Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2024  aprile 10 Mercoledì calendario

Regole ignorate e commi astrusi Il ritorno dei «codici etici»

Roma «Chi è senza peccato scagli il codice etico», si potrebbe dire oggi rivedendo la massima resa immortale dal Vangelo secondo Giovanni a proposito della prima pietra, il cui utilizzo per la lapidazione andava riservato a chi di peccati ne aveva sommati zero, non pochi o meno degli altri, nessuno proprio. E adesso che tra le carte delle indagini della Procura di Bari (l’assessora dimissionaria della giunta Emiliano, centrosinistra), l’inchiesta di Torino (big del Partito democratico locale, centrosinistra) e gli arresti di Palermo (un ex consigliere di Fratelli d’Italia, centrodestra) – solo per rimanere agli ultimi giorni – la questione morale torna sulla scena con una certa prepotenza, ecco che si rinfresca anche la mitologia del Codice etico, che come molte figure mitologiche sembra metà «codice» e metà «etico».Formalmente indispensabile come i bugiardini nei medicinali ma verosimilmente compulsato dallo stesso numero di lettori del genere di cui sopra (cioè pochini), il Codice etico torna di tanto in tanto a regolare conti che sembrano chiusi per sempre salvo poi riaprirsi come una ferita mal rimarginata. Nonostante il Pd sia stato il primo partito a dotarsene sin dal momento della sua fondazione, Elly Schlein ha intenzione di rimetterci mano per vagliare al meglio le candidature delle prossime Europee. Il Movimento 5 Stelle ne ha scoperto l’esistenza con leggero ritardo rispetto ai suoi primi vagiti ma comunque ce l’ha, datato 2017, giusto in tempo per la campagna elettorale dell’anno successivo, guarda caso apertasi con alcuni dei candidati che baravano sui bonifici dei rimborsi e che vennero eletti lo stesso perché era troppo tardi per rimuoverli (uno degli «impresentabili», Andrea Cecconi, nel collegio di Pesaro sconfisse nientemeno che Marco Minniti, l’uomo d’ordine per antonomasia del centrosinistra).
«Sempre in voga perché non è di moda mai», come cantava della figura mitologica del «tamarro» il duo rap Articolo 31 alla fine del Novecento, il Codice etico ha vissuto picchi di celebrità negli anni Dieci del nuovo millennio. La Camera dei deputati ne ha approvato uno che regolamenta i rapporti tra gli eletti, collegandolo al varo di un Regolamento dell’attività di lobbying (tra le altre cose, dentro c’è scritto che un deputato non può accettare un regalo dal valore superiore ai 250 euro); e le «gravi e reiterate» violazioni del Codice etico dell’Associazione nazionale magistrati sono state alla base dell’irreversibile provvedimento di espulsione del suo ex numero uno Luca Palamara, in tempi più recenti.
Fratelli d’Italia, anche se all’inizio non lo aveva, adesso ha un Codice etico tutto suo. In cui, oltre alle prescrizioni sui comportamenti che hanno a che fare con il rispetto delle leggi e i casellari giudiziari, trova spazio un po’ di tutto: dall’obbligo di «frequentare gli incontri informativi e formativi di FdI» (i maggiorenti che hanno marcato visita all’ultima domenica di Atreju erano passabili di provvedimento disciplinare?) a quello di «non andare in conflitto pubblico con altri esponenti di Fratelli d’Italia», che alla luce di quello che è accaduto a Biella e dintorni negli ultimi quattro mesi ha forse mostrato un tocco di inefficacia.
Perché è vero, in politica e non solo, ai Codici etici a volte capita di essere inutili (perché ci sono già le leggi dello Stato) o di non funzionare proprio, per colpa di maglie a volte troppo larghe e altre troppo strette, spesso a causa di articoli e commi che rasentano l’incomprensibilità. Fu anche per questo, forse, che qualche anno fa, all’alba della campagna elettorale per le Comunali di Palermo del 2017, Forza Italia predispose una sorta di codice di comportamento per i suoi candidati. Era tutto scritto là, compreso che chi si fosse fatto beccare anche solo «con un sacchetto della spesa o un piatto di pasta» di troppo se la sarebbe vista pure col partito, pronto a costituirsi parte civile. Ma visto che sembrò tutto troppo innovativo o troppo complicato, il coordinatore Gianfranco Miccichè spiegò la novità a parole sue. Queste: «Non fate minch..te».