Tommaso Labate per roma.corriere.it - Estratti, 5 aprile 2024
“FRANCESCA VERDINI E GIORGIA MELONI? DUE FAINE CHE ODIANO PERDERE” - A "BELVE" SALVINI RIVELA LA PASSIONE PER IL BURRACO DELLA DUCETTA CONDIVISA CON LA SUA FIDANZATA E DANIELONA SANTANCHE’ – ARCINOTA LA PASSIONE DEI POLITICI PER LE CARTE DA GIOCO: DALLO SCOPONE DI PERTINI CON ANDREOTTI E D’ALEMA FINO AL POKER DI CRAXI - IL TRESETTE DI DE MITA, IL RAMINO DI PIETRO NENNI MENTRE IL DIVO GIULIO PREFERIVA LA VARIANTE HOLLIWOODIANA DEL “GIN RUMMY” -
A qualche superstite della politica dei tempi andati, la rivelazione di Matteo Salvini durante l’intervista tv con Francesca Fagnani a proposito della passione per il burraco coltivata insieme dalla compagna Francesca Verdini e da Giorgia Meloni, definite «due faine che odiano perdere», avrà fatto venire i capelli dritti.
Perché c’è stata un’epoca in cui per davvero, davanti a un mazzo di carte, si costruiva o si smontava una carriera, si coltivavano o distruggevano, se non proprio la reputazione, quantomeno dei buoni rapporti di amicizia.
Ne sa qualcosa Massimo D’Alema, che nel febbraio del 1984 si trova a bordo dell’aereo di Stato che sta accompagnando a Mosca la delegazione italiana dei partecipanti al funerale di Jurij Andropov, segretario generale del Pcus.
La scena assomiglia tantissimo al precedente più illustre, quello di un anno e mezzo prima, con Enzo Bearzot, Dino Zoff e Franco Causio reduci dalla vittoria del Mondiale di calcio in Spagna.
Il mazzo di carte è lo stesso, il gioco pure, scopone scientifico, cambiano le squadre: il presidente della Repubblica Sandro Pertini fa coppia col segretario del Pci Enrico Berlinguer mentre il giovanissimo D’Alema gioca assieme a Giulio Andreotti.
Dopo due partite, una vittoria per squadra, si arriva alla «bella». Pertini sbaglia agevolando la presa di un settebello ad Andreotti, D’Alema lo punzecchia («Presidente, questo non avrebbe mai dovuto farlo!») e poi succede l’imponderabile: Andreotti «grazia» il capo dello Stato, che può prendersi la rivincita sul giovane dirigente comunista («Ragazzo mio, devi crescere ancora molto prima di dare lezioni a me!»). Andreotti spiegherà a D’Alema le ragioni del suo errore volontario con poche e semplicissime parole: «Caro amico, non si fa perdere un capo dello Stato che si chiama Pertini, per di più dopo averlo sfottuto».
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Ma l’onore del giocatore conta a volte più del portafogli. E la fama anche. All’editore Tullio Pironti, in ritardo non si sa su quale pubblicazione, Ciriaco De Mita fece notare che «siete una casa editrice un po’ scombinata…».
Pironti rispose con un sorriso: «Possiamo fare una sfida a tresette, io sono il miglior giocatore di Napoli».
«E io del mondo!», lo gelò De Mita. Che un tempo, quando era presidente del Consiglio, aveva lasciato di stucco Carlo Bernini, presidente dc della Regione Veneto, che si trovò a fare una tratta con lui su un volo di Stato. L’aneddoto di Bernini diventò negli anni a seguire quasi un cavallo di battaglia: «Neanche il tempo di salire a bordo e De Mita chiama a sé lo steward dicendogli semplicemente “le carte!”. Io pensavo fossero le carte di lavoro. Invece quello torna con un mazzo di carte per il tresette…».
«È un buon giocatore di poker», disse Enrico Berlinguer di Bettino Craxi nel corso della celebre intervista tv rilasciata a Giovanni Minoli per Mixer. Si era nel momento di massimo gelo tra i due; e infatti il leader socialista la prese malissimo.
Entrambi, però, erano due pokeristi finissimi. Il leader comunista aveva consumato le carte in gioventù, nel retro di un bar a Sassari; il segretario socialista, da ragazzo, «col poker ci pagava anche le vacanze», ricorda il figlio Bobo. Lo stesso Bobo, alla fine degli anni Ottanta, durante una tappa del tour con Lucio Dalla, viene avvicinato da Gianni Morandi: «Tuo papà l’altra sera mi ha fatto nero. Mi ha scucito cinquatamila lire a poker».
La passione di Giulio Andreotti per il gin rummy, variante del ramino resa celebre dagli attori hollywoodiani a metà Novecento, era tale che il «Divo» divideva così le sue domeniche: una all’ippodromo, quella dopo a giocare a «gin» a casa di Sandra e Franco Carraro. Il ramino era il gioco di Pietro Nenni, raro esempio di socialista che non prediligesse lo scopone scientifico (scuola Pertini) o il poker (corrente Craxi).
La prima scuola faceva proseliti soprattutto a sinistra e in generale nel mondo laico. Erano giocatori di scopone scientifico il repubblicano Ugo La Malfa e il segretario generale della Cgil Luciano Lama, il comunista Giancarlo Pajetta e il futuro presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi. Nessuno di loro sfidò mai Pertini. O, se è successo, il segreto è custodito nei forzieri della memoria della Repubblica. Protetto da un lucchetto di cui s’è persa la chiave.