La Stampa, 6 aprile 2024
Vladimir Luxuria intervista Maria Grazia Cucinotta
Quando organizzavo Muccassassina (ndr la serata Lgbtqi+ più importante e longeva d’Italia) ho regalato a tua figlia, che all’epoca era un fagotto, una piccola mucca. Ce l’ha ancora?«Certo che la conserva: è un ricordo importante della sua infanzia. Ed è un ricordo di un’amica che è rimasta da allora sempre nella mia vita».Ti ricordi quando, alla fine degli anni’90, ti invitai a Muccassassina e tu non volesti fare l’«ospite Vip» ma hai deciso di metterti dietro il bancone a spillare la birra per i clienti?«Io sono così. Non l’ho voluto fare per volontà di stupire. Ma per ribadire, ancora una volta, che siamo tutte e tutti uguali. Se io sono diventata una persona famosa, lo devo al pubblico e io mi sono messa al servizio del pubblico».Che tipo di educazione hai impartito a tua figlia?«Io le ho fatto vivere la vita in massima libertà. Siamo tutti “normali”. Alla fine lei ha scelto la libertà vera: quella di non essere prigioniera del pregiudizio. Ha vissuto con quell’apertura mentale che le ha consentito di avere spianate le strade del mondo. Oggi ha 22 anni e si sta laureando in management dopo aver studiato prima alla Luiss di Roma e poi in Canada».E invece tua mamma che tipo di educazione ti ha dato? Che tipo di madre è stata?«Mia madre. Messina 1929. Una donna molto open-minded. Con grande rispetto delle persone e contro ogni pregiudizio. Pregiudizi che ho dovuto combattere anche io: vivevo in un quartiere complicato di periferia e non avevo i privilegi delle persone che abitavano in centro. Sono stata fianco a fianco con persone che faticavano per un pezzo di pane».Maria Grazia sposata dal 1995 con Giulio Violati. Sei proprio noiosa. Una diva senza mai un gossip, senza una foto «paparazzata» con un amante.«Ci vuole molto coraggio: 30 anni. È più facile sposarsi altre 30 volte che rimanere vicini alla stessa persona per trent’anni. Siamo due mondi a parte che cercano sempre di unirsi senza mai sopraffare l’altro».Capita spesso che i politici che vivono al di fuori di contesti famigliari tradizionali poi puntino il dito contro le famiglie «altre». Tu sei in un contesto più che tradizionale – 30 anni con lo stesso uomo – eppure sei dalla nostra parte. Come durante il World Pride del 2000 a Roma in cui facesti la madrina.«Lo rifarei altre mille volte. Io credo nella libertà di amare. Non bisogna dare conto a nessuno per chi batte il nostro cuore. Nella mia vita ho un unico motto: “scelgo di amare"».Non ti sei battuta solo per i diritti Lgbtqi+. Io ti definisco un’artista militante. Hai un’associazione, «Vite senza paura», che lotta contro la violenza sulle donne. Sei a fianco di chi fa ricerca sull’autismo. Un tuo bellissimo scatto ti ritrae vicino a un gorilla per sostenere i diritti degli animali.«È la più bella definizione che mi hanno dato: artista militante. Il potere di un’artista è proprio quello di aiutare gli altri che hanno meno voce di te. Non far sentire nessuno invisibile».Sai che uno dei film che amo di più è Viola di mare che tratta il tema transgender?«Uno dei film più belli che ho fatto. Un atto di coraggio. Una storia che fa paura. Ma, raccontando l’amore, non bisogna mai avere paura».Cosa rappresenta per te il tuo press agent Angelo Perrone presente anche lui come ospite al Lovers?«Nomen omen. Un angelo».Hai fatto film in Italia e all’estero. Ti chiedo due aggettivi per due grandi artisti con cui hai lavorato: Woody Allen e Massimo Troisi.«Woody Allen indefinibile e incommensurabile. Troisi emozionante». —