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 2024  marzo 30 Sabato calendario

Come vuole difendersi la Nato

Secondo la stima più quotata ci vogliono almeno 300 mila soldati per difendere il fianco est dell’Europa, dal Mar Baltico al Mar Nero. Non a caso è il numero chiave contenuto nei piani di «risposta rapida» messi a punto dalla Nato fin dal 2014, subito dopo l’illegale annessione della Crimea da parte della Russia e poi rivisti come reazione alla guerra in Ucraina, scatenata da Vladimir Putin.
Nei giorni scorsi il vice comandante delle forze armate polacche, il generale Karol Dymanowski, ha dichiarato pubblicamente che molte migliaia di militari della «Response Force» sono già in Polonia. Sarebbero circa 100 mila. Per il momento non ci sono annunci ufficiali, ma, stando alle indiscrezioni, altri 200 mila saranno mobilitati entro giugno. Anche in questo caso il grosso delle truppe e dei mezzi verrebbe schierato sulla frontiera orientale, anche se non sappiamo esattamente dove. Nello schema approvato nel 2022, al vertice di Madrid, il primo nucleo di 100 mila unità dovrebbe essere pronto a entrare in azione entro 10 giorni; gli altri 200 mila, nel giro di 10-30 giorni. Questi tempi, però, si starebbero stringendo, grazie a continue esercitazioni sul campo, specie in Polonia.
La Nato ha avviato il rafforzamento del «fronte orientale» nel 2017 con l’istituzione di quattro battaglioni in Estonia, Lettonia, Lituania e Polonia. Nel concreto significa avere sul terreno dai 500 ai 1.000 soldati ben addestrati ed equipaggiati con le armi più sofisticate. Nel 2022 i capi di Stato e di governo degli allora 30 Paesi membri (oggi sono 32 con Finlandia e Svezia) hanno completato la dorsale aggiungendo quattro battaglioni in Slovacchia, Ungheria, Romania e Bulgaria.
Ognuno di questi otto snodi è affidato al coordinamento di uno dei maggiori Stati. L’Italia ha un ruolo guida in Bulgaria, con l’apporto di militari provenienti da Albania, Grecia, Montenegro, Nord Macedonia, Turchia e Stati Uniti. Le forze armate italiane, inoltre, contribuiscono ai presidi della Nato in Ungheria e in Lettonia.
Le forze armate
Roma ha un ruolo guida in Bulgaria
e contribuisce ai presidi in Ungheria e Lettonia
Naturalmente a queste forze vanno sommate quelle degli eserciti locali. Il più consistente è quello polacco: 120 mila effettivi, che diventano 150 mila se si calcolano i 30 mila della «Forza di difesa territoriale».
Nelle ultime settimane i generali dell’Alleanza Atlantica hanno potenziato i sistemi di sorveglianza e di difesa aerea, gli apparati per sventare sabotaggi cibernetici, subacquei o satellitari.L’apporto degli americani resta fondamentale in tutti i settori. Da tempo gli Stati Uniti avevano iniziato ad alleggerire la presenza militare in Europa. Nel 2021 i soldati Usa erano 63.835, vale a dire sette volte meno dei 430 mila degli anni Cinquanta. Oggi sono circa 100 mila: sempre più numerosi in Polonia (12.000), in Romania (4.000) nei Baltici. Gli Usa contribuiscono alle operazioni Nato, ma si muovono anche in autonomia. Sempre in Polonia, nel 2022, hanno installato il Comando del V Corpo d’Armata che ha il compito di coordinare le forze di combattimento sul versante più esposto alle minacce putiniane.
C’è, infine, l’ultimo capitolo, da incubo: il pericolo di un attacco atomico. L’arsenale russo è imponente. In particolare si stima che Putin possa disporre di circa 2 mila ordigni nucleari tattici, cioè bombe devastanti anche se con un raggio d’azione di qualche chilometro e quindi utilizzabili nelle guerre convenzionali, come quella in Ucraina.
Secondo l’«Heritage Foundation», centro studi di Washington,nelle basi americane in Germania, Italia, Olanda, Belgio e Turchia, che è pur sempre un socio del club Nato, ci sarebbero 100 ordigni nucleari tattici. Francia e Regno Unito potrebbero mettere in campo le testate «strategiche», a lunga gittata, in grado di colpire direttamente il territorio russo. Ma significherebbe la catastrofe globale, un punto di non ritorno per tutti.