28 febbraio 2024
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Biografia di Pedro Sánchez (Pedro Sánchez Pérez-Castejón)
Pedro Sánchez (Pedro Sánchez Pérez-Castejón), nato a Madrid il 29 febbraio 1972 (52 anni). Politico. Socialista. Presidente del governo spagnolo dal 2 giugno 2018 • Detto «Pedro el guapo», Pedro il bello • «L’uomo in maniche di camicia» • «Alto un metro e novanta, moro e con un sorriso che non lascia indifferenti» (Chiara Pizzimenti, Vanity 29/4/2019) • «È attraente e telegenico, il che, in tempi di politica-spettacolo, non guasta affatto» (CdS 27/7/2014) • «Se José Luis Rodriguez Zapatero, il premier socialista travolto dalla crisi economica e dal suo immobilismo, era paragonato, quando gli andava bene, a Mr. Bean e a Nosferatu, e l’ex segretario Alfredo Pérez Rubalcaba per la satira assomigliava a una capra, lui […] “è il Cary Grant latino”» (Roberto Pellegrino, L’Esp 8/9/2014) • In politica fin da ragazzo. «Una lunga carriera acquattato tra le fila del Partito socialista a rispettare gli ordini gerarchici, a guardare i suoi colleghi che diventavano ministri, a prepararsi per quando il suo momento sarebbe arrivato» (Il Foglio 15/7/2014) • Già segretario distrettuale della Gioventù socialista. Già consigliere comunale a Madrid. Eletto alle Corti Generali per la prima volta nel 2009 (fu deputato fino al 2011, di nuovo dal 2013 al 2016, poi ancora dal 2019). Eletto a sorpresa segretario del Partito socialista operaio spagnolo dal 2014. Sfiduciato dai baroni del partito nel 2016, è riuscito a vincere di nuovo le primarie, tornare segretario, far cadere il governo di Mariano Rajoy e prendere il suo posto come primo ministro. Da allora, tra alti e bassi, crisi politiche ed economiche e tentativi di secessione, ha guidato tre diversi governi • Ha sgominato tutti quelli che lo volevano morto. «È carismatico, sa usare i social, sa parlare in televisione» (Il Foglio). «E, soprattutto, dice cose di sinistra» (Pellegrino).
Titoli di testa «“Guapo es guapo”, per essere bello è bello, commenta una volontaria dopo essere stata abbracciata e baciata sulle guance» (Aldo Cazzullo, CdS 9/11/2019).
Vita Primo dei due figli maschi di Pedro Sánchez e Magdalena Pérez-Castejón. Ricca famiglia madrilena. Il padre è economista e dirigente d’azienda, ha lavorato per il ministero della cultura e dell’agricoltura • Ottime scuole. Maturità all’Instituto Ramiro de Maeztu. Laurea in scienze economiche alla Complutense di Madrid nel 1995. Master in politica economica europea all’Università libera di Bruxelles nel 1998. PhD in economia alla Camillo José Cela di Madrid • Molto sportivo, per anni coltiva il sogno di diventare cestista professionista. «Il basket mi appassiona per i suoi valori. Molti dei suoi principi, come l’arte del compromesso, il sacrificio, la pazienza, cerco di applicarli alla politica». Ma già all’età di 21 anni lascia perdere la pallacanestro e si iscrive al partito socialista • «Sánchez in pratica si è guadagnato da vivere esclusivamente con la politica» (Ángel Gómez Fuentes, ABC) • Ascesa rapidissima. A 26 anni, è assistente parlamentare per il PSOE a Bruxelles. A 27, capo dello staff dell’Alto rappresentante delle Nazioni Unite in Bosnia. A 32, consigliere comunale nella città di Madrid. A 36, annuncia la sua candidatura a deputato. «Finì primo tra i non eletti, e dovette aspettare un anno, e le dimissioni del deputato Pedro Solbes, per entrare come rimpiazzo. Lo fece di nuovo alle elezioni del 2011: ancora primo tra i non eletti, ancora un anno e una dimissione (quella di Cristina Narbona, ministra dell’Ambiente di Zapatero) da aspettare, ancora l’umiliazione di essere arrivato un passo dietro alla meta» (Il Foglio 15/07/2014) • Arrivato in Parlamento, Pedro si fa conoscere. La stampa parlamentare gli consegna un premio come «deputato-rivelazione». Ma la rivelazione, dicono i maligni, stava più nello sguardo profondo che nei risultati come rappresentante del popolo • «È più bravo a coordinare che a lavorare», rivela, anonimamente, un suo collaboratore • «Quando ha annunciato la sua candidatura come segretario generale del Partito socialista, molti lo hanno deriso. Ecco uno dei peones che cerca di accreditarsi sulla scena nazionale, magari per formare una correntucola, hanno pensato quasi tutti dentro al partito» (Eugenio Cau, Il Foglio 9/9/2014) • Corre l’anno 2014, e i socialisti sono in crisi nera. Alle europee il partito s’è fermato al 23%. Il panorama politico è frammentato. A sinistra, sono incalzati da nuovi partitini, Sinistra Unita e, soprattutto, Unidos Podemos, «i grillini spagnoli», figli del movimento degli Indignados. Al centro, dai nuovi liberali di Ciudadanos. Il segretario del Psoe Alfredo Pérez Rubalcaba capisce che serve una svolta. Clamorosamente, si dimette e annuncia che il suo successore non sarà scelto con il classico Congresso ma con primarie aperte a 130 mila iscritti. Pedro capisce che è si è aperta una finestra di opportunità • «In queste settimane in cui i reporter spagnoli hanno penato per capire chi fosse questo Sánchez […] in molti hanno cercato di paragonarlo al premier italiano Matteo Renzi, a quello francese Manuel Valls e al filone della sinistra giovane, irriverente e riformista che sta prendendo piede in Europa. Alcuni lo hanno definito un deputato di centro, altri dicono che il paragone più azzeccato è quello con il greco Alexis Tsipras. I giornalisti del Mundo […] lo hanno torchiato sul suo programma, ma tutto quello che sono riusciti a cavargli è che riformerà il Psoe “con la testa e con il cuore”» (Il Foglio) • Alle primarie del 13 luglio «il bel Pedro», finora poco più di un illustre sconosciuto, sbaraglia tutti. Prende il 49% dei voti. È investito segretario con l’86% dei consensi. Diventa subito popolarissimo • «Il Matteo Renzi di Spagna» • «Il rottamatore spagnolo» • «Ha la stessa età che aveva nel 1982 Felipe González, il leggendario presidente del Consiglio socialista che reinventò la Spagna degli anni Ottanta, un Paese che stava uscendo en braguitas, in mutande, dal trentennio franchista» (Pellegrino) • Si fa vedere in pubblico con la moglie, María Begoña Gómez Fernández: «La signora Sánchez assieme a Pedro forma “el matrimonio de guapos”, la coppia dei belli e soprattutto degli innamorati, “gli Obama spagnoli” come sono stati soprannominati non soltanto per pigrizia giornalistica ma perché usano il loro amore, le effusioni, i baci e i bagni al mare con la stessa determinazione con cui li utilizzavano (e li utilizzano) gli Obama» (Paola Peduzzi, Il Foglio 29/4/2019) • «Forse è una scelta opportunista del marketing politico, che col giovane militante, senza macchia né paura, vuole cambiare pelle, ma Sánchez da subito ha tirato fuori le unghie come un leader navigato. Ha ordinato ai suoi di votare contro l’elezione del conservatore lussemburghese Jean Claude Juncker alla presidenza della Commissione Europea. “Sei un irresponsabile!”, gli ha strillato El País, foglio di tradizione socialista. E lui, senza muovere ciglio: “Che provino loro a spiegare ai militanti di base un nostro sì a Juncker”. E come dargli torto: Juncker è stato l’uomo dell’austerità a capo dell’Eurogruppo, un fedele esecutore degli ordini di Berlino e Francoforte, odiatissimo dalla sinistra spagnola da quando ha imposto a Madrid la sanguinosa cura al suo bilancio che ha prodotto le proteste degli Indignados» (Pellegrino) • Dall’Italia il premier Renzi gli manda un video-messaggio: «Abbiamo bisogno di voi, del vostro entusiasmo, per lavorare insieme per un’Europa diversa» • Estate 2015. Sánchez è invitato alla festa dell’Unità di Bologna da Matteo Renzi. Con loro, il primo ministro francese Manuel Valls, il segretario dei socialdemocratici tedeschi Achim Post e il capo dei laburisti olandesi Diederik Samsom. Sono «la nuova sinistra europea». Sul palco indossano tutti una camicia bianca • «Sotto il tendone di Bologna l’italiano madrileño di Sánchez, anche se meno sicuro di quello arrotato di Valls, è il più applaudito. Il nuovo leader dei socialisti spagnoli infila alcune frasi da boato, come quando, sul finale, dice che “recupereremo il futuro degli spagnoli lasciando la destra senza futuro”. E quando parla delle donne che perdono il lavoro e dei giovani che chiedono opportunità (meritocrazia non pervenuta), la platea bolognese, che pure si è data al renzismo con l’entusiasmo del convertito di recente, sente alcune vecchie corde tornare a suonare […] Alla fine, Renzi lo acclama come “il prossimo primo ministro spagnolo. Quindi inizia il fiume dei selfie, e dei commenti su quei jeans, che cadono così bene» (Eugenio Cau, Il Foglio 9/9/2014) • Sánchez vede il potere a portata di mano, ma è solo un’illusione. A giugno 2015 su 350 seggi i popolari ne vincono 123, i socialisti solo 90. Le trattative vanno avanti un anno, ma non si riesce a trovare un’intesa di nessun tipo e il nuovo governo non nasce. A giugno 2016 si torna a votare: i popolari ottengono 137 seggi, Sánchez solo 85, cinque in meno dell’anno prima • Il punto è che Ciudadanos e Podemos hanno spezzato il bipolarismo spagnolo. Sánchez ha portato il PSOE al peggior risultato di sempre. I baroni del partito vogliono la sua testa. I paragoni con Renzi ora sono negativi. «Tanto Renzi come Sánchez hanno suscitato speranze nei propri partiti con le promesse di riformismo. Dopo hanno deluso facendo un’infinità di errori che hanno portato a eclatanti sconfitte elettorali. Hanno dimostrato che tutto era vanità e ambizione» (Gómez Fuentes) • «Pare sia stata la moglie a convincerlo: hai detto “no es no”, lascia fare agli altri il matrimonio di convenienza con la destra, tu mettiti da parte, non ci deve essere la tua faccia su questa alleanza. Sánchez la ascoltò, si fece da parte» (Peduzzi) • Pedro si dimette da segretario del partito. Si dimette anche da deputato. Si mette a girare la Spagna con la propria auto, visita le sezioni socialiste. Pochi mesi dopo, si prende la rivincina. Vince di nuovo le primarie • Nel frattempo, il governo di Rajoy è alle strette. Il primo ministro è accusato di corruzione. Lui lo attacca duramente: «Il primo ministro deve essere un uomo onesto. E lei non lo è». Rajoy non perde la calma, ma quando un tribunale riconosce che i popolari hanno beneficiato di fondi neri, Sánchez orchestra una rivolta parlamentare, fa votare una mozione di sfiducia al capo del governo e prende il suo posto • «Una manovra del genere fu portata a termine in Italia da Pds e Lega nel 1995. Noi lo chiamammo ribaltone. La Costituzione spagnola, come quella tedesca, la chiama sfiducia costruttiva: chi fa cadere un governo diventa il capo del governo successivo» (Cazzullo) • «Per la prima volta nella storia della democrazia spagnola, Sánchez non ha giurato con la mano sulla Bibbia e nella sala non c’era neppure il crocefisso» (Omero Ciai, Rep 2/6/2019) • Forma un governo monocolore di minoranza, solo ministri del Psoe. Undici su quindici sono donne • «Alla Moncloa resiste soltanto otto mesi, sull’onda della crisi catalana: i partiti indipendentisti gli ritirano la fiducia per la sua contrarietà a discutere la convocazione di un referendum sull’autodeterminazione della regione. A quel punto Sanchez gioca d’anticipo e convoca nuove elezioni, le terze in meno di quattro anni. Adesso sono due i principali ostacoli del leader socialista: da una parte la questione catalana ancora irrisolta, dall’altra l’avanzata dell’ultradestra di Vox» • «Anche in questo caso – ma sono pettegolezzi – è Begoña a dirgli di non restare a vivacchiare alla Moncloa, c’è bisogno di un mandato forte, il paese deve imparare ad amarti come ti amo io» (Peduzzi) • «Erano undici anni che il partito socialista non vinceva le elezioni in Spagna. Basta questo a dire che a Madrid e dintorni c’è un cambiamento in corso. A far tornare però subito con i piedi per terra sono i numeri. Il Psoe esce dalle urne come primo partito (123 eletti) seguito con la metà dei seggi dal Partido Popular, un crollo a 66 seggi, ma senza una maggioranza tale da permettergli di governare per cui servono 176 seggi» (Pizzimenti) • La sera della vittoria Sánchez indossa di nuovo una camicia bianca. Tiene la mano destra sul cuore, con la sinistra alza il pugno • Sua moglie, al suo fianco, indossa una giacca rossa.
Ultime Dal 2018 a oggi Sánchez ha guidato tre esecutivi diversi • Ogni volta, una maggioranza più fragile e risicata. Ogni volta, concessioni sempre più ampie all’estrema sinistra e agli indipendentisti catalani e ai federalisti delle varie comunità autonome • A novembre 2023, il giorno dell’insediamento del suo terzo attuale governo, ha rivolto un saluto in quattro lingue a chi gli ha permesso di restare in sella. Moita grazas (galiziano). Moltes gràcies (catalano). Eskerrik asko (basco). Muchas gracias (castigliano) • Nel frattempo, nonostante le resistenze dei conservatori, porta avanti il suo programma: l’eutanasia (legalizzata nel 2021), il contrasto alla violenza sulle donne (con la legge “solo sì è sì”), il salario minimo (aumentato a 1134 euro nel 2024), l’equiparazione dei congedi di paternità e maternità (16 settimane per entrambi i genitori), la Ley Trans (che consente il cambio di sesso a piacere sui documenti a partire dai sedici anni), la riforma del lavoro. Come pegno da pagare: l’amnistia a favore di centinaia e centinaia indipendentisti catalani • Oggi in Spagna non lo chiamano più «Pedro il bello», ma Pedro il perseverante, Pedro il bugiardo, il furbo, il sopravvissuto. Qualcuno, giocando sull’assonanza Perro-Pedro, lo chiama «Perro Sánchez», «Sánchez il cane». «La sinistra europea […] dovrebbe chiamarlo Pedro il salvatore. Perché Sánchez, stavolta, non ha evitato il peggio solo a se stesso e al suo Partito socialista – […] ancora al governo, seppur zoppicanti —: grazie al suo istinto machiavellico ha tolto dai guai pure il fronte che governa a Bruxelles, e che rischiava di veder scivolare gli alleati popolari verso l’abbraccio dei conservatori […] Sánchez oggi non è più il giovane politico belloccio e scamiciato – con laurea e doppio master in Economia e Leadership pubblica – che da attivista semi-sconosciuto ai più, protetto dell’ex premier José Zapatero, riuscì a farsi eleggere segretario generale del Psoe nel 2014 […]. Il combattente Sánchez oggi veste i panni dello statista con i capelli sapientemente ingrigiti, ma il corpo mai bolso. Ha scritto un saggio per confermare la sua fama, Manuale di resistenza, e forse ipoteca un posto di prima fila nell’Unione europea. Sa che il suo governo – fragile, in coalizione con una sinistra divisa, appoggiato da un esercito di piccoli alleati di convenienza, sempre pronti a pugnalarlo – potrebbe non durare a lungo» (Sara Gandolfi, CdS 17/11/2023) • «Ma Sanchéz intende giocare la sua partita fino all’ultimo giorno […] E, possibilmente, passare alla Storia come un esempio: il leader della rinascita iberica, dopo la crisi economica e immobiliare del 2007; dopo la fine del bipolarismo nel 2014; dopo la rivolta indipendentista della Catalogna nel 2017 e il massiccio ingresso in Parlamento di Vox, l’estrema destra, nel 2019; dopo la pandemia nel 2020 e dopo i patemi per la convalescenza del Pil […] La sua linea non è cambiata dal 2018: presentarsi come il baluardo alla deriva populista e sovranista europea e intercontinentale; porsi come il faro del cambiamento, l’apripista verso un nuovo benessere, basato tanto sul rilancio economico quanto sulla difesa dei diritti sociali e civili […] Funzionò vent’anni fa, nonostante gli anatemi della Chiesa e della Spagna tradizionalista, per José Luis Rodríguez Zapatero, patrocinatore dei primi matrimonio omosessuali, del divorzio express, della parità di genere anche al governo, della ricerca sulle cellule embrionali. Perché il miracolo non dovrebbe ripetersi con Sánchez?» (Elisabetta Rosaspina, 7 16/2/2024).
Vita privata Sposato dal 2006 • La moglie è dipendente di una ong e docente all’università Complutense di Madrid • «Dopo essersi conosciuti a una festa lui le avrebbe scritto lettere d’amore» (Pizzimenti). Lei le conserva tutte in una scatola di legno • «Begoña si fa vedere soltanto nelle occasioni importanti, non ama mostrarsi troppo e quando si è prestata a interviste di coppia non aveva molto da dire (nemmeno Pedro): ci amiamo molto, ci vediamo troppo poco, ci piacciono i concerti e il mare e gli sport, le figlie studiano (rigorosamente) in scuole pubbliche – la noia delle anime gemelle» (ibidem) • Due figlie: Ainhoa (nome basco) e Carlota.
Curiosità Parla correntemente inglese e francese • Ateo • Anche lo scrittore Javier Cercas ha votato per lui • Ha un fratello più piccolo che si chiama David e fa il direttore d’orchestra. Stando alle malelingue «quello intelligente è suo fratello» • Tifa Atletico Madrid • Della famosa foto con i cinque capi della sinistra europea in camicia bianca è l’unico a essere ancora capo di governo • Su di sé: «Mentirei se dicessi che non ho ambizioni, la politica si porta nel sangue» • Si sveglia presto e va a correre tutte le mattine • Ama ancora giocare a basket come ai tempi del liceo.
Titoli di coda «Donne democratiche, mo’ ve lo buco ’sto Pedro Sánchez» (Matteo Orfini, allora presidente del Pd, Twitter, 9/2014).