Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2024  aprile 04 Giovedì calendario

Messa al bando la foto di Playboy che ispirò il digitale “Immagine sessista”

Nel 1972 Alexander Sawchuk, un professore dell’Università della California del Sud, ha aperto Playboy e ha perso la testa per la modella che occupava il famoso “paginone centrale” della rivista per adulti. Lena Forsén era nuda e indossava soltanto un cappello con piume viola, calze a rete e stivali. Fotografata di spalle, la coniglietta aveva il viso rivolto verso l’obiettivo del fotografo Dwight Hooker. Per oltre 50 anni quello scatto è stato protagonista delle ricerche accademiche sulle immagini digitali. Si può dire che grazie a Lena Forsén oggi riusciamo a inviare foto tramite messaggini e email. Ma ora l’immagine è stata bandita dalla comunità scientifica.
Torniamo al professor Sawchuk, che aveva ammirato quell’immagine senza malizia. Nella sua testa la ragazza svedese era perfetta per motivi che non avevano niente a che fare con il suo aspetto fisico. La ricchezza dei dettagli e il giusto mix di luci e ombre facevano di quello scatto di Playboy uno strumento perfetto per testare gli algoritmi di compressione, una nuova tecnologia che puntava a ridurre drasticamente le dimensioni di un’immagine digitale senza compromettere la sua qualità. Sawchuk ha infilato la rivista nello scanner e ha archiviato solo la porzione più casta del paginone centrale: un’area di pochi pixel che comprendeva la spalla nuda della playmate, il suo volto e il suo cappello. Da quel momento, ogni ricercatore impegnato nello studio e nello sviluppo delle immagini digitali ha incrociato, almeno una volta nella vita, lo sguardo di Lena Forsén.
Il viso dell’ex modella svedese è stato infatti usato e citato in numerosi paper scientifici pubblicati dagli anni Settanta agli anni Novanta, tanto da attirare l’attenzione proprio di Playboy. La rivista inizialmente intendeva reclamare i diritti dello scatto. Ma alla fine, invece, ha chiuso un occhio in nome del progresso. Se oggi le persone condividono immagini sui social, oppure si scambiano foto su Whatsapp, lo si deve anche a Lena Forsén. Gli algoritmi di compressione, infatti, riducono la dimensione del file contenente un’immagine digitale senza perderne troppi dettagli. In questo modo le immagini digitali occupano poco spazio nella memoria dei dispositivi e, soprattutto, possono essere trasferite più velocemente sul web. I test effettuati (anche) sul viso di Lena Forsén hanno condotto a due degli standard più utilizzati nell’elaborazione e la compressione delle immagini, ovvero Jpeg (per le foto) e Mpeg (per i video). In tutti questi anni Lena Forsén è stata ampiamente celebrata dai ricercatori. Alcuni l’hanno soprannominata “la prima donna di Internet”. Altri, invece, “la santa patrona dei Jpeg”. James Hutchinson, un editor di testi tecnici che ha lavorato all’Università dell’Illinois, ha paragonato l’immagine di Lena a «ciò che Rita Hayworth rappresentava per i soldati americani nelle trincee durante la Seconda Guerra Mondiale». Nel 1973 lo scatto pubblicato da Playboy è finito addirittura nel film Il dormiglione di Woody Allen come una delle immagini simbolo del Novecento. Insieme a Stalin, Nixon e De Gaulle.
Ma l’utilizzo ripetuto del volto dell’ex modella svedese è stato anche definito “sessista”. E per questo motivo in passato è stato oggetto di critiche. Lo scatto di una “donna attraente” avrebbe alimentato battute e commenti inappropriati tra i ricercatori. E avrebbe contribuito a rafforzare la cultura maschile in un ambiente – quello tech – che vede le donne penalizzate da stereotipi e pregiudizi. Per questo motivo una professoressa di matematica della Ucla ha proposto provocatoriamente, nel 2013, di utilizzare una foto del modello Fabio Lanzoni per effettuare test riguardanti l’elaborazione delle immagini digitali. Già nel 2018, inoltre, la rivista Nature ha comunicato che non avrebbe più accettato contributi scientifici contenenti lo scatto di Playboy con Lena Forsén.
E ora anche l’Ieee (Institute of Electrical and Electronics Engineers), l’associazione che conta oltre 400mila ingegneri in tutto il mondo, ha deciso che, dal 1 aprile scorso, non accetterà più paper scientifici che conterranno l’immagine di Lena. In nome di una cultura il più possibile inclusiva. «Sono molto orgogliosa di quella foto» aveva detto proprio Lena Forsén alla rivista statunitense Wired nel 2019, lamentandosi del fatto che forse, all’epoca, avrebbe dovuto chiedere a Playboy un compenso più alto. Ma la donna ha poi espresso idee diverse sul suo ruolo di icona per informatici e ingegneri: «Mi sono ritirata dalle passerelle molto tempo fa. Ed è forse giunto il tempo che mi ritiri anche dal mondo tech. Iniziate a dimenticarmi». Il divieto dell’Ieee contribuirà a esaudire il desiderio dell’ex playmate