la Repubblica, 8 aprile 2024
Italiani malati di calcio ma con l’effetto Sinner il tennis sbaraglia tutti gli altri sport
Nel corso del tempo, alcuni riferimenti mantengono un ruolo importante agli occhi degli italiani. Temi, istituzioni, ambienti che “appassionano”. Senza “appassire”. Lo abbiamo verificato di recente, in un sondaggio condotto da Demos, che, come in passato, ha individuato il territorio come principale motivo di “passione”. Perché il territorio afferma e conferma la nostra identità, locale e nazionale. Mentre la “religione” ha perduto terreno. Avvicinata dalla politica, che ha beneficiato dei cambiamenti degli ultimi anni. Durante i quali i partiti hanno cambiato immagine. E identità. Riproducendo, sempre più, il sentimento di sfiducia e distacco cresciuto nella società. Lo sport, a sua volta, ha mantenuto un ruolo importante. Ribadito dall’indagine di Demos. D’altra parte, le bandiere delle squadre sportive, non solo di calcio, continuano ad alimentare passioni, appartenenze. E divisioni. Come sottolinea lo stesso sondaggio. Che conferma, a questo proposito la priorità del calcio. Ma fa emergere altri riferimenti, che rispecchiano la visibilità ottenuta da alcune “squadre” e “atleti”. In ambito internazionale. In Formula 1. Nel motociclismo. E in altre attività, come l’atletica, la pallavolo, il nuoto. Soprattutto, il tennis. Che, rispetto, al 2016, nel sondaggio di Demos, ha quasi raddoppiato la quota degli appassionati. E degli “spettatori” attenti. Come me. Che non sono un esperto. Ma un “italiano curioso di professione”, verso eventi e persone che caratterizzano le cronache. Il tennis ha suscitato un’attenzione crescente in seguito alla vittoria della nazionale italiana in Coppa Davis, nello scorso novembre, dopo 47 anni. Ma la “passione” degli italiani è stata alimentata dai risultati ottenuti da tennisti, come Matteo Berrettini (vincitore, ieri, del torneo di Marrakech), Lorenzo Musetti, Lorenzo Sonego, Matteo Arnaldi. Per citarne alcuni. Ed è stata “trainata”, soprattutto, dai successi di Jannik Sinner. Agli Australian Open, a fine gennaio. E, di recente, a Miami.
Il principale sport che genera “tifo”, cioè: una passione tanto intensa da risultare “anomala”, quasi “morbosa”, però, si conferma “il calcio”. Che continua a “contaminare” oltre metà (per la precisione: il 53%) degli italiani intervistati da Demos. Il calcio: una forma (talora accentuata) di altre passioni. In particolare, il territorio. Perché le squadre di calcio si col-legano e si legano al territorio. Alle città e alle zone di appartenenza. Anche se “non solo”. Ma il calcio evoca, naturalmente, anche la politica. Perché divide le persone. In “partiti”. Che si riconoscono sempre più nei “Leader”. Cioè, in giocatori particolarmente rappresentativi. Che “guidano” la squadra. E le danno un’immagine che persiste e resiste anche dopo la loro “partenza”. Il trasferimento del giocatore in altre città. In altre squadre.
Il sondaggio, infatti, conferma come la “mappa del tifo” si riproduca nel corso degli anni. I tifosi della Juventus, in particolare, appaiono, come in passato, i più numerosi. Quasi un terzo di coloro che dichiarano il loro attaccamento a u na squadra di calcio. In ripresa, dopo i problemi “legali” (e gli scandali) degli ultimi anni. Che ne hanno penalizzato la classifica. E la credibilità. I “bianconeri”, infatti, risultano ancora distribuiti in tutto il Paese. Con un’alta densità, soprattutto, nel Nord Ovest, intorno a Torino. La “città d’origine” della Juve. Ma evidenziano una presenza elevata anche nelle altre Regioni del Nord e del Centro. Ma “diffusa” anche nel Sud. Mentre i tifosi di Inter e Milan, le squadre che la seguono nelle preferenze dei cittadini intervistati, sono concentrati nel Nord e nelle Regioni del Centro. I sostenitori della Roma risultano, ovviamente, numerosi anzitutto intorno alla Capitale. E quelli del Napoli nel Centro Sud. Anche se appaiono presenti in misura significativa anche in alcune aree del Nord. Come i cittadini “migrati” dal Mezzogiorno,in passato. In questo modo si spiega, almeno in parte, l’approccio di alcuni imprenditori al mondo dello sport. In particolare, al calcio. Per avvicinarsi e accedere alla politica. Con risultati non sempre coerenti. Perché il “campo” della politica è diverso da quello di gioco. Condizionato, però, in entrambi i casi, dall’importanza crescente assunta dai media. Anzitutto, ma non solo, dalla TV. Che, tuttavia, rischia di rendere il rapporto fra i tifosi e le loro squadre sempre più fluido. Fino a trasformare il “tifo” in un malessere leggero. E passeggero. Curabile senza troppe difficoltà.