il Fatto Quotidiano, 7 aprile 2024
Sistema Pd, guaio a Torino. Il Viminale chiede notizie
“Vado in Procura e apro il libro nero di 20 anni…”. È il 2013 e a parlare – in questa intercettazione dell’inchiesta che due giorni fa ha portato a 9 arresti per infiltrazioni mafiose negli appalti autostradali e sull’alta velocità – è l’imprenditore della Val di Susa Fabrizio Lazzaro (non indagato). La sfogo è legato all’esclusione dagli appalti di Sitalfa, la partecipata di Sitaf, concessionaria della Torino Bardonecchia e del traforo del Frejus. Per la Procura di Torino le ditte vincenti sono vicine a boss della ’ndrangheta. Sitaf era anche il serbatoio elettorale di Salvatore Gallo, il “signore delle tessere” che sta facendo implodere il Pd piemontese.
Lazzaro conoscerebbe molti segreti di Sitaf, come il sistema di “doppia fatturazione”, che con la sponda delle ditte calabresi consentirebbe la formazione di “fondi neri”. Il “libro”, però, l’imprenditore non lo apre con i pm, bensì con l’allora parlamentare del Pd, Stefano Esposito. Esposito, a sua volta, denuncia tutto ai carabinieri dei Ros: “Dai fratelli Lazzaro ho appreso che Sitaf affidava i lavori sottoponendo due distinti contratti, uno ufficiale e uno ufficioso. Mentre il primo rispettava i dettami di legge sui ribassi, attestati al 20%, di fatto la ditta aggiudicataria si deve attenere a un ribasso del 40%, il doppio. Tale sistema non può che servire a creare fondi neri per la committente Sitaf”. Parte di quei fondi neri, per gli inquirenti, venivano restituiti da membri dei clan all’ex ad di Sitalfa, Roberto Fantini, arrestato, ritenuto dai pm “trait d’union” con il clan Pasqua. Fantini era un uomo di Salvatore Gallo, vecchio ras socialista passato nel Pd, tanto che nelle intercettazioni rivendica di aver sostenuto i suoi candidati. Nel 2021 Gallo – padre di Raffaele, capogruppo in Regione del Pd – ne fa eleggere 3 in consiglio comunale (Antonio Ledda, Caterina Greco e Annamaria Borasi): “Quel cazzo di Gallo – esclama Fantini – li ha piazzati tutti”. Gallo non è indagato per reati di mafia (è accusato di promesse elettorali, peculato ed estorsione), ma a provocare un terremoto politico è il suo attivismo: in cambio dell’appoggio ai suoi candidati si spende per pratiche, assunzioni e favori di vario genere.
Su Torino, adesso, ha acceso un faro anche il Viminale. La Prefettura potrebbe inviare una relazione sul caso già nei prossimi giorni, e ci sono stati contatti tra il ministro dell’Interno Matteo Piantendosi e il sindaco Stefano Lo Russo. “Quanto emerge dall’inchiesta è incompatibile con l’idea politica del Pd – ha dichiarato ieri Domenico Rossi, segretario del Pd in Piemonte – Non accettiamo voti sporchi o comprati, ho chiesto di valutare la compatibilità di Gallo con l’appartenenza alla nostra comunità”.
Esposito, che nel 2018 ha lasciato il Pd, contesta però il suo ex partito: “Su un piano politico ho combattuto per anni Gallo e la sua logica clientelare, ma ho perso. Il Pd oggi è il partito delle correnti e dei signori delle tessere. Che ipocrisia: dopo aver preso per anni i voti di Gallo ora lo scaricano”.