il Fatto Quotidiano, 27 marzo 2024
Intervista a Riccardo Milani
Regista di lungo corso, esperto di gatti in tangenziale e provvido di documentari, da Gigi Riva a Gaber, Riccardo Milani porta in sala da domani Un mondo a parte, con i maestri resistenti Antonio Albanese e Virginia Raffaele: ne va della scuola, e della comunità tutta, di un borghetto abruzzese.
Possiamo salvare il mondo prima di cena, vuole il libro di Jonathan Safran Foer esibito a mo’ di santino dal maestro Albanese: dunque, saltiamo l’aperitivo?
(Ride) Un conto è la teoria, un altro la pratica. Questo maestro va lì pieno di buone intenzioni, esaltando la vita agreste dei piccoli paesi, che però dura da venerdì alla domenica: io racconto quel che succede da lunedì a giovedì, perché prima di cena devi fare i compiti…
Colpa degli intellettuali?
Non colpe, penso a una maggiore responsabilità, a un compito in più: conoscere il reale è una necessità per l’intellettuale.
“Moravia – confessa Albanese – a scuola nessuno sapeva chi fosse”…
È l’ignoranza delle persone, la scarsità di cultura del Paese reale, però i miei bambini abruzzesi sanno chi è Jurico, il poeta pastore a cui è intitolata la loro scuola.
E Croce, D’Annunzio, Silone, “il grandissimo Flaiano, l’eccelso Ivan Graziani”?
C’è poca conoscenza di se stessi, poca capacità di valorizzare, e vale per l’intero Paese, cinema compreso. Non solo gli abruzzesi, ci vendiamo male tutti: manca ai nostri film la penetrazione in profondità, eppure il lato umano lo sappiamo raccontare. Il mercato impone la cinematografia estera, e nel novero ci sono opere gigantesche quali Oppenheimer o quelle di Scorsese, ma noi non possiamo trincerarci dietro il problema della formazione, degli investimenti… Molto spesso abbiamo ragionato in piccolo, negli anni Ottanta e Novanta abbiamo cresciuto autori per cui piccolo era bello, a prescindere.
Per un Matteo Garrone perdente, e recriminante agli Oscar, c’è una Paola Cortellesi record d’incassi in patria che ora conquista i francesi e gli inglesi: tra parentesi, è sua moglie. Come l’ha presa, Milani?
(Ride) Sono felice. Paola la conosco da vent’anni, ed è sempre stata più famosa di me.
Ci ha fatto il callo?
Eh, apprezzo il suo essere costante, coerente, caparbia, appassionata del mestiere. Quando ho visto C’è ancora domani, mi ha beccato che piangevo. Era luglio, stava al montaggio, le dico: ‘Hai fatto un grandissimo film’, e ho segnato su un foglietto quanto credevo avrebbe incassato. Una cifra già importante, gliel’ho mostrata quando l’ha raggiunta: 8 milioni.
C’è ancora domani ha superato i 36 milioni.
Vuole sapere la differenza tra me e Paola? (Ride) Io sto facendo il tour del film tra L’Aquila, Pescasseroli e Spoltore, lei tra Parigi, Berlino e Londra…
Quanta ansia da prestazione le ha messo questo exploit in casa?
Nessuna, credo nelle cose che faccio. Questo film nasce da cinquant’anni di frequentazione, quelle zone le ho viste svuotarsi, le scuole chiudere, una in particolare, a Opi. C’è affetto, gratitudine per questi posti, per la lezione di etica che involontariamente mi hanno dato. Penso anche all’illegalità: nessuno interverrà mai, perché i documenti falsi sono l’unico modo per tenere in piedi una comunità.
Quindi l’illegalità ha una dimensione etica?
Dicendo no alla burocrazia, queste persone si sostituiscono alla politica, che è brutto da dire. Perché io penso che la politica sia una cosa seria, che molto spesso i responsabili di quello che avviene nel Paese siamo noi, non la politica. Però, appunto, siamo anche responsabili delle cose che funzionano, e qui si mettono tutti insieme, superando barriere politiche, ideologiche, qualsiasi ostilità, per salvare la comunità.
Non avete esagerato con la neve finta? E il riscaldamento climatico?
Abbiamo girato con la neve vera, poi per raccordare ne abbiamo usata un po’ di quella finta. A gennaio 2023 tre giorni di piena nevicata, poi siamo tornati a marzo e… prati verdi, i produttori sull’orlo del suicidio. Per fortuna poi ha nevicato, e non ha più smesso.
“Transumanza digitale: l’ovino 4.0”, è il tema dato alla quinta: gli arrosticini sono comunque salvi?
(Ride) Un’altra traccia è “La transizione ecologica da Benedetto Croce a Greta Thunberg”: cultura rurale e industriale fanno molta fatica a incontrarsi, ma generano umorismo.
Il suo attore feticcio Albanese e la new entry Raffaele se la cavano benissimo, anche col dialetto: a proposito, Checco Zalone veniva sul set?
Ma zero, ’sta storia con Virginia non esiste, lui è un grandissimo, però la relazione non c’è.
Scelga un titolo alternativo: Come un ovino in tangenziale o C’è già oggi?
Come un ovino in tangenziale, grazie.