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 2024  aprile 13 Sabato calendario

Lavori in 2 milioni di case entro il 2035 per le famiglie costi fino a 80 mila euro


MILANO – Dagli edifici deriva il 40% del consumo energetico Ue, oltre la metà di quello di gas (riscaldamento e acqua calda, soprattutto) e il 35% delle emissioni di gas serra. Con la direttiva europea sulle Case Green, Bruxelles si pone l’ambizioso obiettivo di decarbonizzarli al 2050. Pianta paletti prima sulle nuove costruzioni e le caldaie, poi su tutto il parco immobiliare. Vincoli ammorbiditi rispetto alle premesse, che coglie l’Italia intenta a smaltire la sbornia da Superbonus e con la domanda di fondo: dove trovare i soldi per il nuovo scatto di efficienza? Interrogativo cui rispondere entro due anni: tempo dato alle Capitali per presentare il Piano nazionale con le tappe per le ristrutturazioni.
Cosa prevede la direttiva
Dibattuta dal 2021, è più volte cambiata. Confedilizia giudica comunque “inaccettabile” il testo finale: si era partiti ventilando lo stop alla compravendita di case non efficienti, per passare da tappe serrate di riqualificazione sulla base di classi energetiche armonizzate e cadere su una soluzione che affida agli Stati la riduzione del consumo medio energetico del parco immobiliare. La traiettoria impone sugli edifici residenziali un -16%, sul livello del 2020, entro il 2030 e poi un -20/22% entro il 2035. Il 16% degli edifici pubblici o non residenziali con le peggiori prestazioni andrà efficientato entro il 2030, per salire al 26% nel 2033. Già dal 2028 i nuovi edifici residenziali pubblici dovranno essere a emissioni zero, tutti gli altri dal 2030. Previste esenzioni per edifici storici, luoghi di culto, appartamenti sotto i 50 metri quadri o seconde case. Per le caldaie a gas scatta lo stop nel 2040, ma già dal prossimo anno non avranno più sussidi riservati ai soli sistemi ibridi. Tra il 2026 e il 2030 – a seconda delle superfici scattano obblighi sulle nuove costruzioni perché siano “solar-ready”,ovvero dotate di pannelli solari.
Un patrimonio vecchio
Le case italiane sono in media più vecchie degli altri Paesi europei: l’84,5% è datato a prima del 1990, peggio di Germania (75,3%), Francia (65,6%) e Spagna (59,4%). E il tasso di rinnovamento è storicamente ridotto. Secondo la Community Smart Building di The European House – Ambrosetti, prima del Superbonus (2014-2018) ci fermavamo allo 0,85% all’anno, contro l’1,7% di Francia e Germania. L’ultimo report Enea, I-Com e Fiaip sul mercato immobiliare certifica la sperequazione delleprestazioni energetiche: in periferia gli immobili venduti sono per l’83% nelle classi più basse, nelle zone di pregio quelli efficienti raggiungono il 45%.
Ritmo da Superbonus
I Piani nazionali dovranno tener presente che almeno il 55% dell’obiettivo di riduzione del consumo energetico andrà centrato rinnovando il 43% degli edifici residenziali con le peggiori performance. In Italia vuol dire focalizzarsi su 5 milioni di edifici. Nel rendicontare i risultati, potremo far valere i risparmi conseguiti dopo il 2020 e quindi anche col Superbonus: 460mila edifici ristrutturati al 2023, che per l’Ance valgono già 5 punti percentuali dell’obiettivo. Per arrivare al -20/22% di consumi al 2035 dovremo raggiungere quota 1,9 milioni di edifici: secondo i costruttori bisognerebbe mantenere il “ritmo di ristrutturazioni fatte con il Superbonus”. Da qui la domanda di Giorgetti, noto per il mal di pancia da 110%: chi paga?
Gli interventi
I proprietari di appartamenti non sono sottoposti a prescrizioni dirette da parte delle norme Ue. Nelle singole unità immobiliari si può ragionare di infissi e impianti di riscaldamento. Ma il grosso dei lavori dovrà riguardare i cappotti degli edifici e le pompe di calore. Secondo il Cresme, per efficientare di due classi una villetta da 120 metri quadri degli anni Settanta servono dai 19mila euro per un impianto di climatizzazione invernale a biomasse agli 86mila per cappotto e serramenti. Un appartamento in condominio da otto piani, della stessa metratura, richiede 23mila euro per serramenti e pompa di calore o 48mila per cappotto, caldaia a condensazione e serramenti. Risultati simili si possono raggiungere con una nuova centrale termica rinnovabile con un costo pro-quota di 19mila euro. Un salto di due classi, calcola il think tank Ecco, consente un risparmio in bolletta d 1.067 euro annui.
I fondi
Il tasto dolente: la Commissione europea stima che entro il 2030 saranno necessari 275 miliardi di euro di investimenti annui per la svolta energetica, 152 in più delle risorse attuali. La Ue chiede di sostenere le famiglie più deboli, anche con sportelli unici per la consulenza. Ma non ci sono cifre aggiuntive ai già noti Fondo sociale per il clima, Recovery fund e Fondi di sviluppo regionale.