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 2024  aprile 07 Domenica calendario

Intervista a Michele Emiliano

 Qualcuno che a Bari le è stato molto vicino dice che «il suo ciclo è finito». Che lei è «un elefante nella stanza del Pd». Quale effetto le fa?
«Io sono sempre stato l’elefante nella stanza del Pd!», sogghigna Michele Emiliano: «Il partito non mi ha mai metabolizzato, sono stato sempre una spina nel fianco, per tanti segretari».
È ingiusto almeno con D’Alema, che la lanciò...
«Non mi ha lanciato per niente. Mi disse: “Dimettiti da segretario regionale, devi fare il sindaco e basta”. Di Renzi non ne parliamo! Poi, con Zingaretti le cose sono cambiate, s’è lavorato bene».
Il giorno dopo la tempesta è affollato di nostalgie e amarezze, sassolini nelle scarpe e orgoglio. Emiliano sa che la sua Puglia è un caso nazionale per l’addio al campo largo e che lui è un caso nel caso, con la sua assessora Maurodinoia travolta dalla compravendita dei voti e l’odore di palude tutt’attorno. E, naturalmente, vorrebbe fare di questa intervista una lunga rievocazione di vent’anni di lotta alle mafie e riqualificazioni urbane, prima da sindaco e poi da presidente della Regione. Tira gran boccate di toscano avvolto in una felpa blu extralarge col suo nome stampato in petto. Ha l’aria di un grosso gatto dal pelo arruffato.
Come sta?
«Bene. Come sta bene chi ha speso una vita contro le cosche e ora vede il tentativo strumentale di cambiare il senso di una storia».
Lei ha fatto lo sceriffo, in quella storia... E adesso?
«Ho fatto lo sceriffo come tutore della legalità, da pm, e poi da sindaco e da governatore ho applicato riflessioni che avevo fatto da magistrato: abbiamo ripreso posti come Japigia, dove non si entrava, fatto la Ztl a Bari Vecchia dando un colpo ai mafiosi che finivano nei filmati, assunto decine di agenti, messo centinaia di telecamere».
Sia gentile, veniamo all’oggi. Per restare ai segretari, lei ha creato un bel problema alla povera Schlein.
«Elly mi è stata vicinissima. Venerdì siamo stati sempre assieme, assieme abbiamo detto a tutti di continuare la battaglia politica alzando un’altissima vigilanza. Poi abbiamo avuto una splendida cena. Lei ha intuito e grandi capacità. Le ho detto: “Per quanto sei consapevole sembri più vecchia della tua età”».
Caspita, bel complimento... Però non tutto mi torna: nel partito non bruciano d’amore per lei, «l’elefante».
«Beh, ci sono quelli che ho sconfitto, essenzialmente dalemiani poi diventati renziani. Alcuni che da vent’anni si sentono bloccati da me e non vedono l’ora che mi ritiri».
Nelle vicende della Regione, da Vendola a lei, si coglie una tendenza che ho chiamato «tatarellismo di sinistra»: inglobare gli avversari con incarichi e prebende. Trasformismo?
«Macché. Il nostro progetto è talmente accattivante che molti avversari vi aderiscono per passione politica».
Mi prende in giro?
«Neanche un po’. Penso a Rocco Palese. Ad Alessandro Delli Noci. Ma anche al mio amico Decaro, di cui parlate tanto in questi giorni. Veniva da una lista erede dei socialisti. Quando decisi che dovesse essere il mio successore non fu facile fargli vincere la battaglia delle primarie».
Sull’amico Decaro torniamo tra un attimo. Mi spieghi quale passione sprigionava, al di là dei voti, Anita Maurodinoia e come è possibile che in una città come Bari lei non conoscesse suo marito, l’ormai famoso «Sandrino».
«Sandro Cataldo nessuno di noi lo conosceva. Quanto ad Anita, che si è dimessa a tutela della Regione proclamandosi innocente, non è che la provenienza politica determini il tasso di onestà di un politico. Ho visto gente del Pci fare cose terribili. Il lavoro preventivo di screening è difficilissimo».
Veniamo all’amico Decaro. Avete rotto, no?
«No. Abbiamo un legame ventennale che si è rinsaldato: ci attaccano insieme».
Lei gli rimprovera scarsa vicinanza in storie come l’arresto del suo capo della Protezione civile o i costi dell’ospedale in Fiera…
«Ma no. Che uno dei 257 dirigenti della Regione abbia avuto condotte esecrabili, che ha pagato eccome, non ha creato alcun problema tra me e Antonio. E neppure l’ospedale, per il quale i costi si sono rivelati bassissimi».
La rottura
«Il prossimo sindaco di Bari sarà unitario La rottura Pd-M5S? Niente è definitivo»
Lei però ha rovinato l’amico Decaro quando ha raccontato in piazza di averlo portato, come un pupo, a raccomandarlo dalla sorella (incensurata) del boss Capriati. Un autogol?
«In realtà avevo usato un’iperbole da comizio: il pm Emiliano, che aveva fatto arrestare i mafiosi, va nella sua veste di sindaco a spiegare ai cittadini di Bari Vecchia la Ztl e porta con sé il suo assessore».
Non una grande idea.
«Vabbé, col senno di poi userei altre parole, poi dopo tanti anni ognuno può ricordarla diversamente».
Il messaggio che comunicava è: Decaro è roba mia.
«Non c’era bisogno di dirlo. Decaro è bravissimo ma la storia è quella lì».
Cioè lui è suo?
«Io non posseggo persone! ( ride ) Antonio ha fatto la sua strada in piena libertà».
Lei è un pontiere storico con i Cinque Stelle. Pentito?
«No. Abbiamo lavorato per l’alleanza in Puglia, ci sta che su altri tavoli non si chiuda. Condivido l’appello di Conte alla massima vigilanza».
Schlein lo accusa di speculare contro il Pd. E lei non è deluso da Conte?
«No. Schlein fa un lavoro diverso dal mio. In giro per l’Italia ci sono situazioni che l’hanno spinta a dichiarazioni secondo il suo ruolo. Noi in Regione lavoriamo assieme. Poi, certo, far saltare le primarie è stato un colpo ma al di là delle dichiarazioni a caldo siamo tutti impegnati per la soluzione più giusta. Il prossimo sindaco di Bari sarà espressione dell’unità».
Mi faccia capire bene: lei non pensa che la rottura Pd-M5S sia definitiva?
«Non esiste nulla di definitivo in politica».
Ha mai pensato in questi giorni che la sinistra pugliese ha perso l’anima?
«Mai. Ma sono estremizzazioni che conosco bene».
Il rapporto politica-magistratura resta un grumo doloroso. Lei fa il politico da tanti anni ma non si è mai dimesso da magistrato.
«Sono in aspettativa, la legge me lo consente».
Ma le pare opportuno fare politica nella stessa città in cui, da magistrato, ha conosciuto vicende anche privatissime di eventuali avversari politici?
«E non vale forse per gli avvocati? O per i medici? Il punto è solo uno: la correttezza».
Pensa mai di rivestire la toga?
«Mah. Sarebbe possibile. Non mi si applica nemmeno l’ultima normativa sulle “porte girevoli”. Ma sarebbe meglio evitare, eh. Sa, temo di aver perso lo smalto».