Corriere della Sera, 13 aprile 2024
Il ritorno di Hollande
Parigi François Hollande scrive un libro per spiegare l’Europa ai giovani e loro lo ricambiano con un nuovo, insospettato affetto, affollando le librerie per chiedere una dedica mentre i sondaggi indicano che l’ex presidente sta raggiungendo Edouard Philippe (ex premier e sindaco di Le Havre) in testa alla classifica dei politici preferiti dai francesi.
Quanto è mutevole l’opinione pubblica, quando sono effimeri i sondaggi. Nel 2017 erano talmente disastrosi che Hollande, allora capo di Stato in carica, non ci provò neppure a candidarsi per restare all’Eliseo. Preferì lasciare l’onere della disfatta socialista al poi dimenticato Benoît Hamon, che non andò oltre un imbarazzante 6,4% e lasciò la strada aperta per il trionfo di Emmanuel Macron.
Erano i tempi di Hollande flanby (una specie di budino, ndr), del presidente che voleva essere «normale» e proprio per questo veniva detestato dai francesi tuttora un po’ nostalgici del re cui pure tagliarono la testa. Tutti i presidenti francesi hanno coltivato con gusto la loro reputazione di dongiovanni, sapendo che non questo non avrebbe nuociuto loro, anzi. Solo Hollande è riuscito a farsi deridere anche per questo, per lo scooter con cui andava a far visita all’amante Julie Gayet a due passi dall’Eliseo, per la foto con il casco indossato persino su per le scale per non farsi riconoscere, dettaglio che volendo avrebbe potuto anche intenerire e invece diventava la prova che all’Eliseo non c’era un presidente ma un pasticcione.
Hollande che fa sempre piovere appena esce dall’Eliseo, Hollande con la cravatta regolarmente storta, Hollande ridicolo in colbacco e collo di pelliccia per una foto con l’autocrate del Kazakistan. Quante gliene hanno dette. Ma adesso, dopo sette anni di cura Macron, tutto sembra perdonato.
In confronto al presidente Jupiter, al leader persino troppo competente e troppo a suo agio con l’inglese, a Macron così sempre sicuro di sé e delle proprie scelte da sembrare un perfetto prodotto della gelida élite lontana dal popolo, i francesi mai contenti tornano ad apprezzare la bonomia di François Hollande. Lui conserva l’eterna (falsa) modestia, e commenta sul Parisien che «è un giusto bilanciamento. Se facciamo la media tra l’impopolarità di ieri e la popolarità di oggi, siamo a un livello… normale», appunto.
La normalità
Fu criticato per il suo voler essere «normale» ma ora è proprio questo che piace di lui
Gli eventi per promuovere Leur Europe (Glénat Jeunesse) sono l’occasione per nuovi bagni di folla, e anche per ricordare sommessamente qualche cosa buona che il presidente emerito sente di aver fatto durante i suoi cinque anni all’Eliseo.
Al di là dell’immagine e dell’effetto nostalgia, Hollande rivendica un bilancio importante, soprattutto in politica estera, e ha ragione: la missione in Mali, e in Siria e Iraq per fermare lo Stato islamico, il no alle navi da guerra Mistral vendute alla Russia da Sarkozy, il sostegno lungimirante all’Ucraina contro il neo imperialismo di Vladimir Putin. E, in politica interna, il mariage pour tous che ha posto su una posizione di rispetto e parità tutti gli omosessuali, anche quelli che preferiscono non sposarsi.
Oggi Hollande si prende la sua rivincita: «C’è stata un po’ di confusione tra il mio desiderio di essere il più semplice, il più umano possibile, e la capacità di prendere decisioni. Quel che cerco di far capire, è che un presidente può essere vicino ai cittadini e anche capace di scelte pesanti».
I socialisti della vecchia guardia a lui vicini dicono che non può non fare un pensiero a tornare alla politica da protagonista, se le cose continuano così. Intanto il 69enne Hollande oggi firma libri e sostiene a fondo la campagna del 44enne Raphaël Glucksmann per le Europee del 9 giugno. Potrebbe essere lui, nel 2027, a candidarsi per la sinistra riportando all’Eliseo, stavolta con la cravatta dritta, un po’ di hollandismo.