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 2024  aprile 10 Mercoledì calendario

“Mad Max”, l’artificiere del Donbass che ricicla le bombe russe inesplose “Sostituiscono le armi occidentali”


KRAMATORSK – Sotto un paio di cartoni c’è una bomba d’aereo Fab, tozza e lunga, con una testata da cinquecento chili capace di far cadere un palazzo come un castello di carte. Qui ci sono granate ammonticchiate. Lì decine di proiettili d’artiglieria inesplosi. Razzi. Mine anticarro. Missili tagliati in due con un seghetto da ferro. Cluster bombs. Candelotti di esplosivo. Piccoli ordigni da usare con i droni. Fedele al suo nome, “Mad Max” esce dal buio del suo laboratorio con una sigaretta in bocca. Speriamo che ci sia un buon sistema antincendio qui. «Ci dev’essere un estintore, da qualche parte».
Max Polyukovich, nome di battaglia “Mad Max”, è un soldato ucraino con una lunga esperienza da artificiere – «ho disinnescato migliaia di mine in tre anni» durante la guerra in Donbass, prima dell’invasione totale del 2022. Oggi con una piccola squadra di aiutanti gira vicino alla linea del fronte, recupera gli ordigni inesplosi, verifica se possono essere ancora usati oppure no e se la risposta è no li apre, estrae l’esplosivo e produce nuove bombe. «Nell’ultimo mese abbiamo prodotto una tonnellata e mezzo di esplosivo», dice indicando tutto attorno il suo laboratorio, un casolare nella campagna del Donbass stipato all’inverosimile di ordigni – alcuni ancora interi, altri con già il guscio aperto. «C’è una regola che pochi conoscono: quando i russi si ritirano in fretta da un posto e fanno saltare i loro depositi di munizioni, soltanto il venti per cento esplode, il resto si sparpaglia o finisce sottoterra. È lì che intervengo io. Sono come un cacciatore – ride – so dove andare a trovare i colpi di artiglieria russi, sento la loro presenza. Di recente ho scovato un paio di nascondigli di munizioni. Il primo l’avevano fatto esplodere e ha semplicemente coperto di terra detriti il secondo».
Le mani non si fermano un secondo. Prende la calotta di una mina anticarro svuotata, la posa, afferra un fucile da caccia russo che si è tenuto come trofeo. «A volte se vedi uno stagno non è uno stagno, è il cratere formato da un’esplosione, le acque sotterranee si sono sollevate e l’hanno riempito e capisci che lì sotto ci sono altre munizioni. Devi immergerti per prendere le granate».
In Italia c’è una parte della popolazione che pensa che se non mandiamo più armi in Ucraina farete la pace con la Russia, tu che cosa ne pensi? «Se non arriveranno armi cominceremo a combattere da partigiani, continuerò a fare la guerra ma clandestina. Con un vicino così nessuno avrà la pace. Dall’Italia però mi sta arrivando un forno per fare la cioccolata, ne produce 150 chilogrammi alla volta. Mi serve per liquefare l’esplosivo in sicurezza che poi verso nelle nuove bombe, ha le caratteristiche che mi servono. Il punto di fusione è lo stesso. Guardati attorno e dimmi se vedi un’arma americana. Nemmeno una, nemmeno un grammo. È tutta roba russa e io la sto riutilizzando». Afferra la canna di un fucile anticarro che dal calcio poggiato al pavimento alla bocca da fuoco è più alto di lui, «questo è sovietico, è un modelloche hanno cominciato a usare contro i tedeschi. I russi li usano ancora». Accanto al fucile disegnato nella Seconda guerra mondiale ci sono un paio di droni ucraini Vampiro, enormi, con sei eliche, che i russi chiamano “Baba Yaga”: l’orco. «Lavoro anche per i piloti di droni. Ho fatto queste granate – ne solleva una – l’altro giorno ci hanno distrutto un carro armato T-90». Alza un telo: centinaia di granate più piccole coprono il pavimento della stanza. «Queste sono quelle che saranno sganciate dai droni». Apre una cassetta di legno: «Queste invece sono più grandi, sono per i droni suicidi, che vanno a schiantarsi contro il bersaglio». Cammina fino a un’altra ala del casolare, ci sono contenitori termici con led rossi, roba in cottura – in mancanza di una definizione migliore. «È tutta roba che viene dai russi. Abbiamo appena prodotto 217 kg di esplosivo in quattro giorni».
E le munizioni che sono ancora utilizzabili? «Prima passano per un controllo, poi le smistiamo a chi servono. Ricevo ordinazioni. Mi chiedono: procuraci colpi di artiglieria da 152 millimetri. E io parto, perché so dove sono, in tre anni durante la guerra e prima dell’invasione mi sono segnato tutti i luoghi e che cosa è successo, so dove cercare. Certi posti sono minati e sono rimasti intoccati, i civili non ci vanno. Oppure mi dicono: ci servono mine da 120 millimetri e io le trovo». Un po’ tipo Glovo, no? «È come a Stalingrado, devi procurarti le armi in battaglia. Perché adesso non ci danno niente».