Libero, 11 aprile 2024
Vita, opere e ossessioni di Dino Buzzati
Chiariamo subito di chi stiamo parlando. È un gigante del Novecento, un autore teatrale, un pittore e scenografo, librettista d’opera per Luciano Chailly e Riccardo Malipiero, nonché grande giornalista. E come se non bastasse, poeta, seppure in tono minore e non compiuto. Dino Buzzati è tutto questo.
Cresciuto in una famiglia di rigore quasi protestante, secondo una suggestione di Montanelli, fino all’età di quarant’anni, Buzzati osserva quasi militarmente la precettistica familiare intrisa di esasperata moralità. È abitudinario, zelante fino alla maniacalità, “doverista” sin da ragazzo, terrorizzato dalla sola idea di bigiare la scuola. La rivolta interiore contro il puritanesimo familiare avviene in età adulta e ciò che era considerato peccato continuerà a esistere non più come freno e inibizione ma come tormento e maledizione per non essere uguale agli altri. All’appello del Corriere della Sera risponde per ben quarantaquattro anni, rappresentando così uno dei rari esempi di fedeltà allo stesso giornale e d’impermeabilità alle mode letterarie e alle sagre sociali, da cui si tiene doverosamente lontano, così come da quell’impegno socio-sociale che avrebbe fatto felice il partigiano Giorgio Bocca, suo censore. Con un titolo preso in prestito da Giuseppe Berto, è da pochi giorni in libreria la prima biografia dedicata allo scrittore nato nel 1906 e scomparso nel 1972, scritta da Roberto Festorazzi, già autore di libri di storia contemporanea dedicati a Churchill, Margherita Sarfatti e Gabriele D’Annunzio, fonte primaria, quest’ultimo, del recente film Il cattivo poeta. Con Dino Buzzati. Il male oscuro (Macchione, € 30,00, pp. 272), Festorazzi non offre al lettore un saggio o un lavoro critico sull’autore de Il deserto dei tartari, ma una ricognizione, attraverso documenti e testimonianze, della vita privata dello scrittore premiato con lo Strega nel 1958. Scandita dalle diverse pubblicazioni, dal primo romanzo Bàrnabo delle montagne fino all’ultima raccolta di racconti ed elzeviri pubblicata in vita, Le notti difficili, la ricostruzione di Festorazzi entra nell’intimità di un Buzzati sconosciuto.
MALATTIA DELLO SPIRITO I suoi quaderni scritti a vent’anni, i diari e la corrispondenza con l’amico Arturo Brambilla, ci dicono molto dell’ossessione per le “pupe”di cui soffriva quasi perdutamente. «Guardo le pupe altrui come si guardano i miliardi quando passano per la strada» o «Avessi almeno l’amore come tutte le teste di cazzo che si vedono in giro!» sono alcune delle tante confessioni di quella che potrebbe essere definita una malattia dello spirito o un’allucinazione della carne. Buzzati è ossessionato dal sesso e dalla sua scarsa intraprendenza. In una Milano metafisica e sironiana, il giovane scrittore insegue le ragazze obbedendo a un bisogno compulsivo senza riuscire a superare la sua impenetrabile timidezza.
«Era un uomo dal sesso complicato e difficile, che egli aveva scoperto molto tardi» scrive Yves Panafieu nel suo Dino Buzzati: un autoritratto, risultato della trascrizione di una serie di colloqui con l’autore.
Da Il deserto dei tartari, scritto di notte su un quaderno stando seduto sul letto, fino a Poema a fumetti, primo esempio di graphic novel italiana, Buzzati si dimostra un prodigioso autore di storie dominate dal tema del tempo e dal mistero, dalla speranza frustrata dalla realtà e dalla morte; che, nel liberatorio romanzo Un amore, appare sotto forma di un’insormontabile torre grande e nera, sepolta e dimenticata, a causa del turbine della vita. Opera, questa, sorprendentemente scabrosa e rivelatrice di molti aspetti insospettabili di Buzzati. Se con il Deserto, Buzzati dimostra di essere kafkiano senza Kafka tra i piedi, cioè proprio un’altra cosa, con la vicenda sentimentale di Un amore, la sua fantasia si misura con la realtà per uscire dalla pura astrazione e dalla simbologia della fortezza Bastiani. In questo romanzo, quasi un calco autobiografico, in cui un architetto cinquantenne, Dorigo, s’innamora di un’esuberante diciottenne, Laide, ballerina della Scala ed escort, diremmo oggi, Festorazzi non esclude che il volto di Buzzati possa essere quello di un inimmaginabile “cacciatore seriale di lolite”. Forte dei racconti della moglie Almerina, che al momento del matrimonio con lo scrittore cinquantaquattrenne, aveva diciannove anni, Festorazzi dispiega pagine poco note e talvolta sconvolgenti. Basti qui ricordare che, dopo la morte di Buzzati, la moglie partì per Cortina con i diari del marito che lesse tutto d’un fiato, scoprendo di avere vissuto accanto a un uomo di cui ignorava la parte più nascosta e più autentica. Buzzati non era più l’uomo inappuntabile che anche con quaranta gradi vestiva con giacca, camicia, cravatta e scarpe stringate. Era un uomo posseduto da creature non solo immaginarie, venute su dal suo abisso carnale come provocanti mantidi dalla forma umana, un turbamento perfettamente sublimato in tutta la sua arte.
Se dell’opera sappiamo quasi tutto, sul piano biografico resta da varcare l’uscio più segreto. Ma per togliere la maschera dal viso di questo autore enigmatico e sfuggente, bisognerà aspettare che qualcuno, libero di mente, si prenda cura della pubblicazione integrale del suo diario “intimo”, tenuto sin dalla giovinezza fino a nove giorni prima della sua morte, all’insaputa della moglie, che giudicò non pubblicabile per almeno tre generazioni.