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 2024  marzo 30 Sabato calendario

Intervista ad Adriano Giannini

«Ieri sera ero a cena con mio padre.
È in forma, come al solito. Se poi lo è meno, basta pungolarlo sui racconti di vecchio cinema, che amo ascoltare e che mi ritrovo anch’io a fare, dei tanti set che ho vissuto». Adriano Giannini, 52 anni, con il leggendario padre Giancarlo, condivide non solo la professione ma la capacità di aneddotica, che in questa intervista coinvolgerà: una star ungherese, una diva famosa (di cui però non rivela il nome), Madonna, Al Pacino, Giuseppe Tornatore, Gérard Depardieu e i cani Alma, Uma, Giotto e Nerone.
Che le raccontava ieri suo padre?
«Di Marlon Brando, che aveva incontrato con Coppola a New York.
Gli disse quattro parole: “Non leggere mai copioni”. Certo i miei ricordi sono meno glamour di tutto questo ma li ho. Sono le cose che restano dei film: gli incontri. Lo dice papà e lo penso anch’io».
Un set avventuroso?
«Tanti anni fa, cinque mesi in Transilvania, film mai uscito in Italia, unico italiano. Un posto selvatico, lupi e orsi distruggevano tutto.
Giravamo con una anziana star ungherese, comunicavamo a gesti.
Una sera mi chiede un passaggio in albergo, in macchina io, lei e il mio cane Giotto. Nel silenzio del bosco innevato e magico lei, che era cantante lirica, attacca un’aria d’opera in italiano. Indimenticabile».
Altro paesaggio, altra star?
«Sul set con Madonna, Swept away.
Dovevamo girare al tramonto una scena. Ci lasciano soli sulla spiaggia, in pausa. Lei tira fuori la chitarra: “Ti canto una canzone?” “Sì”. E intonaLa Isla bonita,sbagliando il primo accordo. Era la prima volta che qualcuno mi dedicava una canzone.
E a farlo era Madonna, guardandomi negli occhi».
Disavventure?
«Una volta, facevo l’operatore, ho “sfocato” Cate Blanchett. Un’altra, a 19 anni, il primo grande film americano con un direttore della fotografia severissimo. C’era unafamosa attrice internazionale – non faccio nomi – che si era invaghita di me. Lei deve girare una scena di baci con il co-protagonista in un albergo illuminato. Io nel buio. La scena non veniva, era nervosa. Dopo venti ciak viene verso di me con le macchine da presa che la seguono, mi dice: “Non posso fare questa scena”. Io mi vedo cacciato a pedate, faccio finta di nulla: “Ora tu vai e fai la scena”. Lei va e fa la scena. A me faceva anche un po’ paura, era strana».
E, invece, un set magico?
«Mi chiamano come seconda macchina sul set diUna pura formalità di Tornatore. Monto la macchina da presa su un albero per la scena di Depardieu nel bosco, il macchinista non c’è, Tornatore dice “giriamo”. Ecco la mia prima ripresa, da un albero, sotto l’acqua, con Tornatore e Depardieu».
È il momento del ricordo tragicomico.
«Una sera a Venezia. Madonna presentava un film lì. Io la chiamo,concordiamo di vederci a una cena riservata di Salma Hayek e del marito in cui si premiavano le donne del cinema. Madonna doveva consegnare un premio. Ero al tavolo con altri attori: “Presentacela” e io “ma anche no”. Vado da lei, ci parlo, ma la vedo tesa. Non mi accorgo che la stanno chiamando sul palco, microfonata, ripresa in mondovisione. Piomba l’occhio di bue su di lei. Sento qualcosa che mi strattona il braccio, lei che dice: “Devo andare, devo andare, I need my hair”, mi accorgo che lei tirava con la testa un ricciolo attorcigliato nel bottone da polso del mio smoking. Panico. Non so come riesco a scioglierlo, lei è già sul palco che parla, io pietrificato mi sento dire “levate!”, perché ero riuscito anche a mettermi davanti alle telecamere. Ma non era finita».
Cosa può esserci ancora?
«Affranto, lascio la festa e vado a un evento alla Palazzina G. In fila per entrare, mi sento chiamare, è unaattrice argentina allora fidanzata di Al Pacino, che esce dietro di lei. Lei dice a lui qualcosa su di me, lui mi guarda, in mezzo a duecento flash, io vado per salutarli, lui mi dice una cosa che non capisco, mi avvicino per sentire meglio e nel farlo gli do una testata sul naso. Ho sentito il “crack”.
Poi l’ho guardato pensando: Scarfaceora farà qualcosa. Lui stordito mi guarda incredulo e se ne va. Il giorno dopo sono partito per Roma».
La sua carriera sta andando bene. Le sue interpretazioni in “Adagio” di Sollima e in “Supersex” sono state notate.
«DiSupersex devo dire che all’inizio ero scettico, spaventato da un personaggio così emotivo. È Macbeth, Amleto, Romeo, mi sembrava tanto da gestire. E poi il dialetto ostico, che invece è poi diventato uno strumento».
Un buon momento, per lei.
«Sì, sento di stare dove devo. Ho girato un altro film, Sei fratelli,una commedia con Scamarcio e Bellè, e sono sul set della serie A.C.A.B. per Netflix. Interpreto un celerino. La supervisione è di Stefano Sollima».
In una recente intervista lei ha parlato del dolore per la morte di suo fratello, a 19 anni.
«Una questione delicata. L’ultima volta che ne ho parlato mi ha fatto male. Sono cose troppo delicate.
Tutto poi diventa un calderone, da Instagram in cui vedi i cagnolini piangenti e poi i bimbi con le case in macerie. Diventa un po’ troppo, tutto. Tutto quello che dici viene spacchettato, gonfiato, moltiplicato».
Quali sono le passioni oltre al set?
«Scrivo favole. E sto con i miei cani, il mio labrador Alma e il cane corso di mia moglie, Uma. Li ho avuti fin da bambino. Il primo, Nerone, me lo portarono via, “non te ne occupi”, lo mandarono da amici in campagna, quanto piansi. Andando via di casa a diciott’anni presi al canile Giotto, pastore belga che è stato il mio compagno di vita per 14 anni».