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 2024  aprile 12 Venerdì calendario

 I 40 anni della Lega

«Allora… Chiudete il giornale?». È un Umberto Bossi abbattuto, ammaccato nel fisico e segnato nel profondo dalla fine della sua creatura, quello che parla al direttore della Padania che uscirà per l’ultima volta il giorno dopo, il 20 novembre 2014: «Sai, io ci ho creduto nel giornale». La passione di Bossi per la carta stampata precede addirittura la fondazione notarile della Lega, quarant’anni fa che ricorrono giusto oggi.
L’Umberto – L’uomo che ha inventato il Nord, in uscita martedì per Piemme (222 pagine), salta tra luoghi e tempi, tra canotte e crocifissi, tra adorazione delle folle e sconfitte devastanti per un omaggio non soltanto al fondatore, ma anche a coloro per cui quella Lega è stata non un partito ma un’identità totalizzante, fede messianica in una Patria che prima non esisteva, la Padania. 
La voce narrante qui conta. Lungo i capitoli dissimula, si autodescrive con nomi diversi: «la bergamasca», «il direttore», «la segretaria». Ma Aurora Lussana è soprattutto una voce da dentro, nasce in quella Lega ma non è una ex. È tutto quello che dice: la militante che a 14 anni scopre la Lega, la segretaria di un Bossi satanasso che per metterla alla prova le dice in anticipo le segrete liste elettorali (e lei scrive Giorgietti con una i di troppo), la direttora – l’ultima – della Padania e di Tele Padania. Una di quel gruppo che nella Lega viveva, per la Lega prendeva le ferie per andare a montare i gazebo e dentro alla Lega si sposava. E Lussana è anche la moglie del sottosegretario all’Interno, Nicola Molteni. 
I mille ricordi della «bergamasca» ricostruiscono il mistero umano prima che politico di Umberto Bossi. Il ringhio sulla Lega che ce l’ha duro ma anche la sorprendente umanità e vicinanza al suo popolo. Che è, letteralmente, fisica: a un cavatore di marmo che dice di lavorare 14 ore al giorno il Senatùr tasta i muscoli «spezzando ogni barriera tra l’uomo politico e l’uomo della strada». Poi, l’arruolamento: «Se ti fanno lavorare troppo, devi andare dal nostro sindacato». 
Dopo anni di toni incandescenti nei confronti di Silvio Berlusconi, per le Politiche del 2001 del ricongiungimento con il Cavaliere, Bossi si rinchiude nel suo fortino di via Bellerio «con i tre Roberti: Calderoli, Maroni e Castelli». Il centrodestra vince, ma la Lega non arriva al 4%. Bossi ascolta «Come è triste Venezia» di Aznavour su un vecchio mangiacassette. Poi, detta il titolo alla Padania: «Vittoria a caro prezzo». 
L’eredità 
Il ministro Giorgetti e 
i giorni della riscoperta dell’identità: «Legati a Bossi e non ripetibili» 
I mille racconti che riempiono il libro di Aurora Lussana non sono solo aneddoti o episodi sparsi. Si coagulano intorno ai temi che hanno segnato la prima, bizzarra e incredibile stagione della Lega. Gli allevatori, che per il laburista Bossi valgono doppio, perché vicini alla terra, legati al «valore ancestrale che unisce chi è consapevole di essere parte della natura». Retorico? Forse, ma Bossi tiene a battesimo i Milk warrior che prima erano soltanto stufi delle quote latte. 
Fino all’epilogo in tragedia, la tragica notte delle ramazze: «La base leghista si autoconvoca e vive la sua catarsi – scrive Lussana —. Bossi sul palco in lacrime chiede scusa per gli errori suoi e dei suoi famigliari. Per alcuni: la serata della vergogna e dell’umiliazione che ha desacralizzato per sempre Bossi». Per altri, «la serata della riscossa contro il cerchio magico che aveva preso in ostaggio Bossi e che ha consentito alla Lega di salvarsi dall’estinzione». Per tutti, una notte che si scolpirà nella memoria. Persino in quella dei «vermi», l’amorevole appellativo con cui l’Umberto chiama i giornalisti: ma con loro in realtà ha un rapporto assai migliore di qualunque leader politico, a far mattina parlando di politica, di figli, di poesia. 
Bossi dà le dimissioni, va a congresso. Contro di lui, c’è Roberto Maroni, amico di una vita. Il fondatore torna alla Bibbia: «Al re Salomone si presentano due donne che vogliono entrambe un bambino, Salomone non sa decidere di chi è il bambino: “Tagliatelo in mezzo!”. “No! No! Non tagliatelo, datelo all’altra, Il bambino è suo!”». E rivolgendosi a Maroni: «Ecco, il bambino è tuo!». 
Aurora Lussana dedica l’ultimo capitolo alla «Lega eterna». Che è poi il tema di questi quarant’anni: cosa è restato e cosa resterà della Lega. Lussana resta militante, la metafora è quella del kintsugi, arte giapponese di riparare la porcellana con un filo d’oro, «che dà valore alle cicatrici: i frammenti saldati tra loro rendono più prezioso il vaso», anche se «non è più il vaso originale». 
Il libro si conclude con le interviste ai personaggi più rappresentativi della Lega di oggi. Da annotare Giorgetti: «La stagione della riscoperta dell’identità era legata alla leadership carismatica di Bossi. Quella stagione è da consegnare alla storia perché legata indissolubilmente al suo fondatore. Una stagione non ripetibile».