Corriere della Sera, 2 aprile 2024
Biografia di Igor Taruffi
Roma È l’uomo dell’unità tra Pd e M5S, il piano della leader che lui persegue tessendo le alleanze e superando le reciproche riottosità in Regioni e Comuni al voto. Ma è anche l’uomo della discontinuità, quello che sostiene la strategia di dar spazio nelle liste delle Europee a personalità esterne al partito ma gradite a sinistra: sua sarebbe la spinta decisiva a candidare nel Nord Ovest Cecilia Strada, figlia del fondatore di Emergency. Lui è Igor Taruffi, che sulla delicatissima partita delle candidature ha molta influenza, tanto che il disegno delle cinque capolista esterne è chiamato «schema Taruffi».
Il responsabile Organizzazione del Partito democratico guidato da Elly Schlein ha 44 anni e dalla segretaria, nel frattempo eletta in Parlamento, ha «ereditato» l’incarico di assessore regionale in Emilia-Romagna nella giunta di Stefano Bonaccini. Ma la passione politica di Taruffi è antica e tutta al di fuori del partito di cui ha preso la tessera solo un anno fa: «Taruffi è di sinistra-sinistra», dicono di lui con l’aria di non fargli un complimento.
La prima elezione, nel Consiglio comunale della sua città, Porretta Terme, sull’Appennino bolognese, arriva a 21 anni sotto le insegne di Rifondazione comunista. Nella transizione del Prc in Sinistra italiana guadagna i gradi di componente della segreteria nazionale. Nel 2011 ottiene l’endorsement del quasi concittadino e grande amico Francesco Guccini per sfidare, sempre per conto di Sel, il candidato sindaco del Pd alle primarie in nome del rinnovamento. Taruffi non ha fortuna in quella circostanza. Nel 2014, però, sempre con Sel, entra in Consiglio regionale. Quindi l’incontro con Schlein, fuoriuscita dal Pd renziano troppo centrista, e la nascita di «Coraggiosa»: la lista che mette insieme «tutto quello che c’è a sinistra del Pd» (parole di Taruffi) alle Regionali del 2020 fa il pieno di voti. Due i seggi: uno per Schlein, che diventa vicepresidente, uno per Taruffi. In tutti i ruoli ha il «pallino» dei numeri, come quelli che «dimostrano che il campo largo è indispensabile», e gli stanno a cuore le battaglie sociali.
Oggi non sorprende che alcuni esponenti di prima fascia respingano la sua mediazione: «Io parlo solo con Elly», avvertono. È storia che a Potenza, dove era stato inviato a trattare per le Regionali con il collega Davide Baruffi – «i due uffi», il soprannome affibbiato al tandem – sarebbe stato cacciato dai dirigenti locali da una riunione. Cercava di far valere le ragioni (di Schlein) del cambio di candidato.
Che piaccia o meno a chi rivendica l’anzianità di servizio nel Pd contro i «corpi estranei» traghettati dalla segretaria, Igor Taruffi è uno dei pochissimi che ha voce in capitolo sulle liste. Del resto, all’atto di nomina nella sua squadra, di lui Schlein diceva: «È uno dei dirigenti più strutturati che ho avuto la fortuna di incrociare nel mio percorso politico, mi ha aiutata a tenere la barra dritta, con il piglio giusto nel raccogliere sui territori situazioni da gestire, dando ascolto a tutti». Del piglio giusto avrà sicuramente bisogno, per reggere alle pressioni che, da qui alla scadenza di fine mese per compilare le liste, non potranno che moltiplicarsi.