosa Valanga Azzurra, che piazzava cinque italiani nei primi cinque posti di uno slalom gigante. “Non ci sentivamo invincibili e tra di noi eravamo avversari. Rispetto agli altri, forse, avevamo una preparazione migliore, un passo avanti”» (a Maurizio Acerbi) • «Sembra una storia inventata, di quelle che si raccontano nelle serate davanti al camino nelle baite di montagna: mentre scendeva sulla mitica Streif, a Kitzbühel, la pista di discesa libera più famosa e difficile del mondo, Gustavo Thoeni perse uno sci. Per tutti sarebbe stata la fine, con una caduta rovinosa. Per tutti, ma non per Thoeni, che riuscì a completare la discesa. Lo stesso Thoeni, in qualche occasione, sorrise dicendo che erano solo storie: ma chi lo ha visto sciare sa che avrebbe potuto farlo, e il dubbio è rimasto (…). Thoeni ha vinto molto, ma avrebbe potuto vincere anche di più se fosse stato meno calcolatore: un computer, si direbbe oggi, capace di capitalizzare anche pochi millesimi di secondo, di scegliere in modo cosciente di non rischiare un’uscita di pista limitandosi a un piazzamento sicuro. E se pensate che rallentare solo di qualche centesimo sia facile, sappiate che finora Thoeni è stato l’unico a riuscirci» (Mattia Losi) • «Lei ha battuto Stenmark sul campo: il segreto fu il suo leggendario passo spinta? “Tutti ricordano il parallelo di val Gardena, marzo, 1975: scattandogli davanti gli misi pressione, ma poi, dai, l’ho battuto anche qualche altra volta. Quante? Forse sette!”. Chi vince, invece, nel derby della timidezza? “Li non apro nemmeno il cancelletto: vince lui. Se io ero taciturno, lui di più. Negli anni si è aperto. Ora ci sentiamo meno: è fisso in Scandinavia, gioca a golf e fa fondo”. Lei, invece, fa discesa tutti i giorni, ma una sfida con Odermatt? “No, grazie. Ho dato. Ogni tempo ha avuto i suoi campioni: io avevo tutti quei francesi... Russel, Augert, Duvillard. Basta così!”» (a Lucia Galli).
Cinema Nel 1981 ha recitato nel film Un centesimo di secondo. «“È stata una bella esperienza, spinta dalla curiosità. Volevo vedere come si faceva un film. Fu Duccio Tessari a convincermi”. Il lungometraggio era vagamente ispirato alla tragica vicenda di Leonardo David e alla discesa libera di Thoeni a Kitzbühel, del 1975, nella quale perse contro Franz Klammer per tre millesimi di secondo. In quella pellicola che, ad onor del vero, non ebbe molto successo nelle sale (resistette un giorno e offriva perle di battute del tipo “Come sto? Come un frullato di sciatore che ha fermato il treno con le gengive”), Thoeni lavorava accanto ad Antonella Interlenghi. “Diciamo che ho lasciato il cinema senza rimpianti”» (a Maurizio Acerbi) • «Lei comunque faceva anche pubblicità in televisione. Tutto sommato era uno abituato allo schermo. Ci si ricorda dell’Ovomaltina. “Ai miei tempi noi atleti non potevamo avere contratti con gli sponsor. Eravamo e dovevamo restare dilettanti. Alle Olimpiadi di Sarayevo nel 1984 mi ricordo che Marc Girardelli non poté correre proprio perché aveva stipulato un contratto B, ossia aveva preso una licenza per la pubblicità. Fu proprio dopo quel fatto che il Circo Bianco cambiò ed iniziarono le pubblicità. Praticamente dopo il mio ritiro”. Anche un certo Mike Bongiorno aveva una grande simpatia per lei. “Mike Bongiorno lo ricordo al Sestriere. Era venuto a vedere i nostri allenamenti. Sciai insieme a lui. Per quel poco che siamo stati insieme ne ricordo la cordialità. Aveva sempre il sorriso”» (ad Alberto Pezzini)
Famiglia Ha tre figlie e 12 nipoti. «Vanno tutti sugli sci, anche se non penso che abbiano intenzione di fare sul serio. Ma io non sono uno di quelli che rievocano le glorie, sono un nonno normalissimo, li porto a giocare e cerco di aiutare i loro genitori a crescerli bene all’aria aperta. Quando vengono in casa, qui da noi, vedono la mia teca che contiene le medaglie e i trofei e se fanno qualche domanda io rispondo, certo. Ma non mi metto lì con loro a rievocare gli ori e i record. Figuriamoci se mi sciolgo in parole o aneddoti. La mia è una famiglia di montagna, molto riservata, schiva, non siamo gente chiacchierona» (a Roberta Scorranese) • Attualmente gestisce, insieme alla famiglia l’Hotel Bellavista a Trafoi, suo paese natale. «A mille e cinquecento metri d’altezza, ai piedi del monte Ortles, la cima più alta dell’Alto Adige. È della mia famiglia da cinque generazioni» • «La giornata tipo? “Mi alzo per primo, apro e do poi una mano per preparare la colazione. Mi metto a disposizione dei clienti e li accompagno per delle escursioni guidate, come quella alle Tre Fontane Sacre, piccole sorgenti a 1.605 metri di altitudine che sgorgano dalla montagna e che risalgono al periodo medievale”. E lo dice come se fosse un normale gestore di hotel e non un’icona dello sport mondiale. “Gli ospiti, spesso, mi fanno domande e io ben volentieri rispondo. Mi colpisce che, a distanza di 40 anni, mi chiedano ancora del famoso slalom parallelo del ’75”» (a Maurizio Acerbi) • «Si è operato alle anche ma non abbassa i ritmi. “Non sono il tipo da stare solo a casa. I clienti dell’hotel li porto in giro con le ciaspole”» (a Mattia Chiusano).