il Fatto Quotidiano, 2 aprile 2024
Mezzo milione di fondi a Mediaset, imbarazzo Ue
La “partnership” del gruppo Gedi degli Agnelli/Elkann, proprietari di Repubblica e Stampa, con Europarlamento e Commissione europea – cioè tra giornali controllori e potenti controllati – è apparsa emblematica nella massa di fondi Ue elargiti dalle due istituzioni comunitarie ai media per la campagna elettorale per le Europee in giugno. Il Fatto l’ha rivelata insieme a vari europagamenti a vantaggio di altri ricchi editori, come Urbano Cairo/Rcs con il Corriere della Sera, la Confindustria con il Sole 24 Ore, la proprietà delle agenzie di stampa Ansa (numerosi editori italiani) e Agi (gruppo Eni). Ma a sollevare tensioni nei vertici della Camera Ue e della Commissione sembra soprattutto l’aver evidenziato i pagamenti a Mediaset/Rti della famiglia Berlusconi, che durante la campagna elettorale rischiano di trasferire in Europa i potenziali conflitti d’interessi ereditati dal capostipite ed ex premier di Forza Italia, in genere più difficili da smorzare a Bruxelles rispetto alla condiscendenza dei partiti italiani a Roma.
Come per tutti gli altri finanziamenti Ue ai media finora indicati, Il Fatto ha ricevuto conferma dall’Europarlamento di almeno tre assegnazioni via bando a Mediaset/Rti da 172.897, 94.812 e 174.600 euro. La Commissione ha aggiunto una collaborazione senza specificare l’importo. Quale sarà l’impatto sulla campagna elettorale di questi finanziamenti alle reti berlusconiane, si vedrà. Un problema è però già che Forza Italia fa parte dell’europartito Ppe, il più influente a Bruxelles, che esprime le presidenti dell’Europarlamento e della Commissione, la maltese Roberta Metsola e la tedesca Ursula von der Leyen, massime rappresentanti dei pagatori di fondi Ue ai media. Favorevole a questi finanziamenti sarebbe soprattutto il ministro degli Esteri e leader di Forza Italia, il berlusconiano ed ex giornalista Antonio Tajani, che da presidente dell’Europarlamento e vicepresidente della Commissione e del Ppe era accreditato di notevole competenza sui fondi destinati ai media. Nel suo partito avrebbe acquisito considerazione sul tema scalzando lo storico braccio destro del premier di Arcore, Gianni Letta, che scivolò sull’aver accettato – quando dirigeva il quotidiano Tempo – un miliardo e mezzo delle vecchie lire provenienti dai “fondi neri” della conglomerata pubblica Iri.
La Rai, prudentemente, non ha voluto far rischiare ai suoi Tg richieste di fondi comunitari per le elezioni di giugno. L’Ue ha comunque inserito la tv di Stato nel suo libro-paga per i media, avendole attribuito fondi di stimolo al voto per l’iniziativa delle “matite colorate” al Festival di Sanremo. Commissione e Europarlamento hanno indicato fondi anche per la tv Sky. Cairo, avendo già fatto il pieno con Rcs/Corriere, non avrebbe avuto altro per la sua La7. L’Ue ha però segnalato di aver finanziato il sito Open, fondato da Enrico Mentana, direttore del Tg La7. A Bruxelles un compito ingrato per cronisti di agenzie di stampa è il mettere in rete veline diffuse da euroburocrati o portavoce di notabili Ue con l’imposizione di attribuirle a misteriose “fonti Ue”. In compenso i loro editori beneficiano di fondi europei anche ingenti: 250 mila, 100 mila e 194.769 euro l’Ansa, 100 mila euro l’Agi. Per le elezioni somme non precisate vanno anche alle agenzie AdnKronos, Askanews e Vista.
Tra le testate online Citynews, che indica tra i proprietari l’ottantenne Francesco Micheli, scalatore/speculatore finanziario dagli anni 80, ha ottenuto 140 mila + 193.573 euro. Sono stati assegnati 87.873 e 175.684 euro a Ciaopeople/Fanpage e 131.402 euro a Be content/Chora media di Mario Calabresi, ex direttore di Repubblica, che probabilmente avrà imparato nel quotidiano di largo Fochetti come accedere ai fondi Ue.
Esistono anche altri canali per pagamenti comunitari a testate di editori ricchi, dove tra i soliti Mediaset, Ansa o La Stampa, spunta con il suo Libero, Antonio Angelucci, ras delle cliniche private e parlamentare di vari partiti di destra. Il resto della lunga lista sembra includere principalmente media marginali, forse davvero bisognosi di aiuti per sopravvivere e garantire il pluralismo. La crisi del settore ha portato ben 35 media italiani a offrirsi di collaborare a pagamento durante la campagna elettorale con Europarlamento e Commissione, che stanno “valutando altre partnership e studiando come finanziare a più ampio spettro possibile la promozione dei messaggi – banner, spot, pubblicità – su media, sempre per supportare l’informazione (sulle loro attività, ndr) e la partecipazione alle prossime elezioni di giugno”. Molti editori sono ansiosi di vendere spazi pubblicitari.
A Bruxelles ora dovrebbero fare più attenzione con le testate sospettate di garantire in modo sommerso “buona stampa” ai principali inserzionisti. Intendono riaffermare che il principio per beneficiare delle provvidenze comunitarie è democratico, incoraggiante e preciso. Alcuni euroburocrati addetti ai lavori lo spiegano grosso modo così: tutti i media – grandi e piccoli – possono ambire ai fondi Ue, “se dimostrano di meritarlo”…