il Fatto Quotidiano, 10 aprile 2024
Intervista a Riccardo Zanotti (Pinguini tattici Nucleari)
“Al debutto ad Assago, l’altra sera, c’era questa ragazza con un cartello: ‘Sono venuta per voi da Boston’”.
Addirittura.
Qualche decina di americani è il nostro zoccolo duro d’oltreoceano (ride). Quando abbiamo suonato a Londra c’era uno del Massachusetts che compulsava le app per capire i testi.
Pinguini Tattici Nucleari alla conquista del pianeta, caro Riccardo Zanotti. Intanto 33 date nei palazzetti italiani.
Capirò se sono invecchiato al quarto risveglio. Mi chiederò pure io che mondo lascerò a Keith Richards.
Un milione di biglietti lo scorso anno negli stadi, dove tornerete nel 2025. Ma la vostra missione resta l’intimità con il pubblico.
È la chiave per arrivare alle persone. Leggende come Madonna o il genio David Bowie hanno propugnato la distanza. Noi possiamo essere solo inclusivi. I Pinguini e il pubblico sono pianeti soggetti ad attrazione gravitazionale reciproca. Al concerto tutti cantano, ti dimentichi se è il fan o la band.
A proposito di chiavi, prima di ‘Bergamo’ avete chiesto agli spettatori di farle tintinnare citando il poeta palestinese Mahmoud Darwish. Le parole di Pensa agli altri. A chi non ha più casa.
Parlarne è importante. Non ci illudiamo di cambiare la testa della gente, però tornando dal concerto qualcuno potrà discuterne tra amici o in famiglia. I palestinesi stanno subendo angherie spropositate. Sono morti volontari che portavano cibo. Persino l’America ha avanzato dubbi sull’operato di Israele. Che dimostrerebbe di essere una vera potenza solo placandosi, mostrandosi clemente. Naturalmente condanniamo senza riserve l’attacco di Hamas del 7 ottobre. A un rave, per giunta. Basta violenze e atrocità.
Presa d’atto politica?
Non abbiamo la pretesa di sottolineare ragioni o torti, siamo per la coabitazione di due popoli in due stati. Parliamo di umanità, solleviamo questioni. Come abbiamo fatto con la diversità di genere o gli hikikomori. Non siamo una band politica ma non vogliamo essere presi alla leggera solo perché facciamo pop.
L’idea delle chiavi viene da lontano.
Elio Biffi l’ha presa in prestito da uno dei nostri gruppi di culto, gli Area. Che chiedevano di agitare le chiavi, come simbolica protesta, già negli anni 70. Questa spirale di morte va avanti da dopo la Seconda guerra mondiale. Con la logica dell’occhio per occhio, alla fine tutti diventano ciechi.
Anche se non vi schierate non la mandate a dire. Diversamente da tanti colleghi che sembrano aver paura di commentare persino l’ovvio.
Non siamo certo noi a dover tirare per la giacchetta chi non se la sente. Siamo in democrazia.
Nelle scorse ore siete stati messi in mezzo proprio voi. Da Don Beppe Zorzan, parroco di Santena. Ha detto: ‘I Pinguini hanno già fatto il sold out per gli stadi dell’anno prossimo, qui viene Gesù e la chiesa è sempre vuota’.
Questo prete è un grande comunicatore. È riuscito a far parlare della sua parrocchia. Noi non siamo mai andati a Messa. Vista da fuori, la Chiesa dovrebbe imparare a parlare di più al cuore dei giovani e ai ‘diversi’, che non possono essere accettati solo se ‘diversi’ fino a una certa misura. Il mondo sta cambiando rapidamente, la Chiesa acceleri il passo.
Però.
Oh, io non sono un cardinale. Nessuno dà credito alle parole di un Pinguino. Ma chiediamoci perché i ragazzi stiano cercando risposte nella letteratura, nei film e nella musica. Forse gli artisti sono seguiti perché pongono solo domande, e lasciano che siano gli altri a trovare le risposte.
Stare in una band aiuta a superare i momenti di sconforto che provano certi giovani idoli?
Il gruppo forma un cerchio, un girotondo. Penso al quadro di Matisse, La danza. Se ti senti debole ti metti in mezzo e i compagni ti fanno schermo, proteggendoti. L’industria musicale ti carica sulle spalle aspettative pesantissime, come certi genitori che si aspettano tu faccia gol ogni domenica o prenda dieci in tutte le materie. Una band è un ecosistema che si autopreserva, in un contesto in cui contano solo i numeri. Arriva il momento in cui vendi meno singoli o biglietti. Lì bisogna spogliarsi dell’abito dei numeri e tornare a essere persone.