il Fatto Quotidiano, 6 aprile 2024
Le Poste, Giorgetti e Maria Cazzetta
Col parere favorevole delle competenti commissioni parlamentari, arrivato mercoledì, entra nel vivo la privatizzazione del 29,7% di Poste Italiane in mano al Tesoro: sarà venduto in due tranche nel corso di quest’anno, lasciando un 35% in mano a Cassa depositi e prestiti (controllata dal Tesoro). Checché se ne pensi nel merito, questa corrispondenza d’amorosi sensi tra governo, Parlamento e management di Poste (l’ad Matteo Del Fante è il vero regista dell’operazione) ufficializza pure il fatto che i famosi “guadagni de Maria Cazzetta” sono ormai un criterio accettato nella gestione del bilancio pubblico: ci si riferisce a quella policy manageriale per cui uno fa una cosa senza averne alcun vantaggio, anzi ricavandone un danno. Lo ha ammesso lo stesso ministro Giancarlo Giorgetti nella sua audizione di fine marzo: certo, il confronto tra incasso una tantum (4,4 miliardi ai corsi di ieri) e quello annuale dei dividendi (300 milioni nel 2023, cifra in crescita costante da anni) è un’analisi che “può teoricamente essere utilizzata per la valutazione del risultato complessivo dell’operazione”, ma “non tiene conto di un quadro più articolato”. Questo: “Uscendo dalla logica contabile” (?) pare che dalla vendita ai fondi d’investimento nascano magicamente “effetti positivi sulle performance aziendali” e poi bisogna “tenere conto” che l’incasso “si concretizzerà in una riduzione del debito pubblico che, a sua volta, consentirà di ottenere un risparmio in termini di spesa per interessi passivi pari a circa 200 milioni annui”. In sostanza, per risparmiare 200 milioni l’anno si rinuncia a incassarne 300 l’anno: dica il lettore se non siamo ai più classici “guadagni de Maria Cazzetta”… Sì, è vero, dice Giorgetti, ma “il semplice confronto di valori registrati contabilmente al momento attuale non riesce a tenere conto delle ricadute positive che l’operazione potrebbe determinare”. Ah, certo, le ricadute. Una di quelle di cui non ha parlato è che quei 4 miliardi abbondanti si scaricheranno sui traballanti conti del 2024 contribuendo per un po’ a tener buoni gli zerovirgolisti di Bruxelles: quindi, in definitiva, i guadagni di Maria Cazzetta può farli la collettività, mentre Meloni&Giorgetti si fanno semplicemente gli affari loro.