1. ASPIRANTI LUPI SOLITARI E VECCHI GUERRIGLIERI CHI SONO I 50 ESPULSI NELLA RETE DELL’ISIS, 27 marzo 2024
ISLAMISTI SI DIVENTA (IN CARCERE) – LE GALERE ITALIANE SONO IL TERRENO FERTILE PER LA RADICALIZZAZIONE DEI SOGGETTI FRAGILI: LO DIMOSTRANO I PROFILI DELLE 50 PERSONE LEGATE ALL’ISIS, ESPULSE DALL’ITALIA DAL GIORNO DELL’ATTACCO DI HAMAS A ISRAELE – IL RECLUTAMENTO DEI “LUPI SOLITARI” AVVIENE SU INTERNET, DOVE SI CERCANO SOGGETTI CONDIZIONABILI PRONTI A COLPIRE – L’EX CAPO DELLA POLIZIA, FRANCO GABRIELLI: “ALCUNI ERANO IN PIENA FASE OPERATIVA, PREPARAVANO ATTENTATI ANCHE IN ITALIA. IL CARCERE FAVORISCE LA RADICALIZZAZIONE PERCHÉ…” -
Estratto dell’articolo di Giuliano Foschini e Tommaso Ciriaco per “la Repubblica” Ousman S., 28enne gambiano, aveva partecipato a un campo di addestramento dell’Isis. Mohamed M. aveva invece in cella una foto delle Twin Towers. Con la didascalia: «Dio è grande, tutto passa». I servizi avevano invece ricevuto un’imbeccata su Aimen A., 29enne tunisino: voleva colpire in Italia.
Abdelghani K., 24 anni egiziano, era il re della rete: aveva creato gruppi whatsapp nei quali condivideva materiale jihadista. Ahmaed B., tunisino, classe ’88, aveva giurato al suo compagno di cella che avrebbe fatto «un attentato in Italia non appena scarcerato». Hassan K., 52 anni, era secondo i nostri Servizi un vecchio guerrigliero del Daesh.
Come Tamer C., 50enne siriano dal passaporto norvegese, che avrebbe organizzato dalla moschea di Como viaggi di foreign fighters italiani. Sono alcuni dei profili dei 50 cittadini stranieri che il nostro Paese ha espulso per ragioni di terrorismo dal 7 ottobre 2023, data dell’attacco di Hamas in Israele, fino a ieri.
A colpire […] è l’estrema varietà. Non soltanto dei paesi di origine: le opinioni jihadiste vengono manifestate nelle maniere più diverse, non secondo un metodo fisso. Dunque, si tratta di una fotografia molto sofisticata della penetrazione dell’ideologia di Isis.
[…] Dei 50 espulsi per motivi di sicurezza, 19 provengono dalla Tunisia, 10 dal Marocco e altri 7 dall’Egitto. Diciotto di loro si trovavano già in carcere, dove avevano non solo continuato a radicalizzarsi, ma stavano compiendo attività di proselitismo.
In queste ore Viminale e antiterrorismo pianificano la strategia per affrontare le prossime settimane, in un contesto già segnato dal massimo livello di allerta. Lo fanno mettendo a terra il “sistema Italia”, vincente durante la stagione dell’offensiva terroristica globale del 2015-2017. Il punto principale di questo impianto è la prevenzione. Che si muove su più fronti, ma ha il suo cardine nel sistema delle espulsioni.
[…] Le carceri Rappresentano una culla di radicalizzazione. E in alcuni casi un acceleratore di contatti tra estremisti. Un caso emblematico è quello di Ahmed B., un tunisino di 36 anni espulso lo scorso gennaio, appena scarcerato. In passato, aveva manifestato la volontà di impegnarsi nella jihad, anche raggiungendo la Siria.
Il suo nome è spuntato anche durante le indagini che sono seguite all’attentato di Bruxelles dell’ottobre del 2023, perché indicato da un altro detenuto come soggetto pericoloso e intenzionato a compiere un attentato appena fuori dal carcere. Un altro esempio è quello di un 52enne cittadino marocchino detenuto a Pavia, Ismail H.: In carcere si era autoproclamato Imam, mostrandosi anche insofferente verso il personale femminile della penitenziaria.
[…] Assieme al carcere, uno dei canali principali di reclutamento è la Rete. È qui che profili più strutturati diffondono materiale alla ricerca di soggetti fragili, facilmente condizionabili, in grado di essere radicalizzati nel giro di pochi giorni. E, a quel punto, pronti a colpire.
Sono i cosiddetti “lupi solitari”, che la storia ha dimostrato essere comandati a distanza, come in un videogioco, dalle menti dei gruppi terroristici. Tra gli espulsi, un 24enne egiziano, Abdelghani K., che aveva partecipato a gruppi Whatsapp creati per condividere materiale jihadista. Ancora più esplicita l’attività di Aymen E., un tunisino di 38 anni segnalato dall’Aisi perché associato a un account Facebook in contatto con il profilo di un agitatore dell’Islamic State. O un 44enne macedone, Shabedin S., che aveva pubblicato su Facebook post di appoggio ad Hamas […].[…]
2. GABRIELLI “DECISIVE LE INFORMAZIONI CHE ARRIVANO DA CARCERI E DEEPWEB” Estratto dell’articolo di Fabio Tonacci per “la Repubblica”
«L’espulsione preventiva rimane lo strumento più efficace contro il terrorismo e l’Italia lo usa con accortezza. Tuttavia osservo che questa volta lo Stato Islamico può sfruttare un fatto nuovo: la spaccatura del cartello internazionale che nel 2017 portò alla fine del Califfato che i terroristi avevano creato in Siria e Iraq».
Parla il prefetto Franco Gabrielli, ex capo della Polizia ed ex autorità delegata alla sicurezza del governo Draghi.
Cinquanta espulsioni dal 7 ottobre a oggi. Ci dobbiamo preoccupare? «Nei periodi più complicati dell’esistenza in vita dell’Isis come entità statuale le espulsioni hanno consentito al nostro Paese di evitare vicende drammatiche. Alcuni dei soggetti espulsi […] erano in piena fase operativa, cioè preparavano attentati anche in Italia.
Le espulsioni hanno l’innegabile vantaggio di muoversi in una fascia di tempo che precede la commissione di reati e non necessitano degli elementi probatori che di norma portano all’apertura di procedimenti penali, anch’essi essenziali per il contrasto al fenomeno del terrorismo».
Molti degli espulsi erano già in carcere o nei Cpr. «Nel nostro Paese il carcere e […] i Cpr sono in questo senso gli ecosistemi più criminogeni, cioè hanno favorito e continuano a favorire la radicalizzazione di certi soggetti. Per questo un ruolo importantissimo nella strategia nazionale di contrasto e prevenzione lo svolgono, all’interno del Comitato analisi strategica antiterrorismo (Casa) le informazioni che arrivano dal carcerario».
Perché questo ruolo del carcere? «La condizione carceraria per sua natura è un ulteriore elemento di marginalità e antagonismo nei confronti del mondo occidentale».
L’ha sorpresa l’attentato di Mosca, con quelle modalità stile Bataclan? «È l’ennesima dimostrazione che ci accorgiamo di certe pericolose realtà quando avvengono fatti di sangue eclatanti. Eppure bastava leggere cosa ha scritto negli ultimi anni la fondazione Med-Or. Da tempo venivano lanciati allarmi specifici».
Avevamo esultato troppo presto per la sconfitta dell’Isis? «Il terrorismo di matrice islamica, e Isis in particolare, non è purtroppo una vicenda consegnata alla Storia. Era chiarissimo che si sarebbe ripresentato in maniera violenta ed eclatante. E, osservo, ora con un livello di sofisticazione maggiore rispetto al passato».
A cosa si riferisce? «Hanno aperto il fronte contro la Russia, loro nemico storico. E lo hanno fatto dimostrando una sofisticata perfidia, perché quest’attacco oggi si innesta in un contesto internazionale estremamente complicato, con la Russia impegnata in una guerra in Ucraina sostenuta dagli Stati Uniti e dall’Occidente. A mio avviso, è improbabile che si riproponga l’alleanza anti-terrorismo che sconfisse Islamic State quando si fece proto-stato. E questo non è una buona notizia per l’Europa».
[…] Il nostro Paese è attrezzato? «L’Italia in questi anni ha dimostrato di avere strutture capaci di far fronte a determinate situazioni. Ci deve tranquillizzare per un verso ma non possiamo immaginare la sicurezza assoluta»
[…] Internet, con le carceri, è l’ecosistema dove il salafismo pesca di più i suoi adepti? «Sicuramente. Nella parte emersa e soprattutto nel dark e deep web».