il Fatto Quotidiano, 9 aprile 2024
Intervista a Fabrizio Barca
Fabrizio Barca sta facendo un viaggio per l’Italia presentando il libro Quale Europa. Insieme a figure come Elena Granaglia, Vittorio Cogliati Dezza e altre trenta persone del Forum Disuguaglianze e Diversità sta conducendo una originalissima campagna elettorale: non per promuovere un partito, ma dei contenuti.
Che contenuti?
Ci siamo dati un obiettivo duplice: portare in campagna elettorale tredici punti che se fossero realizzati restituirebbero l’Europa che sogniamo. Secondo: “scatenare” le persone che incontriamo in giro per l’Italia a stare addosso a candidati e candidate per pretendere che si impegnino a fare determinate cose. Anche perché al Parlamento europeo sappiamo chi votiamo: si tratta di elezioni “vere”, con il proporzionale e con le preferenze.
Nel libro si descrivono tre idee di Europa alternative tra loro che competono. Quali sono?
La prima, “l’Europa di Ursula” è la coalizione che governa da sempre, con una persistente cultura neoliberista. Ha avuto un sussulto dopo i disastri del 2008-2009, con l’avvio di provvedimenti sul fronte ambientale, digitale e sociale ma assolutamente non sufficiente tanto che ha prodotto una ritirata reiterando il Patto di stabilità o rispondendo ad alcune legittime proteste degli agricoltori buttando a mare l’ambiente. La cultura neoliberista sembra una malattia che non si riesce a estirpare. Non sapendo dialogare con la società, questa prima Europa sfocia inevitabilmente nella seconda, quella conservatrice-autoritaria. Che rimane neoliberista, come dimostra Giorgia Meloni, ma si accompagna a un di più di autoritarismo, repressione, corporativismo, xenofobia.
E la terza Europa?
È quella che si libera della cultura neoliberista e fa della pace, della giustizia sociale, dell’ecologia i suoi obiettivi primari. E che discute provvedimenti, anche già sul tavolo di Bruxelles, con la società civile e del lavoro permettendo di non bloccarli. Diciamo che è un’Europa che fa sul serio quello che la prima Europa non vuole e non sa fare.
Chi rappresenta questa terza Europa? Non si vedono grandi forze in grado di svincolarsi dal pensiero dominante.
Nessuno dei gruppi parlamentari europei sa prendere in mano queste istanze, ma c’è una “nuvola” di parlamentari progressisti, che va dalla socialdemocrazia, alla sinistra, ai liberali e si infiltra nei popolari o passa per i 5 Stelle italiani, che può fare la differenza. Si tratta di alleanze di scopo, producendo convergenze su un’alternativa. Questo può consentire al Parlamento europeo, che a differenza di quello italiano funziona, di fare la differenza.
Un esempio?
Una delle nostre tredici proposte: costruire un’infrastruttura pubblica della salute che faccia ricerca e anche sviluppo di vaccini e anti-virali. È stata accolta da una coalizione anomala, ma quando è arrivata la legge dei farmaci c’è stato un passo indietro. Ora, 50 parlamentari di partiti diversi, hanno riproposto un emendamento che va in discussione il 10 o 11 aprile e potrebbe addirittura passare.
Questa “nuvola” è possibile anche sulla guerra? Che giudizio del ruolo della Ue nei conflitti in corso?
Un giudizio pessimo: l’Unione europea ha responsabilità nelle premesse del conflitto e non ha costruito nessun negoziato. Ma visto che quella “nuvola” è a favore della conoscenza aperta e visto che una delle cause della guerra è la combinazione tra brevetti e segreti militari (come spiega Ugo Pagano nel libro) così come la solita idea di aumentare la domanda attraverso le spese per la difesa, magari può rompere il meccanismo.
Ma come può tradursi a livello nazionale questo approccio? Non si vede in giro una grande fiducia nell’appuntamento delle Europee.
Le primissime tappe del nostro viaggio “nel margine” mostrano una grande difficoltà a credere in queste elezioni. Secondo l’Eurobarometro la popolazione pensa di non contare nulla. E questa posizione viene da persone impegnatissime: penso alla Casa del Popolo di Rosarno dove sono appena stato. Persone che non solo non si sentono ascoltate ma che nelle loro sperimentazioni sociali spesso vengono ostacolate. Ma non stiamo costruendo un partito che impugni questa bandiera, il nostro lavoro è scegliere candidati e candidate giuste.
La situazione nel campo delle opposizioni non induce a particolare ottimismo: che pensa dello scontro in atto tra Pd e M5S?
Se confrontiamo il modo in cui M5S, il Pd e Calenda, cioè le opposizioni reali, si confrontano su questioni di facciata, parlando spesso di cose che non interessano a nessuno, con il fatto che a Bruxelles convergono su una proposta per la salute pubblica, sembrano davvero dei pazzi. Le alleanze si fanno sulle cose vere, sui contenuti, sulla vita delle persone. E se parliamo di contenuti gli accordi si possono trovare Anche perché se non trovano accordi, dal punto di vista italiano, siamo finiti.