la Repubblica, 31 marzo 2024
Cuba, l’isola delle proteste Blackout, povertà e fame innescano la grande fuga
L’AVANA – Non è raro, nelle scrostate viuzze laterali della Rampa, vedere gente che rovista nei cassonetti dei rifiuti per cercare cibo. Quando ti avvicini a chiedere il motivo, Naomi risponde così: «Se avessi fame come me, lo faresti pure tu». Lei è una ragazzina di colore, forse maggiorenne, che la sera arrotonda i ricavi della famiglia offrendosi come jinetera, una prostituta per stranieri: «Ma ormai – si lamenta – è difficile persino trovare i clienti, perché i turisti scappano».
Il lento, ma inesorabile collasso economico di Cuba, ha scatenato una nuova ondata di proteste il 17 marzo. Non come quelle del 2021, perché nel frattempo la repressione si è attrezzata meglio, ma comunque abbastanza diffuse da agitare Santiago, “ciudad rebelde” da sempre, Bayamo e altre regioni. Motivo principale: i blackout elettrici che durano mezza giornata e la mancanza di cibo. Il presidente Díaz-Canel ha ammesso i problemi, ma poi ha fatto convocare l’incaricato d’affari americano Benjamin Ziff per scaricare la colpa sugli Usa, come d’abitudine.
La realtà però la descrivono i numeri. Il mese scorso, per la prima volta nella sua storia, Cuba ha chiesto aiuto al Programma Alimentare Mondiale dell’Onu per ricevere il latte in polvere per i bambini. L’ultima zafra azucarera, tradizionale orgoglio dell’agricoltura locale, ha raccolto solo 350.000 tonnellate di zucchero, la peggiore di sempre. A dicembre il governo aveva varato misure di austerità, incluso l’aumento di cinque volte del prezzo della benzina. Il malcontento lo ha convinto ad annullarle, e qualche settimana fa il vice premier con delega all’economia, Alejandro Gil, è stato esautorato. Lo stipendio medio di un dipendente pubblico è tra 5.000 e 10.000 pesos al mese, che al cambio illegale ma reale valgono tra 15 e 30 dollari. La libreta del razionamento alimentare non basta più e nelle scuole mancano 17.000 insegnanti, per non parlare delle difficoltà del sistema sanitario. Il settore privato invece prospera, con oltre 10.000 imprese da meno di 100 dipendenti, ma copre solo il 35% dell’economia nazionale e il regime già minaccia di limitarlo per intascarne i profitti.
Finite da tempo sono le prebende dell’Urss, ma ora anche del Venezuela chavista. Quindi Cuba si è unita alla nuova alleanza anti-occidentale guidata da Xi e Putin. Ha concesso alla Cina almeno una stazione di spionaggio sugli Usa, si vocifera nella base militare di Bejucal, che però Washington non vuole trasformare in una nuova crisi dei missili. Poi appoggia la Russia, anche inviando soldati. In cambio riceve aiuti, ma insufficienti. Díaz-Canel è sotto osservazione e fonti informate rivelano che Raul Castro e la sua generazione stannoriprendendo le redini del potere, ammesso che le avessero mai allentate.
Il risultato è una fuga epocale dall’isola, che rischia di mettere il regime in difficoltà più della dissidenza sfinita. Negli ultimi due anni gli Usa hanno ricevuto mezzo milione di cubani, che per la maggior parte non arrivano più dal mare sulle zattere: passano dal Nicaragua, dove possono entrare senza visto, per poi unirsi alle carovane di migranti. Si calcola che un altro mezzo milione abbia trovato rifugio in altri Paesi, tipo il Messico, e in totale vuol dire che Cuba ha perso quasi il 10% della popolazione, soprattutto giovani in età produttiva. «Il governo – dice a Repubblica la direttrice del sito indipendente 14yMedio Yoani Sánchez – sta usando l’emigrazione come arma di ricatto».
La leader delle Damas de Blanco, Berta Soler, ci descrive così la situazione: «Capisco che in Europa, e in Italia in particolare, ci sia ancora una visione romantica di Cuba, ma la realtà non è più quella. Scordatevi comunismo, socialismo o Che Guevara: è rimasto solo un regime mafioso e assassino, uccide i suoi oppositori, e che cerca disperatamente di restare aggrappato al potere a spese del popolo». Berta spiega come: «Beni tipo cibo e medicine non rientrano nell’embargo e quindi il governo potrebbe liberamente comprarli. Non lo fa per avere la scusa di scaricare le colpe sugli Usa, oppure li acquista di nascosto e li mette sul mercato a prezzi impossibili, per arricchirsi. I membri del regime e del settore privato possono permetterseli, ma agli altri resta solo lalibreta del razionamento, con cui non mangi più tutto il mese». Da qui le proteste: «Sono state spontanee e sorprendenti, perché con il livello di repressione e stanchezza esistente, è incredibile che qualcuno abbia il coraggio di scendere in strada». Proprio perciò sono più allarmanti, anche perché si va verso l’estate, quando i blackout elettrici promettono di aumentare.
La visita di Barack Obama nel 2016, pagata perdendo la Florida alle elezioni successive, era stata un miraggio seguito dall’arrivo di 5 milioni di turisti. Trump ha bloccato tutto e Biden non ha fatto marcia indietro. Cuba ha deciso di non seguire il modello Vietnam, che ha reso prospero l’ex nemico americano senza cambiarne il governo. Forse perché L’Avana non è in grado di completare le riforme di Hanoi, oppure teme di perdere il controllo se lo facesse. Perciò ora aspetta il ritorno di Trump, che rafforzando l’embargo darebbe a quel che resta del castrismo la scusa per andare avanti così all’infinito.