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 2024  marzo 27 Mercoledì calendario

Online l’archivio di Minà

«Gianni Minà, a voce alta». È il titolo della proiezione che, a un anno dalla scomparsa, ricorderà il grande giornalista, ma è soprattutto la sintesi di una presenza costante, di una testimonianza senza tempo. Oggi diventerà più forte il legame con la gente che non ha mai smesso di seguirlo, che gli è rimasta accanto quando la tv impose l’oblio, in particolare con i giovani cui ha sempre rivolto lo sguardo, perché la sua eredità intellettuale sarà a disposizione di tutti: la Casa del Cinema di Roma, alle 18.30, anticiperà al pubblico una raccolta di materiali inediti girati, tra il 2003 e il 2005, al Forum Social Mundial di Porto Alegre – unica documentazione estesa dell’evento -, poi, sfumati i titoli di coda, sarà presentata la piattaforma dedicata a un archivio immenso e prezioso: racchiude sessant’anni di giornalismo d’autore, vissuti senza abbandonare mai il marciapiede.
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Riassume, nel gergo delle redazioni, la capacità d’un cronista di ascoltare, chiedere, incontrare, cogliere, indagare, e Minà, nemmeno da maestro, da icona, da volto popolare e intervistatore acuto, aveva smesso di respirare le storie raccontate, di lasciarsi guidare dalla curiosità e dal confronto, senza ombre di supponenza né tentazioni di giudizio. Ed è sempre rimasto vicino alla gente comune, orgoglioso di parlare ai giovanissimi, pur collezionando amicizie esclusive e sfogliando un’agendina invidiatissima, quella con dentro i numeri di Muhammad Ali o Fidel Castro resa immortale dallo sketch di Massimo Troisi.
«Da piccola – racconta la figlia Francesca Emilia – mi capitava di accompagnarlo agli incontri nelle scuole con i ragazzi che all’epoca erano miei coetanei: sapeva usare un linguaggio semplice e instillare la riflessione, amava sensibilizzare le nuove generazioni sui temi sociali e civili cui ha dedicato l’ultima parte della vita. L’archivio digitale consentirà di portare avanti il suo insegnamento». Un lascito prezioso che la famiglia – la moglie Loredana, le figlie Marianna, nata dal primo matrimonio, Francesca Emilia e Paola Emilia – in collaborazione con Archivissima, ha scelto di condividere, attenta a non scivolare nel sentimentalismo e nelle trappole museali: «Nessun materiale sotto teca, ma un archivio vivo, fluido, fondato su fonti primarie malleabili nel tempo e nello spazio, fatto di testimonianze che hanno detto, dicono e diranno». Sospira, cerca un esempio e accarezza un ricordo: «Pensate a quando papà riunì Fabrizio De André e Gregory Corso nel salotto di Blitz, a ciò che il cantautore e il poeta si confidarono: nessuno di loro è più fra noi, ma le emozioni di quell’incontro sono intatte. Mio padre sapeva mettersi a disposizione degli intervistati, non era snob nei loro confronti e non lo era verso chi leggeva o ascoltava».

Dicevano non fosse abbastanza incalzante. Banalmente, non era aggressivo. Ed era un pregio. Preferiva il dialogo, il confronto, l’approccio umile nonostante la consapevolezza di un’elevata statura professionale, la leggerezza che non minava la capacità di andare a fondo. E non raccoglieva solo risposte, pur importanti: piantava i semi della riflessione e invitava alla coscienza critica. Francesca Emilia, come Paola, è stata privilegiata. Nata quando papà Gianni era già nella piena maturità, è stata coinvolta fin da piccola nella vita lavorativa dei genitori, vivendo quotidianamente quelle emozioni che da oggi l’archivio offrirà a tutti: «Ci hanno permesso di immergerci nel loro mondo con regole adatte a due bambine: partecipavamo alle cene dopo festival o proiezioni e non c’era divieto di contributo alle conversazioni tra adulti, le nostre curiosità infantili erano accettate. Poi, se ci stancavamo, dormivamo appoggiate al tavolo».
Memorie che sovrappongono persona e personaggio, privato e pubblico di un uomo dai mille volti: conduttore, giornalista, scrittore, autore. «In casa era tenero e paziente, amava leggerci le favole da piccole e guidarci nella crescita attraverso il dialogo. Con i limiti di un padre nato nel 1938 quindi non sempre aggiornato sugli interessi di una ragazzina. Quando ci portava con lui, nei viaggi di lavoro, era un po’ come avere un papà artigiano e stare in bottega con lui. Il suo essere giornalista si specchiava particolarmente nell’attenzione rivolta alla scrittura: ci teneva molto, quasi una fissazione, la sera ci correggeva i temi a caccia di errori di ortografia».
Non è stato facile portare alla luce l’archivio. Il materiale era sconfinato e Minà non proprio ordinatissimo, aveva iniziato lui a catalogare e diffondere però ha fatto in tempo solo ad anticipare il lascito spirituale con opere come Storia di un boxeur latino, edito da Minimum Fax, e Fame di storie (Roberto Nicolucci Editore, pubblicato postumo), completate negli anni del tramonto, della sofferenza dinanzi all’epurazione televisiva o, semplicemente, dinanzi al cambiare veloce del mondo riflesso nei media e nella loro fruizione. Loredana e le figlie hanno riannodato il filo reciso, poi a dare impulso all’iniziativa è stato l’incontro di Francesca Emilia con il professor Giacomo Golinelli, di Promemoria Group, in un talk voluto dal professor Antonio Masciariello per il suo corso di Heritage e progetto di Moda all’università IUAV di Venezia: la realizzazione pratica è della famiglia, della Fondazione Minà e di Archivissima, l’idea dello stesso Gianni.
Da stasera l’archivio sarà online, con tantissimo materiale inedito, e ogni tre mesi sarà aggiornato con contenuti ancora da vagliare: un sito vivo, quindi, e versatile, che abbraccia articoli – da Tuttosport, la culla, al Manifesto, filmati, documentari, fotografie, registrazioni di colloqui e tavole rotonde, spazia dall’ecologia alla realtà del Sudamerica, ripropone l’intimità di personaggi grandissimi, Pietro Mennea e Tommie Smith, Francesco Rosi e Fernando Birri, Diego Maradona e Fidel Castro, Joan Baez e Federico Fellini. D’altronde, se pensi a Minà, appare la foto iconica scattata in una trattoria romana: lui, Muhammad Ali, Gabriel García Márquez, Sergio Leone e Robert de Niro. Anche se a noi piace ricordare altre cene, lui gigante umile tra noi ragazzini che cominciavano il mestiere. Ci insegnava prima di tutto a pensare, continuerà a farlo attraverso l’archivio.