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 2024  aprile 06 Sabato calendario

VIENI AVANTI, DECLINO: L’INESORABILE CADUTA DEL MITO DELLA LOCOMOTIVA TEDESCA – L'EX FALCO WOLFGANG MUNCHAU SUONA IL DE PROFUNDIS PER L’ECONOMIA DEL SUO PAESE: “L’ETÀ AUREA DELL’INDUSTRIA TEDESCA E DELLA SUA ECCELLENZA TECNOLOGICA VOLGE ORMAI AL TERMINE. È INIZIATA MOLTO PRIMA CHE VLADIMIR PUTIN INVADESSE L’UCRAINA. SIAMO DAVANTI A UN CAMBIAMENTO IMMANE, E QUESTO NON È CHE L’INIZIO” – LA MIOPIA DI ANGELA MERKEL E LA FRENESIA DEI VECCHI TEMPI: QUANDO CHIEDEVANO A FERDINAND PORSCHE QUALE FOSSE LA SUA VETTURA PREFERITA, LUI RISPONDEVA… -

L’economia  italiana ha cominciato a segnare il passo sin dai primi anni del nuovo secolo. […]  È stata invece l’invasione russa dell’Ucraina a far vacillare l’economia tedesca, spingendola nel baratro. Ciò che sta accadendo oggi in Germania non ha nulla a che vedere con i consueti alti e bassi del ciclo economico.

L’età aurea del Made in Germany, dell’industria tedesca e della sua eccellenza tecnologica, volge ormai al termine. È la storia […] di un crepuscolo industriale che ben pochi si aspettavano, ed è iniziata molto prima che Vladimir Putin invadesse l’Ucraina. La produzione industriale tedesca è crollata complessivamente dell’8 per cento dal 2015, mentre nel resto della zona euro è aumentata del 6 percento. Siamo davanti a un cambiamento immane, e questo non è che l’inizio.

Il ruolo del «canarino nella miniera», il campanello d’allarme, lo ha svolto Thyssen-Krupp, il gruppo dell’acciaio. Il suo direttore generale voleva ridurre la produzione del 40 percento, perché convinto che la domanda non sarebbe cresciuta nel lungo periodo. L’acciaio sta alla fonte delle filiere industriali: se si taglia l’acciaio, tutto il resto seguirà inesorabilmente, e la Germania è entrata in quello che gli economisti chiamano un calo strutturale.

Sono cresciuto in Germania e posso testimoniare del ruolo importantissimo che l’ingegneria e la tecnologia svolgono in seno alla società tedesca. Un tempo, perfino sugli autobus si sentiva discutere di sistemi idraulici o altre questioni tecniche. La stragrande maggioranza dei neodiplomati si indirizzava verso professioni tecniche o studi superiori di scienza e ingegneria, in alcuni casi persino entrambi, uno dopo l’altro.

A parte i grandi calciatori degli anni Settanta, gli eroi dell’epoca erano gli ingegneri delle case automobilistiche […]. «Lo sviluppo attraverso la tecnologia» era il motto di quel modello economico. A Ferdinand Porsche, il defunto patriarca della celebre famiglia, venne chiesto una volta quale fosse la sua vettura preferita, tra quelle prodotte dalla sua casa, e lui rispose: la prossima. Era quello lo spirito dell’epoca. […]

[…] A mio avviso, il grande intruso guastatore è stata la digitalizzazione, più della geopolitica. Le case automobilistiche erano avvezze a raccogliere i profitti dai motori diesel e dall’assistenza post vendita. Le macchine elettriche, per contro, hanno molto di più in comune con i dispositivi elettronici. I profitti dalle auto elettriche vengono dalle batterie e dal software.

Al momento, Cina e Stati Uniti si sono accaparrati la maggior parte di quella filiera, mentre l’invasione russa dell’Ucraina ha inferto il colpo di grazia alla produzione industriale tedesca ad elevato consumo energetico. Ci si aspettava che il calo dei prezzi dell’energia fosse in grado di fermare il regresso, ma questo non sta accadendo. BASF, il gigante della chimica, ha deciso tempo addietro che il suo futuro è al di fuori dei confini della Germania. L’industria di vecchio stampo, peraltro, è tuttora importante, anche in un mondo digitalizzato, e difatti la Germania produce più munizioni per l’Ucraina di chiunque altro in Europa.

E anche le macchine elettriche hanno componenti meccaniche. I tedeschi sono esperti nell’intensificare la produzione industriale e la Germania inoltre è un Paese ricco, che si è avviato verso il declino industriale da un gradino assai più alto. Una manodopera specializzata saprà adattarsi alle nuove realtà, e già si profila una nuova generazione molto promettente di start up imprenditoriali, specie nell’area di Monaco. Ma ci vorrà del tempo prima di poter raccogliere i frutti. Fino ad allora, immagino che il disagio attuale si prolungherà per almeno un altro decennio.

[…] Il problema è che né all’interno del governo tedesco, né nel dibattito pubblico in Germania, si levano voci a sostegno della diversificazione. Ogni discussione verte su aziende e settori esistenti, anziché su quelli nuovi o emergenti. La Germania non possiede le infrastrutture atte ad accogliere l’economia delle start up, specie se paragonata a Regno Unito o America. Sono le vecchie imprese a finanziare la maggior parte degli investimenti, e molte di loro, come l’industria automobilistica, sono rimaste ancorate al passato.

[…]   La Germania ha avuto solo due governi dal 1998 a oggi, ma prevedo che le cose cambieranno dalle elezioni del prossimo anno. Ogni crisi tedesca significa sempre una crisi europea. […] Forse il principale errore politico di Angela Merkel e dei suoi contemporanei è stato quello di sottovalutare l’impatto della geopolitica sull’industria tedesca.

Gli scossoni geopolitici del nostro tempo esigono maggiori investimenti nella difesa e nella sicurezza, oltre che nell’alta tecnologia digitale. Ma la debolezza economica restringe gli spazi di manovra finanziaria: quando non ci sono dividendi da distribuire, si possono aumentare gli stanziamenti per la difesa soltanto tagliando da qualche altra parte. E ciò che si taglia oggi sono gli investimenti digitali.

[…]  Ho l’impressione che i tedeschi siano rimasti focalizzati sulle vecchie industrie, e su politiche economiche all’antica, perché non conoscono altro. Ci vorrà del tempo prima che si rendano conto che il futuro dell’economia tedesca non dipende più dalla Volkswagen, quanto piuttosto dalla nuova generazione di aziende che devono ancora vedere la luce. Il vecchio Porsche disse un giorno che il miglior modo di prevedere il futuro è inventarlo. Purtroppo il suo Paese non l’ha ancora capito.