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 2024  marzo 30 Sabato calendario

Staino per sempre

Può esistere il buonsenso nella satira? Può. Deve. Occorre un punto di vista etico che dietro lo sberleffo, l’autoanalisi urticante, il cinismo utile, lasci intravvedere sullo sfondo una soluzione solo apparentemente sfuocata. Cioè noi. L’impegno, sincopato, in levare, affinché il mondo, al momento di lasciarlo, sia un po’ meglio di quando siamo nati.
Sergio Staino, che ci ha abbandonati qualche mese fa con la sobria disillusione di sempre, lentamente, come a non crederci davvero, è stato esattamente questo: un signore di Scandicci che ambiva a modificare il tempo intorno, a riscriverne i connotati, persino quando quei connotati non li vedeva più. Una virgola alla volta. Ché la punteggiatura, come insegna il ministro Valditara, serve sempre. Chi pensa male, scrive e disegna male. E fa ridere soprattutto quando non vorrebbe.
Se c’è una cosa pericolosa per i satirici è la beatificazione. Anche postuma. Ma la memoria, quella, serve eccome. Perché correggere i costumi ridendo si basa proprio sull’intersecazione di passato e presente, di alto e basso, di matita e pensiero, di Marx e Topolino, del Pd e del Pd.
Ilaria Staino, Michele, l’altro figlio, la moglie Bruna, cioè i personaggi delle strisce di Bobo che come lui non sono mai invecchiati, stanno cercando un modo perché Sergio Staino, la sua vita, il suo percorso, siano a disposizione di tutti. Con la deriva immemore in cui ci siamo cacciati, è cosa buona e giusta. Ché non saper ridere del presente costringe a rivivere la Storia. Dacché in fondo, quello che ci accade somiglia a una summa dell’Italia postbellica innervata di Redbull, laddove le buone cose di pessimo gusto della Prima Repubblica sono diventate pessime cose di gusto un po’ rancido, i guanti bianchi democristiani scolorano nei dolce vita neri, i ministri che non parlano italiano passano dai serbatoi di voti dei Remo Gaspari alla gestione delle aule scolastiche coi tetti che crollano e i tetti che dividono i bianchi dai neri.
La fondazione Staino, il suo archivio a disposizione di tutti, la digitalizzazione di un percorso umano e artistico diverso da ognuno, serve a fotografare una particolarità: l’occhio puntato più sugli elettori che sugli eletti. La capacità tutta progressista di dubitare in principio di sé stessi, la consapevolezza che dietro a un politico scarso c’è sempre un cittadino confuso o colluso. Massimi sistemi, storie piccine e argute, minima moralia, morale basso, felicità a momenti. Molotov, Sergio, Bibi, Ilaria... attori fragili e buffi di un mondo in cui l’unico gesto politico cogente è il proprio, ed è il motivo per cui quasi mai ne siamo certi. Il dubbio di cui è lastricata la strada del riso, e del pensiero. Un mattone dopo l’altro. Come quello che si può aggiungere perché l’opera omnia di Sergio finisca in rete. L’iniziativa si chiama Satira e sogni: senza gli uni, non c’è l’altra. E viceversa. Ché, senza Sergio saremmo stati tutti un po’ meno allegri, e un po’ meno sognatori. Invece, aiuta. —