Corriere della Sera, 8 aprile 2024
Intervista a Jannik Sinner
È rilassato («La pressione mi piace, ma amo anche condurre una vita semplice: per me è importante»), contento perché ha appena avuto i biglietti per il babbo (come lo chiama lui), curioso: «Lo swing americano sul veloce è andato molto bene, adesso voglio proprio vedere come reagisco sulla terra».
Jannik n.2 del ranking somiglia al Sinner che ancora non tallonava Djokovic da vicino: piantato al centro del suo mondo, mentre tutto intorno Montecarlo impazzisce per il fuoriclasse italiano, la parola che pronuncia più spesso, e con maggior partecipazione, è «normalità». Normalità della famiglia in arrivo, del mestiere che ha scelto, del sorpasso all’orizzonte. Un futuro re del tennis normale, se mai sarà possibile.
Jannik, tra Indian Wells e Miami è passata una narrazione buonista da libro Cuore: l’ombrello tenuto alla raccattapalle, l’acqua alla spettatrice, la partita a pallone con il bambino. Manca solo che parli agli uccellini. Le piace questa immagine di sé o si sta un po’ esagerando?
«Ecco, forse si è andati un po’ oltre. A me è sembrato di fare cose normali: vedi uno che non sta bene, lo aiuti; incontri un bambino, c’è una palla, fai due tiri. Non sto nemmeno a pensarci. È il mio modo di vivere. In campo sono serio, faccio i miei rituali, ma dopo il match mi piace scherzare. Io sono così, sono sempre stato così: la differenza è che adesso ho più telecamere addosso, più attenzione. E tutto viene amplificato. Ma non esageriamo, dai...».
Ma un difetto ce l’ha?
«Ho gli stessi difetti di qualsiasi altro ragazzo della mia età. Tipo che non lavo i piatti quando finisco di mangiare, li lascio lì e me ne occupo due giorni dopo».
Ma non è un gran difetto.
«Mi arrabbio anch’io, come è giusto che sia. Però nella vita vanno capiti i momenti: c’è un tempo per scherzare, uno per incavolarsi, uno per essere seri. Il mio difetto nel tennis, per esempio, è che a volte ho troppa fretta: voglio imparare tutto subito. Ma ho anche capito che, se mi metto fretta, perdo chiarezza nella mente e quella situazione, invece di aiutarmi, mi frega».
Djokovic, quasi rassegnato al sorpasso al vertice, dice che il grande cambiamento di Sinner rispetto all’anno scorso è che oggi i match importanti li vince lei.
«Sì però non posso vincere tutto: è impossibile. Chi l’ha detto che ora non perdo più? A Indian Wells è successo. Di certo ho imparato dagli errori e dall’esperienza, negli ultimi mesi si è visto. È stata una crescita progressiva, mancava l’ultimo passo, che sul veloce è arrivato. Adesso comincia la terra, cambia tutto: mi aspettano mesi difficili, ma anche interessanti».
Un anno fa, qui a Montecarlo, ci raccontava la novità di papà Hanspeter più presente come cuoco, per recuperare il tempo perduto. Vorrebbe più spesso ai tornei anche suo fratello Mark?
Djokovic nel mirino
So che non posso vincere tutto ma ho imparato dagli errori, adesso gioco senza pensare tanto
E sono diventato alto 1,93
«Non cambierà niente: la mia mamma continua a non guardare le partite perché si agita, e se la chiamo spesso non risponde perché ha da fare. Mio fratello lavora, quindi non può seguirmi. A Indian Wells ho invitato il mio migliore amico: mi ha fatto piacere che sia venuto perché ha potuto vedere come funzionano il mio mondo e la mia vita. Ha visto che, vinco o perdo, sono sempre lo stesso Jannik che ha conosciuto a scuola. Ci tengo a tenere le persone a cui voglio tanto bene vicino a me. Vincere ha un peso, ma la cosa più importante sono gli affetti. Quando ero piccolo e i miei rientravano da una giornata di duro lavoro, comunque sorridevano».
Quattro chili di muscoli in più dell’anno scorso: quanto crescerà fisicamente nel 2024?
«Oddio io con i numeri sono negato, però sono cresciuto in altezza: 1,92/1,93, non più l’1,88 che riporta il sito dell’Atp. Non esagero con i pesi, farne troppi è rischioso. Oltre che fisica, la mia crescita è tattica: adesso riesco a giocare senza pensare tanto, viene tutto più naturale. Pensare toglie fluidità. Ma per riuscirci devi poterti fidare del tuo fisico e di certi colpi, che prima non mi venivano bene. In palestra solo io e il mio team sappiamo quanto lavoro faccio: il risultato è che sto bene, ho giocato tutto il 2023, e fino a qui, senza avere problemi. E anche quando sono stanco, recupero più in fretta».
Cosa chiede al torneo di Montecarlo, quest’anno?
«Poco. L’obiettivo è fare una settimana di allenamento attivo, grazie alle partite. Vediamo cosa ne esce fuori. Il focus della mia stagione sarà Parigi tra Roland Garros e Olimpiadi, con Wimbledon in mezzo. Anche Roma per me, da italiano, è un torneo molto importante. La terra non è la superficie su cui sono più a mio agio ma non significa che non so giocarci... È che l’adattamento richiede tempo: sto provando a stringere amicizia anche col rosso».
Cosa la incuriosisce dell’Olimpiade?
«L’atmosfera, il fatto che ci sia solo ogni quattro anni, la condivisione, incontrare altri atleti. Mi piacerebbe andare allo stadio a vedere l’atletica. A Tokyo, tre anni fa, non mi ero sentito pronto ma ora è cambiato tutto».
Dopo la tiritera su Sanremo (va? non va?) è matura la tiritera sul ruolo di portabandiera dell’Italia ai Giochi di Parigi: è giusto che lo faccia Jannik Sinner?
«Secondo me è giusto che lo faccia un atleta che ha già vinto una medaglia d’oro. Per me sarà la prima volta ai Giochi, sento di aver fatto fare un bel passo avanti al tennis italiano insieme agli altri azzurri, però onestamente la bandiera deve portarla chi basa la carriera sulle Olimpiadi. Poi se vogliono darmela, io sono felice ma come tennista ho i quattro Slam, i nove Master 1000, la Coppa Davis... Per me l’Olimpiade è un torneo, un di più. Per altri è il torneo».
Giusto ragionamento.
Portabandiera a Parigi
Penso sia più giusto che lo faccia chi ha già vinto un oro olimpico e basa tutta la sua carriera sui Giochi. Colpito da un’intervista a Usain Bolt
«Ho letto un’intervista a Usain Bolt in cui diceva: io mi alleno quattro anni per correre cento metri in nove secondi. Mi ha colpito».