Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2024  marzo 31 Domenica calendario

Intervista a Zucchero


LONDRA
«La Russia era un posto dove andavo volentieri e ricordo ancora con nostalgia e piacere il mio concerto davanti al Cremlino nel 1990. I russi sono attenti, amanti dell’arte e della cultura, ma è da un bel po’ che non ci vado più e anche se fossi invitato non ci andrei. Sia chiaro, non suonerei nemmeno per Netanyahu o Trump. Se ti chiamano persone così, il cerchio del mondo, per come lo vedevamo noi musicisti una volta, si restringe. Viviamo tempi bui, anzi è proprio notte fonda». La Royal Albert Hall è luogo iconico ma familiare per Zucchero Fornaciari, che all’estero può contare su intere legioni di fan. È questo il motivo per cui sabato scorso il debutto dell’Overdose d’amore World Wild Tour «non poteva che accadere qui – dice Sugar alla platea –. Se posso, i miei tour iniziano sempre dalla Royal, voi inglesi mi volete bene. Qui a Londra vado sempre nello stesso albergo, il The Golden, poche stanze e bar aperto fino alle 3. Ci andavano anche i Rolling Stones e negli Anni 90 era tutto in legno nero, tetro, anche troppo, adesso è molto più chiaro e minimal. Le finestre si potevano aprire e se eri depresso, e una volta che mi trovavo lì lo ero parecchio, poteva venirti la voglia di saltare. Ricordo che una sera chiamai il mio assistente dell’epoca e gli dissi di portami a fare un giro sennò avrei fatto una cazzata. So che adesso le finestre sono blindate».
È vero che sabato, causa malore del batterista storico Adriano Molinari, si è aggiunto all’ultimo momento Phil Mer (figlio della compagna di Red Canzian dei Pooh)?
«È verissimo. Phil mi ha sconvolto, l’ho chiamato ventiquattro ore prima di salire sul palco e in una notte ha imparato tutte le parti, è arrivato a Londra e ha provato per un pomeriggio. Lo avete sentito: praticamente perfetto».
L’unico duetto – a parte la presenza della corista Oma Jali potente ed emozionante – è con l’italo-britannico Jack Savoretti sulle note di Senza una donna. Come mai?
«Lui adora il brano e mi ha chiesto se potevamo farlo insieme e di essere ospite alla Royal Albert Hall e ho accettato volentieri. Del resto proprio qui io mi esibii la prima volta nel 1990, grazie a Eric Clapton che mi chiamò ad aprire i suoi concerti. Mi diede una grande chance: da lì partì la mia carriera fuori dall’Italia. Non so se ci saranno altri ospiti durante il tour, ma se potessi scegliere mi piacerebbe avere Mark Knopfler e Cat Stevens».
Altri duetti nel suo futuro?
«Sono stato tra i primi a farli, ora li lascio agli altri. Anche perché molti artisti con cui avrei voluto lavorare non ci sono più. Una su tutte Amy Winehouse».
Ha visto il Festival di Sanremo?
«Quest’anno l’ho visto a pezzettini e mi ha straccato i maroni! Siamo l’unico Paese al mondo dove c’è ancora la gara dei cantanti come i cavalli da soma, c’è ancora chi vince e chi perde sulle canzoni. Lo trovo allucinante, ma piace al popolo e l’Italia è rimasta ai tempi degli antichi romani».
Quindi lei non ci andrebbe l’anno prossimo?
«Ho sempre detto che non so se ci andrei. E poi cosa andrei a fare? Arrivo ultimo. I premi contano quel che contano: sono come le caciotte. Oro, Incenso e Birra è il secondo album più venduto della storia in Italia, probabilmente è il primo perché non sono state conteggiate alcune ristampe, ma non me ne frega niente».
C’è polemica sui testi violenti nella musica dei giovani rapper tanto che il sottosegretario alla Cultura Gianmarco Mazzi ha proposto un protocollo per vagliarne i contenuti. Che ne pensa?
«Non credo che uno come Guccini, De André o De Gregori avrebbero mai sottoscritto una roba del genere. A parole i politici sono spesso più violenti dei rapper e poi solo il fatto di vederli in televisione è già una violenza terribile».
E dei giovani artisti cosa dice?
«Mi sembra che oggi sia tutto un po’ annacquato, anche il rock. Tutti troppo attenti al politicamente corretto e nessuno che ci va giù pesante. Battaglie sociali nelle canzoni? Mi sembra più un tirassegno. Anche se qualcuno che scrive bene c’è: mi piacciono Salmo, Marracash, Blanco. Sopratutto Salmo, i testi sono forti e lui ha la cazzimma giusta. Non è solo rap, è tanto altro».
Molti suoi colleghi annunciano sempre più spesso addii dalle scene anticipati...
«Come fai a dirlo con così tanto anticipo? Io, se smetto, smetto, il giorno dopo non mi vedi più. È un impegno che al momento non mi sento di prendere».
Vasco ha dichiarato che suonerà per sempre e vorrebbe morire sul palco. Lei?
«Be’, io lo dico da ben prima di lui e ci sono anche andato molto vicino, a morire sul palco, una volta a Zurigo». —